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 Tormentoso senso della solitudine e del mistero.

E’ opportuno precisare che l’arte del Decadentismo apprestare senza dubbio la crisi

della civiltà e della società europea tra la fine dell’Ottocento i primi anni del

Novecento.

LA POETICA DECADENTE: Nell’età del Decadentismo si maturò una nuova

sensibilità poetica: la poesia apparve allora come solo mezzo di intendere e svelare la

realtà. Uno dei più rilevanti caratteri dell’arte decadente è da vedere, appunto nello

straordinario raffinamento della tecnica e dei mezzi espressivi: la parola, tende a

sottrarsi ad ogni vincolo di natura logica e concettuale per risolversi nell’incanto

lirico di una pura suggestione fonica e musicale:

 Nuova esperienza metrica del verso libero;

 Significativo ricorso al linguaggio simbolico;

 Senso della poesia come illuminazione e folgorazione lirica.

IL DECADENTISMO IN EUROPA: Come sappiamo il movimento

decadentista ebbe la sua concreta origine in Francia, ma fu un fenomeno di

carattere europeo. Il più significativo rappresentante del Decadentismo inglese fu

Oscar Wilde; mentre tra gli esponenti del Decadentismo si può riscontrare Stefan

Gorge.

DECADENTISMO IN ITALIA: Il Decadentismo italiano ha le sue prime e n

ancora ben definite manifestazioni nell’opera poetica di Giovanni Pascoli. Fu solo

più tardi, nei primi decenni del Novecento, che il movimento venne a

caratterizzare, in modo sempre più intenso e consapevole, le diverse correnti

artistiche ed ideali della nostra letteratura. Altri due autori fondamentali del

movimento decadente italiano furono Luigi Pirandello e Giuseppe Ungaretti.

GIUSEPPE UNGARETTI

La vita

Giuseppe Ungaretti nasce nel 1888 ad Alessandria d’Egitto, da genitori di origine

lucchese. Terminati gli studi frequenta i circoli culturali della città e, anche tramite i

giornali francesi, approfondisce la conoscenza del Decadentismo. Frequenta Enrico

Pea e viene così a conoscenza degli ideali politici socialisti e anarchici, che Pea

coltiva. Nel 1912 parte per Parigi per frequentare l’università, qui entra a far parte di

un mondo culturale ricco di personalità d’eccezione. Segue le lezioni di filosofi come

Bergson, conosce poeti come Breton e pittori come Picasso e de Chirico. Frequenta

anche Martinetti a altri intellettuali italiani di chiara ispirazione futuristica. Allo

scoppio della prima guerra mondiale si trasferisce a Milano, dove conosce il pittore

Carrà e inizia a collaborare, pubblicandovi le prime poesie, con la rivista “Lacerba”.

Quando l’Italia entra in guerra nel maggio 1915, si arruola subito ed è inviato al

fronte. Combatte come fante sul Carso (l’esperienza gli ispira le poesie di IL PORTO

SEPOLTO). Nel dopoguerra torna a Parigi, lavora presso l’ambasciata italiana ed è

corrispondente del “Popolo d’Italia”, fondato da Mussolini. Nel 1919 esce, in Italia,

la raccolta ALLEGRIA DI NAUFRAGI. Nel 1921 si trasferisce a Roma, impiegato

presso il Ministero degli Esteri e tiene conferenze anche all’estero, sulla poesia. Nel

1931 è inviato speciale della “Gazzetta del Popolo” e inizia una fase ricca di viaggi e

conferenze. La pubblicazione di “Sentimento del tempo” lo consacra come poeta

maturo. Nel 1936 accetta la proposta di insegnare italiano all’Università di San Paolo

del Brasile. L’esperienza è interessante, ma questi anni sono funestati prima dalla

morte del fratello, poi del figlio Antonietto. Costretto a tornare in Italia nel 1942,

ottiene l’incarico di docente di letteratura italiana moderna e contemporanea

all’Università di Roma, viene anche nominato Accademico d’Italia. Sempre in

quest’anno pubblica tutte le poesie nella raccolta mondadoriana “Vita d’un uomo”.

