Fabrizio Del Dongo
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Concetti Chiave

  • I versi poetici si classificano in base al numero di sillabe, ad esempio: trisillabo (3 sillabe) e endecasillabo (11 sillabe), quest'ultimo è il più comune nella poesia italiana.
  • L'accento tonico dell'ultima parola di un verso influisce sul conteggio delle sillabe, modificando il verso in piano, tronco o sdrucciolo.
  • La dieresi è una figura metrica che separa due vocali consecutive in sillabe distinte, a discrezione del poeta, anche quando formano un dittongo.
  • La sineresi permette di contare due vocali, che normalmente non formano un dittongo, come una sola sillaba all'interno di una parola.
  • L'elisione unisce due vocali consecutive di parole adiacenti in una sola sillaba, mentre la dialefe le mantiene separate, specialmente quando entrambe sono toniche.

Indice

  1. Aspetti generali del verso
  2. Influenza dell’accento tonico sul numero di sillabe
  3. Come si procede con l’esatto computo delle sillabe di un verso?
  4. La dieresi
  5. Quando la dieresi non è ammessa
  6. La sineresi
  7. L’elisione e la dialefe

Aspetti generali del verso

I versi prendono il nome dal numero delle sillabe di cui sono composti. Infatti si parla di
• verso trisillabo o ternario (di tre sillabe, il verso più breve)
• verso endecasillabo (di undici sillabe) È il più importante e il più frequente dei versi italiani
• verso decasillabo (di dieci sillabe)
• verso dodecasillabo (dodici sillabe)
Può succedere che un dodecasillabo sia formato da due senari e un verso martelliano (14 sillabe) sia la risultanza di due settenari.

Influenza dell’accento tonico sul numero di sillabe

Tenuto conto del fatto che l’accento ritmico cade sempre sull’accento tonico dell’ultima parola, ne risulta che, per esempio, l’endecasillabo
• si compone di 11 sillabe se termina con una parola piana: verso piano.
Come esempio abbiamo “Nel mezzo del cammin di nostra vìta” (Dante, Inferno)
• si compone di 10 sillabe nel caso in cui termini con una parola tronca: verso tronco. Esempio: “Morrete per la nostra libertà” (G. Carducci). In pratica è come se l’ultima sillaba contasse per due
• si compone di 12 sillabe qualora esso si concluda con una parola sdrucciola: verso sdrucciolo. Esempio: “Non mai le tombe si belle appàrvero” (G. Carducci)
In base a questi criteri, le sillabe del verso settenario sono sette, se esso termina con una parola piana, sei se termina con una parola tronca, otto se termina con una parola sdrucciola. Un esempio molto chiaro ci è fornito dai seguenti versi tratti da “Il cinque maggio” di A. Manzoni:
Vergin di servio encòmio (verso piano, 7 sillabe)
E di codardo oltràggio
(verso piano, 7 sillabe)
Sorge or commosso al sùbito (verso sdrucciolo, 8 sillabe)
Sparir di tanto ràggio; (verso piano, 7 sillabe)
E scioglie all’urna un càntico (verso sdrucciolo, 8 sillabe)
Che forse non morrà. (verso tronco, 6 sillabe)

Come si procede con l’esatto computo delle sillabe di un verso?

Premesso che il numero complessivo delle sillabe di un verso non sempre corrisponde alla somma matematica delle sillabe delle parole che formano il verso stesso, ora passiamo ad esaminare alcune figure metriche.

La dieresi

Se due vocali continue appartengono a parole all’interno del verso formano un dittongo, formano una sillaba, ma, a volte, il poeta può tenere distinte le due vocali e considerare due sillabe. In questo caso si parla della figura metrica della dieresi
Es. “Io ti reco i desir de le vïole” - G. Carducci)

Quando la dieresi non è ammessa

Non tutti i dittonghi ammettono la dieresi.
• I dittonghi iè e uò, detti dittonghi mobili, essendo derivati da un monottongo (fièro • Lo stesso vale per le vocali “i” o “u” quando sono puri segni grafici e servono a dare un suono particolare alla consonante che precede: questo è il caso di parole come ascia, bacio, figlio, ragione, viaggio, ecc.
• Nemmeno va utilizzata la dieresi nei dittonghi che sono conseguenza del gruppo consonantico latino “cl”, “gl”, “pl”, “bl”: chiaro • La stessa regola si applica nei dittonghi in cui la “u” ha un valore di semiconsonante: acqua, equo.

