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Sintesi
Italiano: Giuseppe Ungaretti

Storia: la Prima guerra mondiale

Diritto: l'impresa

Chimica: gli idrocarburi

Gnatologia: il ponte

Laboratorio: le fasi di lavorazione del ponte

Estratto del documento

2

Alla fine della guerra ritornò a Parigi dove si sposò; dal 1936 al 1942 insegna letteratura italiana

all'Università di S. Paolo in Brasile. In questo periodo muore suo figlio Antonello di 9 anni . Nel

1948 ricopre la cattedra di letteratura all'Università di Roma fino al 1958. Muore a Milano all'età di

settantadue anni nel 1970. Tra le sue opere più importanti vanno citate: Il porto sepolto, l'Allegria, Il

sentimento del tempo, Il dolore, La terra promessa e Il taccuino del vecchio. Oggi è' considerato

uno dei più importanti poeti della poesia ermetica.

La poetica

La formazione culturale di Ungaretti avviene in quella Parigi di inizio secolo, che è il crocevia di

tutte le avanguardie artistiche.

La poetica di Ungaretti si inserisce nel Decadentismo, più precisamente in quella corrente letteraria

chiamata Ermetismo, di cui Ungaretti è un caposcuola. Gli ermetici ricercano la parola essenziale,

spogliata di tutti i significati accademici e retorici. Nei componimenti degli ermetici prevalgono la

brevità, il frammento, l'assenza della punteggiatura. La realtà non viene colta nelle apparenze, ma,

nell'immediatezza; il verso deve fissare l'attimo.

Ungaretti riscopre la parola essenziale, quotidiana, ma anche l’importanza, all’interno del discorso

lirico, della pausa, del silenzio:

“una parola / scavata è nella mia vita / come un abisso”.

Quest’ultimo punto è riscontrabile nella maniera forse più esplicita nella lirica San Martino del

Carso, scritta da Ungaretti nel 1916.

“E’ il mio cuore / il paese più straziato”.

Le grandi novità formali e poetiche apportate da Ungaretti in questa sue prime opere sono tante e

molto innovative. Vediamole:

1) Versi che coincidono con le parole

2) Mancanza di punteggiatura

3) Soppressione degli aggettivi

4) Sintassi ridotta al minimo

5) Rima libera

6) Parole ridotte all’essenzialità

Successivamente il poeta recupera forme e stili della tradizione letteraria italiana. La versificazione

riscopre le misure canoniche dell'endecasillabo e del settenario, i componimenti assumono strutture

più articolate e simmetriche, il repertorio di metafore e simboli si apre alla mitologia classica. 3

Prima guerra mondiale

Quasi tutti attribuiscono lo scoppio della prima guerra mondiale all’uccisione dell’erede al trono

d’Austria l’Arciduca Francesco Ferdinando, avvenuta il 28 giugno del 1914 a Sarajevo per opera di

uno studente serbo Gravrilo Princep probabilmente appartenente alla società segreta “la mano

nera”. L’attentato di Sarajevo fu un tipico esempio di come il corso della storia possa essere

influenzato da eventi singoli, da decisioni individuali prese da personaggi oscuri, da circostanze del

tutto accidentali: nessuno può dire cosa sarebbe successo se a Sarajevo i servizi di sicurezza

imperiali fossero stati più efficienti o se l’attentatore avesse mancato il suo bersaglio. Ma questo

episodio fu solo la scintilla che fece scoppiare la miccia, perché nell’Europa del 1914 esistevano

tutte le premesse che rendevano possibile una guerra, e che si possono tradurre con i contrasti:

 tra Inghilterra e Germania, scaturiti dal progresso dell’industria tedesca che minacciava il

primato inglese;

 tra Francia e Germania, per la contesa dell’Alsazia e della Lorena;

 tra Russia e Austria, per il controllo dei Balcani.

Oltre a questi contrasti tra Nazioni, vi è in questo periodo la nascita di ideologie nazionalistiche e

irrazionalistiche che esaltano la guerra e la violenza.

L’Austria compì la sua prima mossa inviando il 23 luglio un durissimo ultimatum alla Serbia, al

quale seguì il 28 luglio la dichiarazione di guerra e il bombardamento di Belgrado. La

dichiarazione di guerra austriaca mise in moto quell’ingranaggio noto come il “meccanismo delle

alleanze”, che trascinò nel conflitto tutte le grandi potenze, che si unirono nella Triplice Intesa

formata da Gran Bretagna, Francia e Russia; e nella Triplice Alleanza formata dalla Germania,

l’Austia-Ungheria e dall’Italia, che in un primo momento si dichiara neutrale e successivamente

entra in guerra accanto agli stati dell’Intesa per motivi che vedremo più avanti.