Vive la tragedia di Roma occupata dai nazisti; anche questa esperienza lascia un

segno profondo nella sua poesia. Nel clima di “epurazione” nel secondo dopoguerra

Ungaretti, che aveva aderito al fascismo e che era stato nominato docente

universitario “per chiara fama” cioè per chiamata diretta dal Ministero senza

concorso; rischia di perdere la cattedra: la sua posizione di poeta non disposto ad

allinearsi alle nuove tendenze politiche gli causa un certo isolamento negli ambienti

culturali. Ormai considerato un “classico” Ungaretti vive un periodo ricco di

riconoscimenti e di lavoro:”Il dolore”, “La terra promessa”, “Un grido” e “Il taccuino

del vecchio”. Muore nel 1970 a Milano.

LE OPERE E I TEMI

Il dolore

L’atteggiamento poetico di Ungaretti è in sintonia con la sua concezione della vita e

con una religiosità che diventa man mano sempre più dichiarata nelle successive

opere, anche se non è legata a una precisa confessione religiosa. Il punto di partenza

di Ungaretti è, per sua affermazione, il dolore. Egli si veste di vari aspetti: nella prima

raccolta si identifica soprattutto con l’esperienza della guerra e, quindi della morte e

della sofferenza; successivamente in “Sentimento del tempo” egli scopre il vuoto

interiore, la mancanza di Dio, la propria fragilità umana. Poi in “Il dolore” vi è ancora

l’esperienza del dolore, sia personale (la morte del fratello e soprattutto del figlio) sia

universale (la guerra). Dal dolore nasce però sempre una condizione positiva.

“L’Allegria” è testimonianza di una ferma volontà di vivere e di un sentimento di

autentica fratellanza con gli uomini.

“Sentimento del tempo” segna la conquista di un senso religioso della vita, in quanto

il poeta si sente spinto a trovare valori eterni, quindi religiosi. Anche le ultime

raccolte sono caratterizzate non solo dal dolore ma dalla speranza, e in senso molto

personale, dalla preghiera.

L’allegria

La raccolta “l’Allegria” comprende le poesie scritte a Milano fra il 1914 e il 1915,

composte nel primo anno di guerra. Il nucleo più importante verte sull’esperienza di

soldato compiuta da Ungaretti nelle trincee, dove si è sempre a contatto non solo con

la morte, ma soprattutto con la fisicità di questa, come è ben reso in Veglia:

“Un’intera nottata/ buttato vicino/ a un compagno/ massacrato”.

Per contrasto, l’ossessiva presenza della morte conferisce al poeta una grande

passione per la vita e un intenso sentimento di fratellanza verso gli uomini. Dalla vita

che si può perdere da un momento all’altro si apprezzano le cose che veramente

contano, e che sono appunto quelle che il poeta rappresenta, con parole ridotte

anch’esse all’essenziale.

“Fratelli” e “Soldati” sono liriche in cui, senza la minima retorica, Ungaretti rende le

sensazioni del suo stato d’animo durante i giorni di guerra.

La poesia di Ungaretti equivale a una discesa nelle profondità dell’io, per riportare

alla luce frammenti di verità: questi possono anche consistere anche in brevissime

immagini, suscitate nel poeta dalla contemplazione della natura, come la notissima

“Mattina”: “M’illumino/ d’immenso.

In questo caso il poeta celebra l’innocenza, quello stato d’animo puro e vergine di chi

contempla il mondo e si sente parte vibrante di esso, senza alcuna mediazione di

pensiero, ma per istintiva partecipazione alla vita. Le sue parole, che sono poche,

quasi “scarnificate” e ridotte all’osso, scandite e isolate da lunghi silenzi, sono il

risultato di questo lavoro di scavo in sé stesso, favorito dall’esperienza di fante nelle

trincee della Grande guerra.

Sentimento del tempo

Le poesie di “Sentimento del tempo” sono solo in apparenza più “tradizionali”

rispetto alle precedenti perché tanto sul piano contenutistico quanto sul quello

formale anche questa raccolta poggia su basi estremamente moderne. Ungaretti vi

persegue con coerenza la tematica della poesia come rivelazione di una verità che

giace nel profondo del suo “io”.

Il ritrovamento nella natura e nella vita umana di questa dimensione dà al poeta

l’ansia di trovare valori eterni. In questo bisogno si esplica la religiosità del poeta,

che da un lato aspira ad una innocenza che l’uomo moderno ha perduto, dall’altro

riscopre la sua “anima” e le sue esigenze, la prima delle quali è il bisogno di Dio.

