Concetti Chiave
- Re Claudio governava con generosità e benevolenza, ma soffriva per la lontananza dalla sua famiglia.
- Ogni sera, il re conversava con la luna, confidandole la sua solitudine e tristezza.
- Il re intraprende un viaggio nel bosco alla ricerca del falegname degli occhi per ottenere una nuova visione della felicità.
- Lungo il percorso, incontra diversi personaggi che lo aiutano a comprendere il vero desiderio del suo cuore.
- Alla fine, Claudio capisce che la felicità deriva dall'apprezzare ciò che si possiede e non inseguire desideri irraggiungibili.
La leggenda di Re Claudio
C'era una volta, in un paese lontano, un re molto giovane di nome Claudio. Per regnare sul suo impero era stato costretto ad abbandonare la propria terra d'origine e la propria famiglia e questo lo faceva soffrire molto. Tuttavia regnava con una tale generosità e benevolenza da essere denominato dai suoi sudditi il Re buono: egli faceva tutto ciò che era in suo potere per soddisfare le esigenze degli abitanti del regno, i quali erano a loro volta contenti del loro buon re e non sospettavano che in un cuore così grande e colmo d'amore si celasse anche una così grande tristezza.Quando il giorno volgeva al termine, le incombenze erano state svolte e i doveri di rappresentanza onorati, il re Claudio si chiudeva nelle sue stanze, apriva una delle smisurate finestre che davano sui giardini fioriti, alzava gli occhi al cielo e in questo modo parlava alla luna:
"Ecco, un'altra giornata della mia vita è trascorsa, cara amica."
"Neanche di questa sei contento, mio buon Re?" chiese la luna.
"Neanche di questa", rispose il re mestamente.
"Mi dispiace molto per te. Sembri davvero molto triste."
"Lo sono", ammise e iniziò a piangere sommessamente. Quando terminò si asciugò gli occhi e disse:
"Grazie per essermi stata vicina, amica mia, ancora una volta!"
"Grazie a te, Re buono, per avermi confidato il tuo dolore. La maggior parte degli uomini è dimentica della mia esistenza e, nonostante la sera alzi più volte gli occhi al cielo, finge di non vedermi. Tu, invece, mi dimostri ogni sera la tua fiducia."
"Sono solo a regnare su un paese che è in guerra con quello in cui sono nato. Non posso incontrare la mia famiglia e tutto questo mi rende molto triste. Ma anche tu sembri sentirti molto sola lassù", disse il Re buono dopo qualche attimo di riflessione."Eppure ci son tante stelle a farti compagnia."
"Non tutto quello che appare vero dalla terra è reale quassù", lo ammonì la luna.
"Cosa vuoi dire? Non sono tue compagne le stelle?"
"Le stelle sono senza dubbio compagne tra di loro, ma io sono di natura diversa, io sono la luna. Sono circondata da milioni di stelle, ma in realtà sono sola."
Il Re buono rimase a lungo in silenzio.
"Allora mi dispiace per te, luna", disse. "Spero che presto accada qualcosa che ti faccia sentire meno sola."
"Grazie mio buon Re e buonanotte."
Il Re buono si mise a dormire nel suo letto sontuoso, dalle coperte di lana pregiata, dalle lenzuola di seta ricercata e con tanto freddo nel cuore.
Trascorse un altro giorno e un altro ancora e così un mese e un anno. Ogni sera il Re buono parlava alla sua luna, le confidava piangendo tutta la sua solitudine.
Una sera, rivolgendosi alla sua amica celeste, il Re buono disse:
"Stasera le stelle sono più luminose del solito, ti fanno compagnia?"
"Non direi, stanno solo dando una festa."
"Beh, le feste sono belle!" disse il Re buono " A te non piacciono?"
"No, se non c'è chi ti può far stare bene."
"Oh, mi dispiace che non ci sia la compagnia adatta; e, dimmi, chi ti farebbe stare bene?"