L’inizio delle operazioni belliche fu della Germania, con il cosiddetto piano Schlieffen, che

prevedeva una rapida invasione della Francia attraverso il Belgio violando la sua neutralità, e

successivamente l’invasione della Russia con l’aiuto delle truppe autro-ungariche, attraverso la

Prussia e la Galizia. Il 4 agosto la Germania invase il Belgio provocando la reazione degli inglesi

che appoggiarono le truppe francesi e si diresse velocemente verso Parigi. In un primo momento il

piano tedesco sembrò riuscire, costringendo le truppe francesi comandate dal generale Joffre ad una

frettolosa ritirata. Ai primi di settembre le truppe tedesche si attestarono lungo il corso della Marna,

a pochi chilometri da Parigi. Nel frattempo sul fronte orientale, le truppe tedesche, comandate dal

generale Hindenburg, fermavano i russi che tentavano di penetrare in Prussia orientale,

sconfiggendoli nelle grandi battaglie di Tannenberg e dei Laghi Masuri. Il 5 settembre iniziò la

battaglia della Marna, che vide le truppe francesi, con l’aiuto inglese, costringere le armate

tedesche alla ritirata, dopo una settimana di attacchi. Da quel momento in poi la guerra di 4

movimento prevista dal piano Schlieffen, che doveva essere rapida e vittoriosa, si trasformò in

quella sporca e lunghissima guerra di logoramento che fu la guerra di trincea, che vide gli eserciti

praticamente immobili, che si affrontavano in una serie di sterili quanto sanguinosi attacchi,

inframmezzati da lunghi periodi di stasi. La vita nelle trincee (fossati scavati nel terreno per

mettere al riparo i soldati dal fuoco nemico), monotona e rischiosa al tempo stesso, logorava i

combattenti nel morale oltre che nel fisico e li gettava in uno stato di apatia e torpore mentale.

Vivevano in condizioni igieniche deplorevoli, senza potersi lavare né cambiare.

Pochi mesi di guerra nelle trincee furono sufficienti a far svanire l’entusiasmo patriottico con cui

molti combattenti avevano affrontato il conflitto, e provocò anche molti atti di renitenza alla leva,

di diserzione, di insubordinazione e di autolesionismo per essere dispensati dal servizio al fronte.

Allo scoppio delle ostilità, nel giugno del 1914, il regno d’Italia, legato ad Austria e Germania da

un trattato difensivo, dichiarò la propria neutralità, in quanto era stato proprio l’impero di

Francesco Giuseppe a scatenare la guerra, senza, peraltro, nemmeno consultare la giovane

monarchia di Vittorio Emanuele III. L'Italia si trovò divisa in due linee:

 i neutralisti, che si opponevano all’ingresso in guerra dell’Italia, come i cattolici, contrari

alla guerra per ragioni di principio. I socialisti, che giudicavano che la guerra si facesse per

i contrastanti interessi della borghesia imperialista dei vari paesi e ritenevano che le masse

proletarie non avrebbero potuto trarne che sofferenze e sacrifici, e i liberali giolittiani,

convinti che l’Italia avrebbe potuto realizzare i suoi obiettivi attraverso la via dei negoziati.

 gli interventisti, favorevoli all’ingresso dell’Italia in guerra, come i democratici che

consideravano l’intervento italiano come il compimento del ciclo delle guerre

risorgimentali, i conservatori che miravano ad ottenere attraverso la guerra, l’espansione

economica e politica dell’Italia, i nazionalisti che speravano che l’Italia potesse affermare la

sua vocazione di grande potenza imperialista, e i socialisti rivoluzionari di Mussolini

direttore dell’”Avanti, in un primo tempo schieratosi contro la guerra, ma poco dopo aveva

mutato atteggiamento e si era dichiarato a favore dell’intervento.

