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Sintesi
Raccolta di tutte le poesie che fanno parte dell'opera "Allegria" di Ungaretti.
Estratto del documento

A RIPOSO

(da L'ALLEGRIA - IL PORTO SEPOLTO)

Chi mi accompagnerà pei campi

Il sole si semina in diamanti

di gocciole d'acqua

sull'erba flessuosa

Resto docile

all'inclinazione

dell'universo sereno

Si dilatano le montagne

in sorsi d'ombra lilla

e vogano col cielo

Su alla volta lieve

l'incanto si è troncato

E piombo in me

E m'oscuro in un mio nido

Versa, il 27 aprile 1916

ANNIENTAMENTO

(da L'ALLEGRIA - IL PORTO SEPOLTO)

Il cuore ha prodigato le lucciole

s'è acceso e spento

di verde in verde

ho compitato

Colle mie mani plasmo il suolo

diffuso di grilli

mi modulo

di

sommesso uguale

cuore

M'ama non m'ama

mi sono smaltato

di mergherite

mi sono radicato

nella terra mercita

sono cresciuto

come un crespo

sullo stelo torto

mi sono colto

nel tuffo

di spinalba

Oggi

come l'Isonzo

di asfalto azzurro

mi fisso

nella cenere del greto

scoperto dal sole

e mi trasmuto

in volo di nubi

Appieno infine

sfrenato

il solito essere sgomento

non batte più il tempo col cuore

non ha tempo nè luogo

è felice

Ho sulle labbra

il bacio di marmo

ATTRITO

(da L'ALLEGRIA - IL PORTO SEPOLTO)

Con la mia fame di lupo

ammaino

il mio corpo di pecorella

Sono come

la misera barca

e come l'oceano libidinoso

Locvizza, il 23 settembre 1916

C‘ERA UNA VOLTA

(da L‘ALLEGRIA - IL PORTO SEPOLTO)

Bosco Cappuccio

ha un declivio

di velluto verde

come una dolce

poltrona

Appisolarmi là

solo

in un caffè remoto

con una luce fievole

come questa

di questa luna

Quota Centoquarantuno, l'1 agosto 1916

COMMIATO

(da L‘ALLEGRIA - IL PORTO SEPOLTO)

(In vita d’un uomo compare col titolo Poesia)

Gentile

Ettore Serra

poesia

è il mondo l'umanità

la propria vita

fioriti dalla parola

la limpida meraviglia

di un delirante fermento

Quando trovo

in questo mio silenzio

una parola

scavata è nella mia vita

come un abisso

Locvizza, il 2 ottobre 1916

DANNAZIONE

(da L‘ALLEGRIA - IL PORTO SEPOLTO)

Chiuso fra cose mortali

(Anche il cielo stellato finirà)

Perchè bramo Dio?

Mariano, il 29 giugno 1916

DESTINO

(da L‘ALLEGRIA - IL PORTO SEPOLTO)

Volti al travaglio

come una qualsiasi

fibra creata

perchè ci lamentiamo noi?

Mariano, il 14 luglio 1916

DISTACCO

(da L‘ALLEGRIA - IL PORTO SEPOLTO)

Eccovi un uomo

uniforme

Eccovi un'anima

deserta

uno specchio impassibile

M'avviene di svegliarmi

e di congiungermi

e di possedere

Il raro bene che mi nasce

così piano mi nasce

E quando ha durato

così insensibilmente s'è spento

Locvizza, il 24 settembre 1916

FASE

(da L‘ALLEGRIA - IL PORTO SEPOLTO)

Cammina cammina

ho ritrovato

il pozzo d'amore

Nell'occhio

di mill'una notte

ho riposato

Agli abbandonati giardini

ella approdava

come una colomba

Fra l'aria

del meriggio

ch'era uno svenimento

le ho colto

arance e gelsumini

Mariano, il 25 giugno 1916

FASE D‘ORIENTE

(da L‘ALLEGRIA - IL PORTO SEPOLTO)

Nel molle giro di un sorriso

ci sentiamo legare da un turbine

di germogli di desiderio

Ci vendemmia il sole

Chiudiamo gli occhi

per vedere nuotare in un lago

infinite promesse

Ci rinveniamo a marcare la terra

con questo corpo

che ora troppo ci pesa

Versa, il 27 aprile 1916

FRATELLI

(da L‘ALLEGRIA - IL PORTO SEPOLTO)

Di che reggimento siete

fratelli?

