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Habilis
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Concetti Chiave

  • Rosso Malpelo, pubblicato nel 1878, è ispirato dalle inchieste sullo sfruttamento dei bambini nelle miniere siciliane, e racconta la storia di un giovane minatore che affronta le ingiustizie sociali.
  • Il protagonista, Malpelo, è un ragazzo disprezzato e abbandonato dalla famiglia, che sviluppa una consapevolezza amara della crudeltà del mondo attraverso le sue esperienze di vita e morte in miniera.
  • Malpelo è dipinto come un ribelle al mondo ingiusto e, nonostante le sue azioni apparentemente dure, dimostra umanità e affetto verso Ranocchio, un compagno più sfortunato.
  • La costruzione del carattere di Malpelo avviene gradualmente attraverso le sue esperienze personali, che riflettono la sua riflessione sulla vita e la morte, culminando nel suo desiderio di riunirsi al padre defunto.
  • Verga utilizza la tecnica dello straniamento, facendo emergere il vero carattere di Malpelo e la critica sociale attraverso il contrasto tra la voce del narratore popolare e la realtà delle ingiustizie subite dal protagonista.

Indice

  1. Rosso Malpelo, protagonista ribelle
  2. Temi
  3. Il protagonista, un ribelle a un mondo ingiusto
  4. La costruzione del carattere di Malpelo
  5. La morte in miniera
  6. Il narratore popolare e la tecnica dello straniamento

Rosso Malpelo, protagonista ribelle

La novella esce in quattro puntate sul “Fanfulla della domenica” nell’agosto 1878. All’epoca Verga collabora anche con la “Rassegna settimanale”, una rivista diretta da Leopoldo Franchetti e Sidney Sonnino, autori dell’importante inchiesta La Sicilia nel 1876, che documenta, tra le altre cose, lo sfruttamento dei ragazzini (i «carusi») nelle miniere e le troppe morti sul lavoro. È questo, probabilmente, lo spunto iniziale che induce Verga a narrare la vicenda di un giovane minatore siciliano che via via acquisisce un’amara consapevolezza dei mali della società e della vita. Nella prima parte della novella si apprende della morte nella cava, a causa di un incidente di lavoro, di mastro Misciu detto «Bestia», padre del protagonista. Poco dopo, Malpelo inizia a prendersi cura di Ranocchio, un ragazzetto zoppo, ancora più sfortunato di lui.

Temi

● il mondo violento e crudele della cava
● lo sfruttamento del lavoro minorile
● la diversità dell’umile ma umanissimo protagonista

Rosso Malpelo è un ragazzo costretto a lavorare in una cava di sabbia. Tutti lo disprezzano, persino la madre e la sorella, che non si occupano di lui. L’unico a volergli bene, e verso cui il ragazzo prova affetto, è il padre, mastro Misciu detto «Bestia», che però un giorno si avventura nella cava e vi trova la morte a causa di un crollo. Il suo corpo viene rinvenuto poco tempo dopo e i suoi indumenti vengono adattati alla corporatura del figlio in modo da poter essere riutilizzati. Malpelo intanto si affeziona a Ranocchio, un giovane dalla salute cagionevole che lavora assieme a lui, e gli impartisce alcune lezioni di vita, come quando i due osservano una muta di cani sbranare il cadavere del vecchio asino grigio. Sempre più debilitato, Ranocchio muore di tisi, nonostante Malpelo si sforzi di prendersi cura di lui. Rimasto solo (la madre e la sorella si sono trasferite altrove), il protagonista non si oppone quando il padrone della cava lo manda a esplorare un cunicolo sconosciuto: presi gli arnesi di suo padre, Malpelo si avventura nell’oscurità e non ne esce più.

Il protagonista, un ribelle a un mondo ingiusto

Rosso Malpelo è la storia di un garzone povero e ignorante, abbrutito da un lavoro bestiale, maltrattato dai compagni e dalla famiglia, orfano inconsolabile, a cui nessuno concede affetto e comprensione. Verga, però, riassorbe interamente l’emozione nel racconto: fedele alla poetica verista, lascia che a parlare siano direttamente i fatti. Tuttavia, anche senza esprimere giudizi sul protagonista, egli fa intendere che Malpelo non è malvagio per sua natura, come credono la madre e i suoi compagni di lavoro; lo diventa, quantomeno agli occhi altrui, solo perché si scopre estraneo a un mondo ingiusto. Il lettore finisce quindi per amare questo eroe della disperazione; ne intuisce la coerenza morale, ne comprende la sofferenza e ne coglie l’umanità. Nonostante maltratti Ranocchio e gli impartisca crudeli lezioni di vita, Malpelo è infatti capace di gesti di gratuita generosità e affetto verso l’amico, come quando cerca di tenerlo al caldo donandogli i suoi pantaloni di fustagno. Nel momento in cui il protagonista si addentra nel labirinto sotterraneo della cava viene spontaneo al lettore accompagnarlo con quell’umana fraternità che gli è stata negata dal suo mondo, sordo e insensibile verso qualsiasi logica diversa da quella dell’utile economico.