"Un altro essere come me, naturalmente."
"Vuoi dire...un'altra luna?
"Beh, sì", ammise la luna.
"Ma...questo non è possibile!", sbottò il Re buono "La luna è una sola"
"È proprio per questo che sono triste"
"Mi dispiace", concluse il Re buono "Non credo che ci sia soluzione per la tua tristezza."
"Non tutto quello che appare reale, lo è davvero, mio buon amico", rispose la luna.
Il re rimase a lungo in silenzio poi chiese:
"Cosa vuoi dire esattamente?"
"Spesso non vediamo quello che abbiamo proprio davanti ai nostri occhi così sprechiamo le poche occasioni che ci vengono date per essere felici. Io stessa tanto tempo fa non ho saputo guardare bene quello che mi offriva questo infinito universo luminoso e ora eccomi qui a piangere per la mia stoltezza e per la mia superbia."
"Oh, raccontami, dolce amica mia, cosa è accaduto?"
"Non voglio amareggiarti ancora di più, narrandoti della mia sventura, ma ti racconterò con poche parole quanto sono stata cieca e sorda davanti alla generosità dell'universo. Un tempo la sottoscritta non era l'unica luna esistente. Ce n'era un'altra tanto simile a me che persino le stelle non riuscivano a distinguerla. Colui che regola le leggi dell'universo decretò che per non creare squilibri nel cielo e tanto meno sulla terra tra gli uomini, avremmo dovuto esibirci, come regine della notte, una volta per ciascuno, una sera lei e la seguente io. Di giorno, mentre il nostro amico sole fosse stato alto in cielo, io e l'altra luna avremmo potuto trascorrere del tempo insieme come due sorelle. Ma io ero troppo giovane per comprendere l'importanza di una compagna nella mia vita ed il mio cuore piuttosto che cedere alle suppliche di un'amica sincera, si lasciò guidare dalla superbia e dall'alterigia. Così, un giorno la scacciai via, insultandola.
Solo ora capisco quanto mi sia ingannata, ora infatti è tutto chiaro: colui che regola le leggi dell'universo mi aveva concesso l'occasione di essere felice facendo del bene anche a chi mi era vicino, ma i miei occhi piuttosto che vedere ciò che la vita mi offriva erano accecati dalla brama di onnipotenza. Da allora sono rimasta sola. Oggi la giovinezza è ormai sfumata e con lei la mia bellezza, e ora che la saggezza ha preso il posto della gelosia, non so cosa darei per avere accanto un'amica sincera".
La luna tacque, visibilmente turbata, mentre il Re buono restava in silenzio riflettendo sulle parole.
"Quanto è triste la tua storia, amica mia! Di certo, saresti dovuta essere meno cieca, ma dimmi, come avrebbero potuto i tuoi occhi vedere il giusto?" chiese il Re, pensando alla propria infinita tristezza.
"Mi dispiace, ma non ho la risposta a questo quesito. Se pensi, però, che anche i tuoi occhi si stiano ingannando io conosco chi potrebbe fabbricare per te degli occhi nuovi che ti aiutino a ritrovare la felicità."
"Davvero?", chiese il Re buono, stupito.
"Certo" rispose la luna "Devi andare nel bosco e chiedere del falegname degli occhi. Non sarà difficile trovarlo, lo conoscono in molti"
Il Re buono ammutolì, pensando a tutti quelli che avevano trovato la felicità grazie al falegname degli occhi, mentre lui non ne sospettava neppure l’esistenza.
Decise che il giorno dopo si sarebbe inoltrato nel bosco.
Così il giorno seguente, dopo aver dato disposizioni ai propri cortigiani riguardo ai suoi impegni regali, si inoltrò da solo nel fitto bosco che si estendeva ai piedi del suo maestoso castello. Camminò a lungo senza incontrare alcuno, poi improvvisamente s'imbatté in una vecchia cascina a tal punto malandata da sembrare abbandonata. Bussò alla porta, ma non ebbe risposta.
