Fabrizio Del Dongo
Genius
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Concetti Chiave

  • La canzone fu composta durante l'esilio dell'autore, probabilmente nel 1302, e affronta il tema della giustizia tramite l'allegoria di tre donne.
  • Le tre donne rappresentano la Giustizia universale, la Giustizia umana e la Legge positiva, simboli di virtù e bellezza trascurate.
  • L'Amore è personificato come un potente signore che risiede nel cuore del narratore, provando dolore per la condizione delle tre donne.
  • L'autore vede l'esilio come un onore, poiché lo associa a figure nobili, nonostante il dolore per l'allontanamento da Firenze.
  • Il testo esprime il conflitto tra valori morali e la realtà politica dell'epoca, rappresentata dalla lotta tra i Bianchi e i Neri a Firenze.

Indice

  1. Introduzione
  2. Stanza I
  3. Stanza II
  4. Stanza III
  5. Stanza IV
  6. Stanza V
  7. Sirma e I congedo
  8. II congedo

Introduzione

Questa canzone fu composta durante l’esilio, probabilmente nel 1302. Il tema è quello della giustizia presentato tramite l’allegoria delle tre donne (la Giustizia universale, la Giustizia umana, la Legge positiva). Sono frequenti molti riferimenti personali che provano come la ferita dell’esilio fosse ancora molto viva.
Le parole chiave della canzone sono: allegoria, amore, donne, esilio, Firenze, giustizia, io, legge, Bianchi/Neri, morte, politica, società (Firenze)

Stanza I

Tre donne sono venute intorno al mio cuore
E siedono al di fuori di esso:
poiché all’interno del mio cuore ha la sua sede Amore,
che ha il dominio della mia vita.
Sono talmente belle e così piene di virtù che Amore, da potente signore com’è,
che ha sede nel cuore, come ho detto,
a mala pena riesce a rivolgere loro la parola.
Ognuna sembra addolorata e sorpresa
Come fosse una persona esiliata e stanca,
alla quante tutti vengono a mancare
re alla quale la virtù e la bellezza non servono a niente.
È esistito un tempo in cui,
a detta loro, furono apprezzate;
ora sono in odio a tutti e da tutti sono trascurate.
Queste sono così da sole
venute presso il mio cuore, come a casa di un amico;
perché sanno bene che dentro al mio cuore c’è colui che ho nominato [= Amore]

Stanza II

Una [delle tre donne] si lamenta molto,
e posa il capo sulla mano
come una rosa recisa:
il braccio nudo, sostegno del dolore,
sente la pioggia di lacrime che cade dal volto;
l’altra mano nasconde
il viso intriso di lacrime:
discinta e scalza, appare padrona soltanto della propria persona.
Non appena Amore, attraverso la veste lacerata
le vide le parti intime di cui è opportuno non parlare,
egli impietosito e dolente,
le pose delle domande su di lei e sulle sue sofferenze.
“Oh, noi di cui pochi si nutrono”,
rispose mescolando voce e sospiri,
“la nostra comune origine ha indirizzato noi qui da te;
io, che sono la più infelice,
sono sorella di tua madre [Venere, la madre di Amore] e sono la Giustizia [secondo la mitologia greca, Giustizia era figlia di Giove e quindi sorella di Venere];
poveri, come vedi, quanto a vesti e a cintura”.
[Giustizia ricorre ad Amore in virtù della parentela che li lega]

Stanza III

Dopo che ella si fu manifestata e si fece riconoscere,
il mio signore (= Amore) fu preso da dolore
e da vergogna, e chiese
chi fossero le altre due che erano con lei
E questa, che era sul punto di piangere,
non appena udì le parole di Amore,
fu presa da un dolore più grande,
dicendo: ”Non provi dolore per i miei occhi? [perché piani di lacrime]?”
Poi iniziò: “Come devi sapere,
il Nilo nasce come un piccolo fiume da una sorgente
là dove il sole
priva la terra delle foglie dell’arbusti:
presso le onde incontaminate
ho dato alla luce colei che è al mio lato
e che si sta asciugando [le lacrime] con la bionda treccia.
Questa mia bella figlia,
specchiandosi nelle limpide acque
generò colei che è più lontana da me”.