Parola tremante

nella notte

Foglia appena nata

Nell'aria spasimante

involontaria rivolta

dell'uomo presente alla sua

fragilità

Fratelli

Mariano, il 15 luglio 1916

E' una poesia che basterebbe a far grande, anche dal punto di vista orale, Ungaretti: "Di che reggimento

siete, fratelli?". In un tempo in cui si esalta la guerra, la morte per le patrie e la retorica e l'infatuazione,

Ungaretti trova questa umana solidarietà: "fratelli". E da solo si accorge che in questa dizione c'è come

una "rivolta".

I FIUMI

(da L‘ALLEGRIA - IL PORTO SEPOLTO)

Mi tengo a quest'albero mutilato

abbandonato in questa dolina

che ha il languore

di un circo

prima o dopo lo spettacolo

e guardo

il passaggio quieto

Stamani mi sono disteso

in un'urna d'acqua

e come una reliquia

ho riposato

L'Isonzo scorrendo

mi levigava

come un suo sasso

Ho tirato su

le mie quattr'ossa

e me ne sono andato

come un acrobata

sull'acqua

Mi sono accoccolato

vicino ai miei panni

sudici di guerra

e come un beduino

mi sono chinato a ricevere

il sole

Questo è l'Isonzo

e qui meglio

mi sono riconosciuto

una docile fibra

dell'universo

Il mio supplizio

è quando

non mi credo

in armonia

Ma quelle occulte

mani

che m'intridono

mi regalano

la rara

felicità

Ho ripassato

le epoche

della mia vita

Questi sono

i miei fiumi

Questo è il Serchio

al quale hanno attinto

duemil'anni forse

di gente mia campagnola

e mio padre e mia madre

Questo è il Nilo

che mi ha visto

nascere e crescere

e ardere dell'inconsapevolezza

nelle estese pianure

Questa è la Senna

e in quel torbido

mi sono rimescolato

e mi sono conosciuto

Questi sono i miei fiumi

contati nell'Isonzo

Questa è la mia nostalgia

che in ognuno

mi traspare

ora ch'è notte

che la mia vita mi pare

una corolla

di tenebre

Cotici, il 16 agosto 1916

IL PORTO SEPOLTO

(da L‘ALLEGRIA - IL PORTO SEPOLTO)

Vi arriva il poeta

e poi torna alla luce con i suoi canti

e li disperde

Di questa poesia

mi resta

quel nulla

d'inesauribile segreto

Mariano, il 29 giugno 1916

IN MEMORIA

(da L‘ALLEGRIA - IL PORTO SEPOLTO)

Si chiamava

Moammed Sceab

Discendente

di emiri di nomadi

suicida

perchè non aveva più

Patria

Amò la Francia

e mutò nome

Fu Marcel

ma non era Francese

e non sapeva più

vivere

nella tenda dei suoi

dove si ascolta la cantilena

del Corano

gustando un caffè

E non sapeva

sciogliere

il canto

del suo abbandono

L'ho accompagnato

insieme alla padrona dell'albergo

dove abitavamo

a Parigi

dal numero 5 della rue des Carmes

appassito vicolo in discesa

Riposa

nel camposanto d'Ivry

sobborgo che pare

sempre

in una giornata

di una

decomposta fiera

E forse io solo

so ancora

che visse

Locvizza, il 30 settembre 1916

E' la poesia sul suicidio di Moammed Sceab e apre il Porto Sepolto: Ungaretti ci vuol dire che vale la

pena di vivere per essere in contatto con gli altri, vale la pena di vivere anche per aiutare gli altri e

ascoltarne la sofferenza. Sceab "non sapeva / sciogliere / il canto / del suo abbandono ". Importante è

anche la chiusa della poesia: "E forse io solo / so ancora / che visse": rivendicare alla poesia la

capacità di conoscenza e di diffusione della tradizione.

