Concetti Chiave
- Il palazzo di Atlante racconta di un incantesimo che tiene prigionieri Orlando e altri cavalieri, simboleggiando l'illusione e l'inganno delle aspirazioni umane.
- Atlante attira i cavalieri nel suo palazzo trasformandosi in un cavaliere gigantesco e mostrando loro ciò che più desiderano, perpetuando un ciclo infinito di ricerca.
- L'episodio è un'allegoria dell'insensatezza umana, che insegue desideri irraggiungibili e costruisce castelli mentali, spesso deludenti e privi di sostanza.
- Il brano utilizza verbi legati all'apparenza e alla finzione per enfatizzare l'inganno, sottolineando come i cavalieri siano prigionieri di illusioni.
- L'autore, attraverso l'ironia, suggerisce che il poema stesso è una creazione fittizia, un gioco simbolico da cui il lettore deve mantenere un certo distacco emotivo.
Indice
Il palazzo di Atlante
Orlando vaga per la Francia alla ricerca di Angelica e si imbatte in un misterioso cavaliere che trattiene una giovane donna sul proprio cavallo: si tratta del mago Atlante, una figura inventata da Boiardo nell’Orlando innamorato.
Temi
● L’inseguimento vano degli oggetti del desiderio● Le aspirazioni illusorie degli uomini
● L’autoinganno e i pensieri ossessivi
Il brano ha per tema l’incantesimo mediante il quale il mago Atlante tiene prigioniero in uno splendido palazzo Ruggiero e con lui diversi altri guerrieri musulmani e cristiani, tra i quali Orlando, per evitare che il proprio protetto muoia per mano di qualcuno di loro, come è scritto nel suo destino. L’inganno con cui Atlante li ha attirati è sempre lo stesso: tramutatosi in un cavaliere gigantesco, ha finto di trascinare a forza nella propria dimora la cosa che più desiderano («quella cosa […] che più ciascun per sé brama e desia», 20, vv. 7-8), sia essa una donna, un cavallo o altro ancora. I cavalieri sono entrati nel palazzo incantato convinti di inseguire il gigante e la sua preda ma, una volta dentro, hanno iniziato ad aggirarsi tra le stanze senza più vederli. Spesso essi si incontrano l’un l’altro senza potersi riconoscere e, nonostante in guerra siano combattenti valorosi, qui diventano vittime tormentate e lamentose. Quando poi Atlante si accorge che i guerrieri, delusi perché non trovano ciò che inseguono, escono all’aperto per rintracciare altrove il proprio oggetto del desiderio, egli torna a mostrargliene le sembianze, sotto forma di voce o di immagine, da una finestra del palazzo, per indurli a farvi rientro e ricominciare da capo la ricerca. Avvinti dalla forza dell’illusione, i cavalieri non riescono ad abbandonare questo luogo incantato e la loro continua perlustrazione delle stanze del palazzo si rivela sempre un’“inchiesta” inconcludente o, come si legge nell’ottava 11, un percorrere «vani sentieri» (v. 6).
La condizione umana come inseguimento di un’illusione
L’episodio del palazzo di Atlante rappresenta, oltre che una originale invenzione romanzesca, un’allegoria dell’insensatezza degli esseri umani, spesso prigionieri delle proprie stesse illusioni, dei “castelli mentali” che si costruiscono in sostituzione della realtà. Come i cavalieri ingannati da Atlante, gli uomini si ostinano a non accontentarsi di ciò che hanno e a desiderare proprio le cose che non riescono a ottenere, la cui conquista probabilmente non li appagherebbe neppure, trattandosi spesso di oggetti deludenti (come ad esempio il denaro e i beni materiali in genere, le persone che non ricambiano l’amore che si prova per loro o ancora i traguardi effimeri come il successo e la fama). Nel loro inseguimento di traguardi fasulli, privi di sostanza come lo sono i fantasmi creati dal mago Atlante, infine essi possono facilmente sviluppare pensieri tortuosi e ossessivi – qui simboleggiati dal continuo aggirarsi dei cavalieri in un labirinto di stanze, di logge e di scale – o addirittura perdere l’equilibrio mentale, come capiterà a Orlando.
Il linguaggio della finzione
Al motivo dell’illusione corrispondono precisi segnali linguistici. In tutto il brano si nota infatti l’insistenza su verbi legati all’idea dell’apparenza e della finzione: ad esempio «fa sembiante», «par» (5, vv. 3 e 7), «parea» (6, v. 1), «Pargli» (15, v. 1) e via dicendo. L’autore-narratore non si limita però a sottolineare stilisticamente che i cavalieri sono prigionieri di un incantesimo, ma si spinge fino al punto di sorprendere il suo pubblico con i versi, riferiti a Ruggiero, «io dico ch’arrivò qui dove Orlando / dianzi arrivò, se ’l loco riconosco» (17, vv. 5-6): egli intende cioè avvertire, con la consueta tecnica dell’ironia, che tutto ciò che sta raccontando rappresenta una finzione letteraria da cui il lettore non deve farsi coinvolgere emotivamente. Non soltanto il palazzo di Atlante ma il poema stesso è una creazione fittizia, sembra suggerirci Ariosto, un gioco complesso e ricco di significati simbolici.Domande da interrogazione
- Qual è il tema principale del palazzo di Atlante?
- Come Atlante inganna i cavalieri nel suo palazzo?
- Cosa rappresenta l'episodio del palazzo di Atlante?
- Quali segnali linguistici indicano l'illusione nel testo?
- Qual è il messaggio dell'autore riguardo alla finzione letteraria?
Il tema principale è l'illusione e l'inganno, rappresentati dall'incantesimo del mago Atlante che tiene prigionieri i cavalieri nel suo palazzo, simbolo delle aspirazioni illusorie degli uomini.
Atlante si trasforma in un cavaliere gigantesco e finge di trascinare la cosa che più desiderano, attirandoli nel palazzo dove vagano senza mai trovare ciò che cercano.
Rappresenta un'allegoria dell'insensatezza umana, prigioniera delle proprie illusioni e desideri irraggiungibili, simboleggiando la ricerca di traguardi fasulli e l'autoinganno.
Il testo utilizza verbi legati all'apparenza e alla finzione, come «fa sembiante», «par», «parea», per sottolineare l'inganno e l'illusione vissuti dai cavalieri.
L'autore, attraverso l'ironia, avverte che il poema stesso è una creazione fittizia, un gioco simbolico da cui il lettore non deve farsi coinvolgere emotivamente.