La sineresi

Se due vocali all’interno della parola non formano un dittongo, di solito vengono contate come due sillabe, ma il poeta ha la facoltà di applicare la figura metrica, detta “sineresi”, facendole così figurare come un’unica sillaba. Es. nell’endecasillabo “Or fea ronzar per l’aer un lento dardo” – A. Poliziano)

L’unione, in fine di parola e nell’interno del verso, di due vocali della quali la prima sia la “i”, la “u” o la “e”, in posizione tonica (come “mio”, “tuo”, “reo), viene considerata come un dittongo, cioè con valore di una sola sillaba anche se a volte, i poeti preferiscono ricorrere alla dieresi: es. “e Roma guarda come süo speglio” – (Dante, Divina Commedio, Inferno canto XIV, v. 105). Tuttavia, è assai raro che i poeti adoperino la sineresi con parole come: beato, leone, soave, poeta, aereo, cioè quando la seconda parte del dittongo porta l’accento ed è preceduta da “a”, “e” oppure “o”.

L’elisione e la dialefe

Può succedere che all’interno del verso siano continue perché una è, la fine di una parola e l’altro l’inizio della parola che segue.. In questo caso, si ha la fusione delle due vocali in una sola sillaba. Questa figura retorica si chiama “elisione”, come succede nella seguente terzina di G. Pascoli, tratta dalla poesia I due fanciulli:
Dopo breve ora, tacita pian piano,(endecasillabo)
venne la madre ed esplorò col lume (endecasillabo)
velato un poco dalla rosea mano.(endecasillabo)
Può anche succedere che il poeta preferisca non operare l’elisione e considerare le due vocali come due sillabe distinte. IN questo caso abbiamo la figura metrica chiamata “iato” o “dialefe”. Raramente i poeti ricorrono alla dialefe se le due vocali sono entrambe in posizione atona o lo è soltanto la seconda. Invece, è frequente se entrambe le vocali sono in posizione tonica. Es. tratto da G. Carducci, Davanti a San Guido “Né / io sono per anche un manzoniano.
Da segnalare che anche l’incontro di tre vocali può dar luogo ad una fusione. Esempio tratto da G. Carducci: “Primavera io ritorno ed a’ tuoi canti.”

Domande da interrogazione

  1. Quali sono i principali tipi di versi in base al numero di sillabe?
  2. I versi si classificano in base al numero di sillabe: trisillabo (3 sillabe), endecasillabo (11 sillabe), decasillabo (10 sillabe), e dodecasillabo (12 sillabe).

  3. Come influisce l'accento tonico sul conteggio delle sillabe di un verso?
  4. L'accento tonico dell'ultima parola determina il conteggio delle sillabe: un verso piano termina con una parola piana, un verso tronco con una parola tronca, e un verso sdrucciolo con una parola sdrucciola, influenzando il numero totale di sillabe.

  5. Cos'è la dieresi e quando viene utilizzata?
  6. La dieresi è una figura metrica che separa due vocali consecutive in due sillabe distinte, usata quando il poeta decide di non considerarle come dittongo.

  7. Qual è la differenza tra elisione e dialefe?
  8. L'elisione fonde due vocali consecutive in una sola sillaba, mentre la dialefe le mantiene separate come due sillabe distinte, spesso usata quando entrambe le vocali sono toniche.

  9. Quando non è ammessa la dieresi nei dittonghi?
  10. La dieresi non è ammessa nei dittonghi mobili come "iè" e "uò", nei dittonghi derivati da gruppi consonantici latini, e quando la "u" ha valore di semiconsonante.

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