Concetti Chiave
- La novella, narrata da Filostrato durante l'ottava giornata, mette in ridicolo un giudice marchigiano, evidenziando il potere dell'astuzia sui sempliciotti.
- Niccola da San Lepidio, giudice severo ma disordinato, diventa oggetto di scherno quando Maso del Saggio nota il suo abbigliamento trasandato, in particolare le brache corte.
- Maso, insieme ai suoi amici Ribi e Matteuzzo, decide di fare uno scherzo al giudice, togliendogli le brache durante una seduta affollata.
- Mentre il giudice si distrae con la disputa simulata tra Maso e Ribi, Matteuzzo gli sfila le brache senza essere notato, provocando ilarità generale.
- Il podestà, inizialmente indignato, comprende che l'episodio sottolinea l'inefficienza dei giudici economici che aveva scelto, decidendo di non approfondire ulteriormente la questione.
Indice
La beffa del giudice
La novella, raccontata da Filostrato è raccontata nel corso dell’ottava giornata che ha per tema la beffa. Essa mette in ridicolo un giudice marchigiano, rozzo e non certo intelligente. Mette in risalto il potere dell’astuzia nei confronti dei babbei.
L'incontro con il giudice
Niccola da San Lepidio (città delle Marche, oggi Sant’Elpidio) era un giudice penale molto severo, ma altrettanto disordinato nel vestirsi. Egli era stato scelto come collaboratore di giustizia dal podestà fiorentino. [Il podestà era un magistrato, a capo del Comune, con il ruolo di amministrare la giustizia. A sue spese poteva assumere altri giudici come collaboratori]. Una mattina successe che un certo Maso del Saggio, mentre cercava un amico, capitò nel palazzo del podestà e vide il giudice al suo posto di lavoro, così mal vestito da sembrargli un buono da nulla, un vero inetto. Nello specifico, notò che l’uomo portava un paio di brache che gli arrivavano a mezza gamba, da tanto che gli erano corte e strette.
Il piano degli amici
Lasciando perder il motivo per cui si trovava in quel posto, andò alla ricerca di altri due amici, Ribi e Matteuzzo, amanti dei piaceri della vita e degli scherzi tanto quanto lui e li invitò a seguirlo per mostrar loro il giudice, definito come il più grande stupido che ci fosse al mondo.
I tre si recarono nel palazzo del podestà e, non appena intravidero il giudice, cominciarono a ridere; fattisi più vicini, si accorsero che sarebbe stato facile infilarsi sotto la pedana su cui era posto lo scranno del giudice: l’asse sui cui egli appoggiava i piedi era rotta, tanto da lasciar passare una mano e un braccio. Maso propone di fargli uno scherzo: togliergli le brache.
L'esecuzione dello scherzo
La mattina seguente i tre amici ritornarono e per quanto la sala delle udienze fosse affollata, Mateuzzo riuscì a infilarsi sotto il palco, senza che nessuno lo vedesse. Invece, Maso e Rubi si misero l’uno a destra e l’altro a sinistra del giudice. Fu Maso a parlare per primo, chiedendo giustizia perché colui che era proprio a suo fianco, ossia il ladruncolo, gli aveva rubato un paio di stivali nuovi. Ribi, da parte sua, urlava chiedendo al giudice di non credergli perché aveva davanti un furfante e che lui era venuto per citarlo in giudizio per una valigia che egli aveva rubato. Aggiungeva che era pronto a produrre testimoni come la macellaia , la fruttivendola e altre donne. Però, Maso non taceva ed entrambi gridavano sempre più forte. E mentre il giudice se ne stava in piedi per ascoltare meglio, con un solo strattone Matteuzzo gli sfilò le brache, cosa assai facile visto che l’uomo era assai magro. Il giudice, non sapendo come fosse accaduto, cercò di coprirsi e di sedersi, mentre Maso e Ribi lo trattenevano facendo notare che egli non stava ad ascoltare i due contendenti e che avevano capito che se ne sarebbe voluto andare. E lo tennero talmente occupato che tutti, in tribunale si accorsero che era rimasto senza pantaloni. Matteuzzo, dopo aver tenuto ben strette le brache, alla fine lasciò la preda e scappò senza essere visto. Al che, Niccolò, come qualcuno che si era appena alzato dal letto, si sistemò le brache come poteva e chiese dove mai fossero spariti i due litiganti, imprecando per saper chi avesse avuto il coraggio di lasciarlo in mutande.
La reazione del podestà
Da parte sua, il podestà venuto a sapere l’accaduto, inizialmente fece in modo, con tutti i mezzi possibili, e con grande schiamazzo, di sapere chi erano i responsabili dell’accaduto, ma poi, consigliatosi con alcuni amici, capì ciò che il fatto gli voleva suggerire: i Fiorentini, più astuti, sapevano bene che egli aveva portato a Firenze dei giudici collaboratori poco validi perché gli costavano meno Per questo motivo, il fatto fu messo a tacere e per quella volta non se ne parlò più.
Domande da interrogazione
- Qual è il tema principale della novella raccontata da Filostrato?
- Chi è il giudice protagonista della storia e come viene descritto?
- Qual è il piano ideato da Maso e i suoi amici?
- Come viene eseguito lo scherzo al giudice?
- Qual è la reazione del podestà dopo lo scherzo?
Il tema principale è la beffa, che mette in ridicolo un giudice marchigiano, evidenziando il potere dell'astuzia nei confronti dei babbei.
Il giudice protagonista è Niccola da San Lepidio, descritto come severo ma disordinato nel vestirsi, tanto da sembrare un inetto.
Maso e i suoi amici, Ribi e Matteuzzo, pianificano di fare uno scherzo al giudice togliendogli le brache mentre è in tribunale.
Lo scherzo viene eseguito da Matteuzzo che, nascosto sotto il palco del giudice, gli sfila le brache mentre Maso e Ribi lo distraggono con una finta lite.
Il podestà inizialmente cerca di scoprire i responsabili, ma poi comprende che il fatto suggerisce che i giudici collaboratori erano poco validi e decide di mettere a tacere l'accaduto.