ITALIA

(da L‘ALLEGRIA - IL PORTO SEPOLTO)

Sono un poeta

un grido unanime

sono un grumo di sogni

Sono un frutto

d'innumerevoli contrasti d'innesti

maturato in una serra

Ma il tuo popolo è portato

dalla stessa terra

che mi porta

Italia

E in questa uniforme

di tuo soldato

mi riposo

come fosse la culla

di mio padre

Locvizza, l'1 ottobre 1916

LA NOTTE BELLA

(da L‘ALLEGRIA - IL PORTO SEPOLTO)

Quale canto s'è levato stanotte

che intesse

di cristallina eco del cuore

le stelle

Quale festa sorgiva

di cuore a nozze

Sono stato

uno stagno di buio

Ora mordo

come un bambino la mammella

lo spazio

Ora sono ubriaco

d'universo

Devetachi, il 24 agosto 1916

LINDORO DI DESERTO

(da L‘ALLEGRIA - IL PORTO SEPOLTO)

Dondolo di ali in fumo

mozza il silenzio degli occhi

Col vento si spippola il corallo

di una sete di baci

Allibisco all'alba

Mi si travasa la vita

in un ghirigoro di nostalgie

Ora specchio i punti di mondo

che avevo compagni

e fiuto l'orientamento

Sino alla morte in balia del viaggio

Abbiamo le soste di sonno

Il sole spegne il pianto

Mi copro di un tiepido manto

di lind'oro

Da questa terrazza di desolazione

i braccio mi sporgo

al buon tempo

Cima Quattro, il 22 dicembre 1915

MALINCONIA

(da L‘ALLEGRIA - IL PORTO SEPOLTO)

Calante melinconia lungo il corpo avvinto

al suo destino

Calante notturno abbandono

di corpi a pien'anima presi

nel silenzio vasto

che gli occhi non guardano

ma un'apprensione

Abbandono dolce di corpi

pesanti d'amaro

labbra rapprese

in tornitura di labbra lontane

voluttà crudele di corpi estinti

in voglie inappagabili

Mondo

Attonimento

in una gita folle

di pupille amorose

In una gita che se ne va in fumo

col sonno

e se incontra la morte

è il dormire più vero

Quota Centoquarantuno, il 10 luglio 1916

MONOTONIA

(da L‘ALLEGRIA - IL PORTO SEPOLTO)

Fermato a due sassi

languisco

sotto questa

volta appannata

di cielo

Il groviglio dei sentieri

possiede la mia cecità

Nulla è più squallido

di questa monotonia

Una volta

non sapevo

ch'è una cosa

qualunque

perfino

la consunzione serale

del cielo

E sulla mia terra affricana

calmata

a una arpeggio

perso nell'aria

mi rinnovavo

Valloncello dell'Albero Isolato, il 22 agosto 1926

NOSTALGIA

(da L‘ALLEGRIA - IL PORTO SEPOLTO)

Quando

la notte è a svanire

poco prima di primavera

e di rado

qualcuno passa

Su Parigi s'addensa

un oscuro colore

di pianto

In un canto

di ponte

comtemplo

l'illimitato silenzio

di una ragazza

tenue

Le nostre

malattie

si fondono

E come portati via

si rimane

Locvizza, il 28 settembre 1916

PELLEGRINAGGIO

(da L‘ALLEGRIA - IL PORTO SEPOLTO)

In agguato

in queste budella

di macerie

ore e ore

ho strascicato

la mia carcassa

usata dal fango

come una suola

o come un seme

di spinalba

Ungaretti

uomo di pena

ti basta un'illusione

per farti coraggio

Un riflettore

di là

mette un mare

nella nebbia

Valloncello dell'Albero Isolato, il 16 agosto 1926

PERCHE‘?