La costruzione del carattere di Malpelo

Nella novella, il narratore delinea progressivamente il carattere di Malpelo. All’inizio mette in luce il suo desiderio di evasione: il protagonista si immagina carrettiere o contadino, salvo poi concludere che «quello era stato il mestiere di suo padre, e in quel mestiere era nato lui» (rr. 25-26). Nessun miglioramento di vita, dunque, è possibile per lui.
Dopo il ritrovamento degli oggetti e poi del corpo del padre, emergono i sentimenti più profondi di Malpelo: la paura di tornare a lavorare nella zona del disseppellimento e, soprattutto, l’affettuoso ricordo del genitore. I lisci calzoni di fustagno gli ricordano infatti le carezze paterne, le uniche mai ricevute. A questo punto il narratore presenta le «idee strane» (r. 79) di Malpelo, le sue riflessioni sulla morte, scaturite dallo spettacolo del cadavere dell’asino spolpato dai cani: esse scavano un solco definitivo tra Malpelo e il mondo che lo circonda. A modo suo, egli cerca di trasmettere questa filosofia di vita a Ranocchio. Infine, dopo la malattia e la morte dell’amico, emerge nel protagonista il desiderio di morire: Malpelo non ha più nessuno al mondo, non ha più ragioni per sopravvivere. La sua parabola vitale si è esaurita; la sequenza conclusiva non può che narrare la sua ultima discesa nella cava.

La morte in miniera

Fin dall’inizio Malpelo porta su di sé il nero della cava, il buio della disperazione. I colori e la luce del giorno appartengono al fuori, agli operai che cantano sui ponteggi, ai contadini che lavorano la terra. Il cielo di Malpelo è invece la volta scura della miniera; essa è il suo destino. Quando viene scelto per esplorare l’«intricato laberinto delle gallerie» (r. 35) accetta quel compito senza opporsi: nelle viscere della terra ricerca l’unico senso possibile alla propria esistenza, ovvero il ricongiungimento con il padre. Nella cava mastro Misciu era scomparso e lì Malpelo s’inoltra, con gli stessi oggetti di lavoro del genitore. In sostanza, solo la morte (un’esperienza da lui già conosciuta attraverso la perdita del padre e di Ranocchio) consente al protagonista di ritrovare il suo oggetto del desiderio: mastro Misciu, l’unica persona da lui amata e che lo abbia mai amato. Ma gli altri non possono capire il senso di questa morte e per raccontarla al narratore popolare bastano poche parole prive di commozione («né più si seppe nulla di lui», rr. 214-215). Emerge così la completa esclusione di Malpelo dal suo mondo: un’esclusione confermata dal timore che egli possa un giorno riemergere dalla cava e mostrarsi «coi capelli rossi e gli occhiacci grigi» (r. 218), come un fantasma.

Il narratore popolare e la tecnica dello straniamento

La novella segna una svolta nella carriera letteraria di Verga: qui per la prima volta egli adotta, dall’inizio alla fine, un punto di vista interno al racconto. Il narratore ripudia i propri criteri di giudizio e si abbassa al livello degli umili personaggi: racconta i fatti, le loro cause e le loro conseguenze secondo l’ottica dei compaesani di Malpelo. A parlare, in sostanza, è la voce del narratore popolare. Tuttavia l’adesione dell’autore all’ottica paesana si verifica sul piano narrativo, ma non su quello ideologico: Verga, infatti, giudica Malpelo un personaggio positivo, al contrario di quanto pensa di lui il narratore popolare. Il suo giudizio emerge solo in controluce, cioè per contrasto, mediante il procedimento dello straniamento. Il racconto del narratore popolare fa apparire normale ciò che è strano e ingiusto. Per esempio, la madre di Malpelo è «disperata di aver per figlio quel malarnese, come dicevano tutti» (rr. 1-2): pensa male di lui condividendo il giudizio comune, senza cercare di scusare il ragazzo come invece dovrebbe fare una madre. Allo stesso tempo fa apparire strano e ingiusto ciò che è del tutto normale. Per esempio, Malpelo conserva con cura e amore le scarpe del padre, ma secondo il narratore popolare nel farlo rimugina «chi sa quali idee in quel cervellaccio» (r. 78). Il risultato di questo procedimento è una denuncia dall’interno: il racconto dice una cosa (Malpelo è cattivo), ma ne fa intuire un’altra (a essere cattive, in realtà, sono le persone che gli stanno intorno). Da ciò comprendiamo che il mondo popolare descritto da Verga in Vita dei campi non è affatto innocente e positivo (come per gli autori romantici), ma obbedisce alla logica della violenza e dello sfruttamento.

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