Ad un tratto fu attratto da un rumore simile a dei colpi d'ascia, provenienti dal retro della cascina e seguendo quel richiamo vide un uomo robusto intento a spaccare con un'ascia un tronco d'albero.
"Buongiorno", salutò il Re.
"Buongiorno", rispose l' uomo interrompendo il suo lavoro, "hai bisogno di un paio di occhi nuovi?"
Il Re rimase per qualche secondo in silenzio, poi rispose:
"Be', in effetti sì".
"Va bene", rispose il falegname, "ma prima devo farti una domanda."
"Chiedi pure", acconsentì il Re.
"Cos'hanno che non va i tuoi occhi?"
Il Re ci pensò su qualche istante e poi rispose:
"Vedono cose che mi fanno soffrire."
"Va bene", acconsentì il falegname, "stasera stessa avrai degli occhi nuovi, ma devo essere certo che tu sia del tutto pulito."
Il Re non capiva cosa volesse dire quell'uomo:
"Pulito...da cosa?" chiese.
"Te lo spiegherà la lavandaia", rispose con naturalezza il falegname. "Vacci subito, non ama starsene a lungo fuori casa. La troverai presso il ruscello"
Il Re s'incamminò pensieroso. In poco tempo trovò il ruscello e ben presto vide in lontananza una piccola donna vestita di bianco con un lungo foulard rosso attorno ai capelli. La raggiunse.
"Buongiorno", la salutò.
La donna, piegata in due a lavare dei panni sporchi, alzò il viso:
"Buongiorno", rispose e attese in silenzio. Il Re buono allora riprese:
"Ho bisogno di due occhi nuovi, ma il falegname di occhi non li fabbricherà fino a quando non sarò del tutto pulito."
"Bene", disse la donna con fare serio "Io ho quantità necessaria di sapone per renderti lindo e candido come una colomba bianca."
Il Re buono, sempre più confuso, diede un occhiata ai propri abiti regali di stoffa pregiata:
"Ma i miei vestiti sono già puliti."
"Non mi riferisco certo ai tuoi vestiti", rise la donna, "ma al tuo dolore."
Il Re rimase sbalordito e non disse nulla. La donna continuò:
"Prima, però, devi portarmi le buone qualità. Quelle sì, serviranno a tenerti al caldo come dei vestiti di ottima fattura quando sarai del tutto pulito."
"E dove mai potrei trovarle?" chiese il Re buono.
“Il fornaio del paese le sforna fresche fresche ogni giorno. Affrettati, le qualità migliori sono le prime ad esaurirsi" e così dicendo la donna riprese a lavare i panni sporchi nell' acqua facendo sventolare al vento il fazzoletto rosso.
Il Re s'incamminò alla volta del paese e una volta giunto trovò facilmente la casa del fornaio. Si accinse a bussare, ma si bloccò di colpo assalito da un delicato profumo che proveniva dall'interno dell'abitazione. Chiuse gli occhi e inspirò profondamente quell'aria profumata e improvvisamente sentì un forte sentimento di benessere e felicità serpeggiare per tutto il corpo. Sensazioni carezzevoli lo cullarono come dolci ninnenanne e si era quasi dimenticato del perché fosse lì quando di colpo la porta si aprì e sull'uscio apparve il fornaio con un grosso cappello bianco sul capo.
Il Re aprì gli occhi stupefatto.
"Buongiorno", lo salutò il fornaio con un grosso sorriso.
"Buongiorno", rispose il Re pieno di buon umore. "Son qui per prendere le qualità buone da portare alla lavandaia che mi renderà pulito affinché il falegname possa darmi degli occhi nuovi."