(da L‘ALLEGRIA - IL PORTO SEPOLTO)

Ha bisogno di qualche ristoro

il mio buio cuore disperso

Negli incastri fangosi dei sassi

come un'erba di questa contrada

vuole tremare piano alla luce

Ma io non sono

nella fionda del tempo

che la scaglia dei sassi tarlati

dell'improvvisa strada

di guerra

Da quando

ha guardato nel viso

immortale del mondo

questo pazzo ha voluto sapere

cadendo nel labirinto

del suo cuore crucciato

Si è appiattito

come una rotaia

il mio cuore in ascoltazione

ma si scopriva a seguire

come una scia

una scomparsa navigazione

Guardo l'orizzonte

che si vaiola di crateri

Il mio cuore vuole illuminarsi

come questa notte

almeno di zampilli di razzi

Reggo il mio cuore

che s'incaverna

e schianta e rintrona

come un proiettile

nella pianura

ma non mi lascia

neanche un segno di volo

Il mio povero cuore

sbigottito

di non sapere

Carsia Giulia, 1916

PESO

(da L‘ALLEGRIA - IL PORTO SEPOLTO)

Quel contadino

si affida alla medaglia

di Sant'Antonio

e va leggero

Ma ben sola e ben nuda

senza miraggio

porto la mia anima

Mariano, il 29 giugno 1916

RISVEGLI

(da L‘ALLEGRIA - IL PORTO SEPOLTO)

Ogni mio momento

io l'ho vissuto

un'altra volta

in un'epoca fonda

fuori di me

Sono lontano colla mia memoria

dietro a quelle vite perse

Mi desto in un bagno

di care cose consuete

sorpreso

e raddolcito

Rincorro le nuvole

che si sciolgono dolcemente

cogli occhi attenti

e mi rammento

di qualche amico

morto

Ma Dio cos'è?

E la creatura

atterrita

sbarra gli occhi

e accoglie

gocciole di stelle

e la pianura muta

E si sente

riavere

Mariano, il 29 giugno 1916

SAN MARTINO DEL CARSO

(da L‘ALLEGRIA - IL PORTO SEPOLTO)

Di queste case

non è rimasto

che qualche

brandello di muro

Di tanti

che mi corrispondevano

non m'è rimasto

neppure tanto

Ma nel mio cuore

nessuna croce manca

E' il mio cuore

il paese più straziato

Valloncello dell'Albero Isolato, il 27 agosto 1926

SILENZIO

(da L‘ALLEGRIA - IL PORTO SEPOLTO)

Conosco una città

che ogni giorno s'empie di sole

e tutto è rapito in quel momento

Me ne sono andato una sera

Nel cuore durava il limio

delle cicale

Dal bastimento

verniciato di bianco

ho visto

la mia città sparire

lasciando

un poco

un abbraccio di lumi nell'aria torbida

sospesi

Mariano, il 27 giugno 1916

SONO UNA CREATURA

(da L‘ALLEGRIA - IL PORTO SEPOLTO)

Come questa pietra

del S. Michele

così fredda

così dura

così prosciugata

così refrattaria

così totalmente

disanimata

Come questa pietra

è il mio pianto

che non si vede

La morte

si sconta

vivendo

Valloncello di Cima Quattro, il 5 agosto 1916

STASERA

(da L‘ALLEGRIA - IL PORTO SEPOLTO)

Balaustrata di brezza

per appoggiare stasera

la mia malinconia

Versa, il 22 maggio 1916

TRAMONTO

(da L‘ALLEGRIA - IL PORTO SEPOLTO)

Il carnato del cielo

sveglia oasi

al nomade d'amore

Versa, il 20 maggio 1916

UNIVERSO

(da L‘ALLEGRIA - IL PORTO SEPOLTO) Col mare

mi sono fatto

una bara

di freschezza

Devatachi, il 24 agosto 1916

VEGLIA

(da L‘ALLEGRIA - da IL PORTO SEPOLTO)

Un'intera nottata

buttato vicino

a un compagno

massacrato

con la sua bocca

digrignata

volta al plenilunio

con la congestione

delle sue mani

penetrata

nel mio silenzio

ho scritto

lettere piene d'amore.

Non sono mai stato

tanto

attaccato alla vita.

Cima Quattro il 23 dicembre 1915

NAUFRAGI

Il nucleo essenziale di Allegria di Naufragi del 1919 è costituito dal gruppo ora riportato

col titolo di Naufragi, che contiene anche la poesia che dava il titolo a tutta la raccolta.

Queste composizioni, stese tutte in tempo e, spesso, il luogo di guerra, non

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