Ungaretti evoca vari momenti del giorno e dell’anno (“O notte”, “Notte di marzo”),

oppure momenti della sua esistenza (“La madre”) con un atteggiamento mai

descrittivo, ma che ha l’aspetto della “rivelazione”, espressa sempre in forma non

logica, sulla condizione umana. Alcune liriche sono veri e propri inni, ricchi di

sentimento religioso: “La pietà”, “La preghiera”, altre hanno addirittura soggetto

mitologico come “Sirene”, “Apollo”, a sottolineare il tempo più remoto in cui

l’umanità era innocente.

Le ultime raccolte

L’ultima fase della poesia di Ungaretti tocca due diverse tematiche.

La prima, contenuta soprattutto nella raccolta “Il dolore”, è quella della sofferenza,

legata sia a eventi drammatici vissuti dal poeta, quali la morte del fratello e

successivamente del figlio Antonietto di nove anni, sia a quelli che colpiscono una

comunità intera.

Il tema del dolore è fortemente rappresentato anche nella raccolta “Un grido e

paesaggi”. L’altra tematica è presente soprattutto in “La terra promessa”, opera

incompiuta: si tratta di un poema per musica centrato sulla figura di Enea che

raggiunge il luogo che gli è destinato e allude a un ritorno di Ungaretti stesso alle

“origini”.: attraverso modalità fortemente simboliche, il poeta racconta la speranza di

ottenere una qualche conoscenza di un mondo perfetto, un mondo perduto ma di cui

in qualche modo l’uomo ha mantenuto il ricordo.

La poetica

Ungaretti compone poesie per un lungo arco di tempo, circa sessant’ anni, durante i

quali, anche se mutano temi e tematiche espressive, la sua concezione della poesia

rimane fedele ad alcuni principi fondamentali. Egli è poi sempre molto attento a

ripensare al significato che la poesia ha, sia per lui sia per il pubblico a cui è rivolta,

fermo restando che egli non intende mai diventare un “maestro” per nessuno. La sua

formazione letteraria si compie in un primo tempo in Egitto, poi in Francia. Anche se

Ungaretti ha molti contatti con poeti stranieri è però sempre cosciente di appartenere

ad una comunità ideale: l’Italia, e vuole comunicare con essa.. la sua poesia nasce

sempre da un dato psicologico, legata alla sua esperienza biografica, è una poesia che

somiglia a una “illuminazione” improvvisa. equivale

A una discesa nell’abisso, per portare alla luce frammenti di verità. La poesia

equivale a una rivelazione al poeta stesso di una intuizione che era sepolta nella sua

coscienza o nella sua memoria e che illumina un aspetto della realtà assoluta delle

cose, un loro segreto. Tramite queste illuminazioni, sempre parziali, il poeta riscopre

la realtà, ed entra per un attimo in sintonia con l’Universo e l’Eternità. La poesia di

Ungaretti si compone quindi di intuizioni, che sono altrettante scoperte di un

frammento dell’immensità che circonda l’uomo.

Lo stile: tra tradizione e novità

Le scelte stilistiche di Ungaretti sono rivoluzionarie, ma pienamente coerenti con la

sua concezione della poesia.. nel primo nucleo di liriche “L’Allegria” egli rifiuta il

verso e la sintassi tradizionale per valorizzare al massimo la parola poetica,

“isolandola” nella pagina o inserendoli in versi brevissimi. Nel suo verso libero, privo

di rime e perfino di punteggiatura, ogni parola sembra nascere come evocata da un

lontano silenzio, ed essendo sottratta ai consueti messi sintattici, essa si carica di una

fortissima tensione emotiva e assume valore simbolico. Sono fortemente scandite le

pause, gli “a capo” e soprattutto gli spazi bianchi, che equivalgono ai silenzi da cui la

parola nasce.

Come i simbolisti e i futuristi, Ungaretti attribuisce grandissima importanza non al

discorso logico ma all’analogia, che stabilisce un nesso solo psicologico fra oggetti

diversi. Le sue liriche, coerentemente con le sensazioni vissute durante la Grande

guerra, sono espresse on forme concentrate e ridotte all’essenziale, perché

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