"Entra pure", acconsentì il fornaio, "potrai scegliere tu stesso"
Il Re entrò e rimase colpito da ciò che vide: su un tavolo posto al centro della stanza erano disposti numerosi cesti colmi di pagnotte di diverse forme e dimensioni. Da quei cesti emanavano profumi di differenti fragranze, tutti delicati e raffinati.
"Ognuna di queste pagnotte nutrirà la tua anima", disse il fornaio risvegliando il Re dal suo stupore.
"Scegli quelle che vuoi mangiare."
Il Re sempre più sbalordito si avvicinò al tavolo e lasciandosi guidare da quei profumi scelse cinque pagnotte.
"Ben fatto", esclamò il fornaio con un largo sorriso e, poiché non aggiunse altro, il Re chiese fra il confuso e il timoroso:
"Ma...posso mangiarle?"
"Oh certo che no!" si affrettò a rispondere il fornaio. "Devi recarti subito dal signor pescatore. Solo lui potrà dirti quando potrai mangiare le pagnotte."
"Il signor pescatore? E come posso raggiungerlo?"
"Segui il ruscello. Non puoi sbagliare strada."
E così il Re si mise nuovamente in cammino. Seguì il ruscello e l'acqua limpida lo portò dritto dritto da un uomo anziano curvo sotto sulla sua canna da pesca.
"Buongiorno, signor pescatore", disse il Re quando fu vicino.
Il vecchio sollevò il capo e guardò il Re mostrando due rugosi occhi celesti.
"Buongiorno. Vedo che hai con te le pagnotte", osservò, e dopo qualche istante aggiunse: "Hai scelto bene!"
Il Re non rispose, sempre più confuso, e il vecchio pescatore continuò:
"Siedi vicino a me...ecco prendi pure la canna, lo sai, vero, cosa stiamo pescando?"
Il Re seduto accanto al vecchio con la canna immersa nell' acqua limpida e immobile del ruscello gli rivolse un'occhiata interrogativa e in tono poco convinto rispose:
"Pesci?"
Il vecchio cominciò a ridere forte finché non ne ebbe abbastanza, poi improvvisamente si fece serio:
"Desideri", disse in tono solenne, "noi peschiamo desideri."
Un profondo silenzio seguì quelle parole.
Alla fine il Re buono chiese:
"I desideri di chi?"
"Di colui che pesca" rispose il vecchio indicando la canna che il Re buono stringeva con entrambe le mani.
Proprio in quel momento la lenza iniziò a tirare forte. Il Re, all'inizio spaventato, si alzò e puntò i piedi per fare resistenza a qualunque cosa avesse abboccato.
"È un desiderio molto forte", osservò il vecchio.
Infine la canna non si mosse più, il Re buono lasciò la presa e cadde a terra, esausto.
"Bene", disse il vecchio pescatore "ora puoi tirare su."
Il Re buono fece ciò che gli aveva detto il pescatore e iniziò lentamente a tirar su la lenza. Era così facile che pareva proprio che non ci fosse nulla attaccato all'amo e per questo fu grande lo stupore del Re buono nel vedere cosa venne fuori ad un certo punto dall'acqua: agganciato saldamente all'amo c'era un enorme scrigno di legno chiuso da un lucchetto d'oro.
Nella meraviglia inaspettata il Re buono restò immobile a fissare quell'oggetto che dondolava a mezz'aria attaccato all'amo, finché il pescatore si alzò, liberò delicatamente lo scrigno dalla lenza e glielo porse.
"È tuo", disse. "Prendilo e torna dal falegname."
"Ma...che deve farne?", chiese il re.