Mentre divampava il contrasto tra interventisti e neutralisti, il governo italiano stipulò

segretamente, all’insaputa del Parlamento il Patto di Londra con le potenze dell’Intesa, in base al

quale si impegnava ascendere in guerra entro un mese contro gli avversari dell’Intesa, in cambio

del Trentino Alto Adige, Trieste, Istria, la Dalmazia (esclusa la città di Fiume) e la base di Valona in

Albania. Stipulato il patto, il governo dovette affrontare la difficile situazione politica interna. I

neutralisti avevano la maggioranza in parlamento che ostacolava così la ratifica del patto. I rischi di

una crisi istituzionale portarono l’Italia a

dichiarare guerra all’Austria il 23 maggio

1915. Le truppe italiane comandate dal

generale Cadorna, sferrarono i loro primi

attacchi contro le forze dell’Intesa lungo il

fiume Isonzo, senza però ottenere alcun

successo, ma perdendo numerosi uomini.

L’anno successivo il fronte occidentale fu

caratterizzato da due sanguinosissime e

logoranti battaglie, quella di Verdun e

quella della Somme, provocando più di

600.000 vittime. Il 1915 fu caratterizzato

anche dal “blocco navale” attuato

dall’Inghilterra contro gli imperi centrali.

I tedeschi cercarono allora di spezzare questo blocco ingaggiando una guerra sottomarina. Nel

giugno del 1916, mentre si andava esaurendo l’offensiva tedesca contro Verdun, l’esercito austriaco

passò all’attacco sul fronte italiano con la cosiddetta Strafexpedition (spedizione punitiva) contro

il tradimento italiano, ma l’esercito italiano riuscì faticosamente ad arretrare sugli altipiani di

Asiago e a contrattaccare. Il contraccolpo psicologico nel paese fu fortissimo. 5

Sul fronte orientale la Russia riuscì a riconquistare i territori persi l’anno prima.

Il 1917 fu un anno caratterizzato dalla Rivoluzione Russa e dall’ingresso in guerra degli Stati Uniti.

In Russia agli inizi di marzo uno sciopero generale degli operai di Pietroburgo, si trasformò in

un’imponente manifestazione politica contro il regime zarista. Quando i soldati chiamati a

ristabilire l’ordine rifiutarono di sparare sulla folla e fraternizzarono con i dimostranti, la sorte della

monarchia fu segnata; lo zar Nicola II abdicò il 15 marzo pochi giorni dopo fu arrestato con

l’intera famiglia reale. Il governo provvisorio intendeva continuare la guerra, ma in ottobre

un’insurrezione guidata dai bolscevichi lo rovesciò e il potere fu assunto da un governo

rivoluzionario presieduto da Lenin, che decise subito di porre fine alla guerra firmando la pace di

Brest-Litovsk, che li obbligò a cedere la Polonia, l’Estonia, la Lettonia, la Lituania ed a riconoscere

l’indipendenza dell’Ucraina.

Gli Stati Uniti dopo l’affondamento per mano tedesca della nave passeggeri americana Lusitania

entrarono in guerra contro gli imperi centrali. L’intervento americano risultò decisivo soprattutto

sul piano economico.

Anche per l’Italia il 1917 fu l’anno più difficile della guerra. Il 24 ottobre 1917 gli austriaci, forti

dei rinforzi provenienti dal fronte russo, lanciarono una violenta offensiva nella zona di Caporetto

travolgendo le linee italiane sfondando il fronte e dilagando nelle retrovie. In pochi giorni tutto il

Friuli venne invaso. Le cause della sconfitta di Caporetto furono gli errori di alcuni comandanti e

le scarse motivazioni dei soldati al fronte dopo anni di guerra sanguinosa ed inutile. Destituito il

generale Cadorna fu sostituito da Armando Diaz. Nel giugno del 1918 dopo una settimana di

combattimenti riuscì a respingere l’avanzata austriaca sul Piave. In tutto il paese si formò uno

straordinario spirito di coesione nazionale ed anche i socialisti, da sempre contrari al conflitto,

diedero tutto il loro appoggio per fronteggiare il nemico, contribuendo alla nascita di un governo di

unità nazionale alla guida di Vittorio Emanuele Orlando, che lanciò, alla nazione, il vigoroso

appello a "resistere" ad ogni costo. Il 24 ottobre, gli italiani lanciarono un’offensiva sul fronte del

Piave, vincendo la battaglia di Vittorio Veneto, che vide il crollo dell’esercito austriaco e la

successiva firma dell’armistizio con l’Italia, avvenuta il 4 novembre a Villa Giusti presso Padova.

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