Concetti Chiave
- L'islandese cerca di sfuggire alla natura, ma finisce per incontrarla, riflettendo sull'inutilità della ricerca della felicità nei piaceri effimeri come ricchezza e fama.
- Alcuni filosofi credono che smettere di desiderare porti alla felicità, mentre altri, come Leopardi, vedono nei desideri un elemento vitale, anche se generano infelicità.
- Leopardi definisce la felicità in termini negativi, come assenza di infelicità, suggerendo che la ricerca della felicità dovrebbe avvenire per sottrazione del superfluo.
- L'islandese decide di rinunciare ai desideri e ai piaceri, perseguendo un ideale di felicità simile all'atarassia di Epicuro, che consiste nell'assenza di dolore e turbamento.
- L'approccio dell'islandese è limitare le possibilità di infelicità, evitando la ricerca smodata e senza limiti di beni materiali e piaceri.
Indice
La ricerca della felicità
Nel dialogo, l’islandese, nel cercare di fuggire alla natura, la incontra. Nella prima parte del dialogo l’islandese utilizza le seguenti espressioni vita vana e uomini stolti in quanto ritiene gli uomini tanto più si allontanano dalla felicità, tanto più la cercano. Per lo più la cercano nei piacere effimeri, come la ricchezza e la fama, che possono rendere l’uomo felice solamente transitoriamente.
In altri termini, quanto più l’uomo lotta per essere felice, tanto più sia allontana dalla felicità ed è in questo suo disperato lottare che sta l’ammissione della propria infelicità.Desiderio e infelicità
Alcuni filosofi, come l’islandese, ritengono che sia il desiderio a rendere l’uomo inquieto, e quindi, smettendo di desiderare, apprezzando ciò che si ha invece che desiderare ciò che non si ha, si può essere felici. Altri filosofi ritengono invece che i desideri fanno si che l’uomo viva, seppur nell’infelicità, ma, per lo meno, vive.
Felicità negativa e rinuncia
Leopardi fa parte di questa seconda schiera: lotta per la felicità, pur avendo la consapevolezza che per l’uomo esistono solo la ricerca e l’attesa della felicità, oltre a quale istante di sospensione dall’infelicità. Il poeta propone quindi una definizione di felicità negativa, nel senso che non è un qualcosa di per sé, ma è mancanza di qualcos’altro. L’islandese decide così di rinunciare ai propri desideri, a cercare di progredire la sua condizione a danno altrui perché la ricerca della felicità deve avvenire per sottrazione e non per accumulazione, bisogna cercare di eliminare il superfluo. Altrimenti ci si proietta verso la ricerca smodata che non ha limiti, in quanto ci spinge a puntare a qualcosa di sempre maggiore.
Limitare l'infelicità
L’obiettivo dell’islandese è quindi quello di limitare le possibilità per essere infelice. Prima di tutti si astiene dai piaceri; è una concezione simile a quella di Epicuro che descrive la felicità come atarassia, ovvero assenza di dolore fisico e di turbamento spirituale. Il saggio, secondo Epicuro, è colui che guarda una nave in mezzo alla tempesta e è contento, perché, stando nel porto, si è sottratto alle intemperie.
Domande da interrogazione
- Qual è la visione dell'islandese sulla ricerca della felicità?
- Come Leopardi definisce la felicità?
- Qual è l'obiettivo dell'islandese per limitare l'infelicità?
L'islandese ritiene che più l'uomo cerca la felicità nei piaceri effimeri, come la ricchezza e la fama, più si allontana da essa, ammettendo così la propria infelicità.
Leopardi propone una definizione di felicità negativa, intesa come assenza di infelicità, e suggerisce che la ricerca della felicità avvenga per sottrazione, eliminando il superfluo.
L'obiettivo dell'islandese è limitare le possibilità di essere infelice, astenendosi dai piaceri e seguendo una concezione simile a quella di Epicuro, che descrive la felicità come atarassia, ovvero assenza di dolore fisico e turbamento spirituale.