"Lui nulla. Servirà a te lungo il tragitto. Lo scrigno custodisce il desiderio che il destino ti ha donato; ognuno di noi ne possiede uno al quale non può rinunciare. Mentre mangerai le pagnotte sulla strada del ritorno il lucchetto d'oro dello scrigno potrebbe lampeggiare, se lo farà vorrà dire che le qualità che hai scelto sono quelle giuste per il tuo desiderio; dopo che la lavandaia ti avrà reso pulito, il lucchetto d'oro potrebbe nuovamente lampeggiare e se succederà vorrà dire che la sofferenza sarà stata del tutto rimossa dal tuo cuore. Una volta giunto alla cascina, quando il falegname ti verrà incontro e ti consegnerà gli occhi nuovi, il lucchetto d'oro potrebbe lampeggiare ancora, ma fai attenzione perche se così sarà allora vorrà dire che il desiderio che hai nel cuore è esattamente lo stesso che è custodito nel tuo scrigno e quindi a nulla serviranno gli occhi nuovi poiché quelli vecchi hanno già visto il giusto desiderio per te."
Il Re restò quasi senza fiato a quelle parole. Voleva ribattere, ma il pescatore lo precedette.
"Buona fortuna", disse posandogli una mano sulla spalla e, presa la sua canna, sedette sull'erba e riprese a pescare.
Il Re buono pensò che non avrebbe mai dimenticato l'azzurro intense di quegli occhi.
Si mise in cammino e pian pian mangiò le sue pagnotte. Improvvisamente il lucchetto lampeggiò:
"Ho scelto le qualità giuste!" esultò dentro di sé il Re buono.
Dopo un lungo cammino giunse presso la sponda del ruscello dove la lavandaia era ancora intenta a mondare i panni sporchi.
"Oh, ben tornato", lo salutò la donna di buon umore. "Immergiti pure nell'acqua e non temere per i tuoi abiti, non si bagneranno neppure."
Il Re fece quello che la donna le aveva detto e quando fu nel ruscello con l'acqua fin sotto il mento sentì una sensazione di refrigerante benessere che non aveva mai provato prima di allora. Improvvisamente sott'acqua tra le sue mani qualcosa lampeggiò: era il lucchetto dello scrigno.
Quando uscì dal ruscello il Re constatò che i suoi vestiti erano ancora asciutti, ma ciò che lo colpì maggiormente fu la sensazione di candore e leggerezza che avvertì in fondo al cuore.
"Non era piccola la sofferenza che affliggeva il tuo animo, mio Re, ma di certo ora non c'è più dolore dentro di te. Va' pure, il falegname ti sta aspettando."
Il Re buono si mise nuovamente in cammino alla volta della cascina del falegname; quando vi giunse il sole era del tutto tramontato; la notte era scesa silenziosa e sola la luna, alta in cielo, contrastava luminosa tutta quell'oscurità. Il Re non poté fare a meno di pensare alla sua dolce amica, a quanto fosse stata cara a parlargli del falegname di occhi e, fissando lo sguardo su di lei, desiderò ardentemente parlarle, dirle che il suo viaggio stava per terminare e che presto avrebbe avuto degli occhi nuovi e non avrebbe sofferto mai più. Ad un tratto ricordò che la sua cara amica soffriva molto lì sola nell'infinito cielo scuro e desiderò ardentemente che anche il suo cuore non patisse più quell'immensa solitudine. Proprio in quel momento gli venne incontro il falegname con due bellissimi occhi di legno, ma appena fu vicino al Re si fermò fissando lo scrigno che egli teneva tra le mani.
Anche il Re abbassò lo sguardo sullo scrigno e vide con stupore che il lucchetto d'oro lampeggiava
Il Re non sapeva cosa rispondere e balbettò: "Ma...non capisco...non è alla mia famiglia che stavo pensando or ora…il lucchetto…"
"Lampeggia", finì per lui il falegname, "inconsciamente hai desiderato ciò che ti sta più a cuore, ma perché sei tanto sorpreso?"
“Perché non ho desiderato di ritrovare la mia famiglia, di incontrare i miei fratelli e le mie sorelle la cui lontananza mi fa soffrire?"
"Pensi che sia la loro assenza a farti soffrire, ma è evidente che non è così. Non ha a che fare con loro ciò che desideri realmente."
"E cosa desidero realmente?"