Stanza IV

I sospiri fecero tardare un po’ [i sospiri dell’] Amore;
e, successivamente con gli occhi bagnati [di lacrime]
che prima erano stati scortesi [per non aver riconosciuto le tre donne parenti fra di loro]
salutò le tre parenti profondamente addolorate
E dopo aver preso entrambi i dardi,
disse: “Sollevate il capo:
ecco le armi che io ho voluto;
per non essere state usate hanno perso la loro lucentezza.
Liberalità e Moderazione e le altre virtù nate
da noi, ora vanno mendicando.
Perciò, se questo è un danno,
piangano pure e si lamentino
gli uomini che ne portano le conseguenze,
e che sono giunti in così infausta congiunzione astrale;
non noi [dobbiamo piangere per tale danno] che siamo immortali:
perché, se noi ora [ne] siamo colpiti,
tuttavia continueremo ad esistere, e esisterà ancora una generazione di uomini
che renderà lucente questo dardo”.

Stanza V

Ed io che ascolto nelle parole divine [pronunciate da Amore]
dolersi e consolarsi [della loro sorte]delle così nobili figure esiliate,
ritengo un onore l’esilio che mi è stato dato [in sorte]:
perché, se la volontà divina o la sorte
vuole che il mondo trasformi
i fiori bianchi in fiori neri, [perifrasi per indicare che si sovvertono i valori]
essere travolti con i buoni e pur [un fatto] degno di lode.
E se non [fosse] che a causa della lontananza
mi è stato sottratto alla vista
l’oggetto cui sempre rivolgo gli occhi [Firenze] e che mi ha fatto innamorare,
riterrei un danno lieve quello [l’esilio] che invece mi pesa.
Ma questo fuoco d’amore [per Firenze]
mi ha già consumato talmente le ossa ve la carne
che la Morte mi ha già infilato la chiave nel petto [per porre un termine alla mia vita]
Pertanto, se pure io ebbi qualche colpa [non è chiaro di quale colpa si tratti; potrebbe trattarsi di un atto ostile contro Firenze, dopo l’avvento al potere dei Guelfi di parte nera]
più mesi sono passati da quando essa è stata cancellata [Qui abbiamo una indicazione astronomica : più mesi il sole ha fatto il giro della volta celeste]
se la colpa si estingue con il pentimento.

Sirma e I congedo

O Canzone, nessun tocchi i tuoi panni,
per vedere ciò che una bella donna nasconde:
siano sufficienti le parti scoperte;
il dolce frutto che tutti desiderano
negalo a tutti
Ma se succede che per caso tu non trovi qualcuno
Che sia amico della virtù e costui ti prega,
rivestiti di colori straordinari,
poi rivelati a lui; [infatti] il fiore, che è bello esteriormente,
fa nascere il desiderio nei cuori predisposti all’amore.

II congedo

O canzone, con bianche penne va’ a caccia di uccelli;
canzone, va’ a caccia insieme ai cani neri,
che io fui costretto a fuggire,
ma che potrebbero farmi dono del perdono.

Domande da interrogazione

  1. Qual è il tema principale della canzone?
  2. Il tema principale della canzone è la giustizia, presentata tramite l'allegoria delle tre donne: la Giustizia universale, la Giustizia umana e la Legge positiva.

  3. Qual è il contesto storico in cui è stata composta la canzone?
  4. La canzone è stata composta durante l'esilio dell'autore, probabilmente nel 1302, e riflette il dolore e la sofferenza causati da questa condizione.

  5. Chi sono le tre donne menzionate nella canzone e quale ruolo svolgono?
  6. Le tre donne sono allegorie della Giustizia universale, della Giustizia umana e della Legge positiva, e rappresentano la virtù e la bellezza trascurate e in esilio.

  7. Come viene descritto l'Amore nella canzone?
  8. L'Amore è descritto come un potente signore che risiede nel cuore dell'autore e che prova dolore e vergogna per la condizione delle tre donne.

  9. Qual è il significato dell'esilio per l'autore?
  10. L'esilio è visto dall'autore come un onore, poiché lo accomuna a figure nobili e virtuose, nonostante il dolore causato dalla lontananza da Firenze.

Domande e risposte

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