"Proprio ciò che hai bramato poco fa."
Il Re buono ripensò alla sua amica luna.
"Ma...se non è la presenza della mia famiglia che desidero allora perché soffro tanto per la loro assenza? "
"Spesso gli uomini sono infelici non perché non hanno ciò che desiderano, ma perché desiderano cose sbagliate. Il segreto della felicità è nel desiderare la cosa giusta per se stessi e per la propria vita. Sai, non sempre ciò che ci sembra vero in effetti lo è."
Improvvisamente il Re buono ripensò a quello che gli aveva confidato la sua amica luna: le parole del falegname erano così tanto simili alle sue.
"Ecco, questi occhi nuovi ti hanno fatto vedere ciò che realmente desidera il tuo cuore. Ora fai silenzio intorno a te; ascolta bene il desiderio custodito nel tuo cuore e poi...dimenticalo! Fa' finta per un attimo che non esista. Stringi forte questi occhi e guarda ciò che hai davanti, la realtà che il destino ti ha dato così come essa si presenta, senza desiderarla differente da quella che vedi. E ora ripensa al tuo desiderio e sottovoce digli questo: aspetta ancora un po', fammi guardare bene, da qui devo partire per raggiungerti, senza scorciatoie, senza scappatoie, ma soltanto seguendo la strada maestra. Vedrai che non soffrirai più. Questi", concluse il falegname stringendo gli occhi nuovi di zecca, "non ti servono più: hai visto già tutto quello che dovevi vedere."
Il Re tornò al castello senza gli occhi nuovi, ma pieno di speranza e l'unica cosa che gli importava era raccontare ogni cosa alla sua amica luna.
Giunto nelle sue stanze spalancò la finestra e la vide alta in cielo, più bella e luminosa che mai.
"Bentornato, mio buon Re", lo salutò la luna, "hai avuto i tuoi nuovi occhi?"
"Cara amica, i miei occhi vedono benissimo e non ho bisogno di occhi nuovi. Tuttavia, ti sarò grato per sempre: ho capito grazie a te che nella vita bisogna cominciare da ciò che si possiede e non da ciò che non ci appartiene. Così ora so di avere un'amica sincera disposta ad ascoltare le mie pene. Allo stesso modo io son qui per te, cara luna: se lo vorrai potrò provare a darti quella compagnia che tanto ti manca lassù nel cielo."
Da quel giorno la luna prese a confidare le sue gioie e i suoi timori più riposti al Re buono e pian piano non fu più sola, mentre il Re trovò una dolce amica cui raccontare della propria infanzia, dei giochi che faceva da bambino con i fratelli, degli abbracci affettuosi delle sorelle e, attraverso quei racconti, aveva come l'impressione di sentire la propria famiglia stretta stretta intorno a lui.
E questa è la fine della storia.
La storia del Re buono.
La mia storia, invece, prende inizio da qui, dalla mia semplice e meravigliosa vita e racconta di due occhi dolci di bambino che mi guarda a bocca aperta quando gli racconto dei giardini d'infanzia, dei giochi e dei miei sogni di bambina, spesso mentre ammiriamo insieme il cielo ad una finestra e spesso nelle sere di luna piena.
Domande da interrogazione
- Chi era il re protagonista della storia?
- Perché il re Claudio era triste?
- Cosa faceva il re Claudio ogni sera?
- Cosa cercava il re Claudio nel bosco?
- Cosa ha imparato il re Claudio alla fine della storia?
Il re protagonista della storia si chiamava Claudio.
Il re Claudio era triste perché era costretto a regnare su un paese lontano dalla sua famiglia.
Ogni sera, il re Claudio si chiudeva nelle sue stanze, apriva una finestra e parlava alla luna.
Il re Claudio cercava il falegname degli occhi nel bosco.
Alla fine della storia, il re Claudio ha imparato che bisogna cominciare da ciò che si possiede e non da ciò che non si ha.