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Funzioni a due variabili - Soluzioni Pag. 1
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Estratto del documento

R Z}

Continuità in 0: utilizziamo la disuguaglianza |senx| ≤ |x|

vera per tutti gli x, e la disuguaglianza |senx| ≥ c|x| |senx| ≥

vera per una qualunque fissata costante c < 1 purché x sia sufficientemente vicino a 0 (ad esempio

|x| ≤

2|x|/π è vera per tutti gli x tali che π/2). Possiamo scrivere allora, per (x, y) vicino all’origine,

α α

α |xy| |xy|

|xy| 1 2α−2

≤ ≤ ≤ r

2 2 2 2 2 2 2 2 2

(senx) + 2(seny) c (x + 2y ) c (x + y ) c

→ → ≤ ≤

e quindi vediamo subito che f 0 quando (x, y) 0 non appena α > 1. Se invece 0 α 1 otteniamo,

sui punti del tipo (x, x) 2α

|x|

f (x, x) = 2

3(senx)

che non tende a 0 quando x 0 (infatti tende a 1/3 per α = 1, e tende a +∞ per α < 1). In conclusione f

è continua in 0 se e solo se α > 1.

Derivabilità in 0: se α > 0, abbiamo f (x, 0) = f (0, y) = 0 per tutti gli x, y vicini a 0, quindi i rapporti

incrementali nell’origine sono entrambi identicamente nulli e la funzione è derivabile in (0, 0) con

D f (0, 0) = D f (0, 0) = 0.

1 2

6

Invece quando α = 0 la funzione diventa (per (x, y) = (0, 0))

1

f (x, y) = 2 2

(senx) + 2(seny)

che non può essere derivabile né rispetto a x né rispetto a y (perché?). ≡

Differenziabilità in 0: se esiste, il differenziale in 0 deve essere L = df (0, 0) 0 dato che le derivate parziali

sono nulle. Si tratta allora di capire quando è vero che

− −

f (h, k) f (0, 0) L(h, k) f (h, k)

≡ lim = 0.

lim |(h, |(h,

k)| k)|

(h,k)→0 (h,k)→0

√ 2 2

Scrivendo esplicitamente l’espressione (|(h, k)| = h + k ), vogliamo sapere per quali valori di α si ha

α

|hk| 1

√ = 0.

lim 2 2

(senh) + 2(senk) 2 2

h + k

(h,k)→0

Come prima, possiamo scrivere subito α

|hk| 1 1 2α−3

√ ≤ r

2 2 2

(senh) + 2(senk) c

2 2

h + k

1

2 2 2

dato che h + k = r. Quindi per α > 3/2 il limite è zero e la funzione è differenziabile nell’origine. Se

≤ ≤

invece 0 α 3/2, proviamo a fare il limite per punti del tipo (h, h); l’espressione precedente diventa

2

2α |h|

|h| 1 2α−3

|h|

=

2 2

|h|

3(senh) 3(senh) ≤ ≤

ed esattamente come prima vediamo che il limite non è zero se 0 α 3/2, quindi la funzione non è

differenziabile in 0 per tali valori del parametro.

2

§ →

– 2) (i) Siano f, φ, g : tre funzioni, supponiamo che f e g siano differenziabili nell’origine 0 con

R R ≤ ≤

f (0) = g(0), e che si abbia f (x, y) φ(x, y) g(x, y) per tutti gli (x, y). Dimostrare che allora anche φ è

differenziabile in 0 e che df (0) = dφ(0) = dg(0).

n →

(ii) Siano f, g : due funzioni, f differenziabile nel punto 0 con f (0) = 0, g soltanto continua.

R R

Dimostrare che il prodotto f (x)g(x) è differenziabile in 0 e d(f g)(0) = g(0)df (0).

(i) Anzitutto la funzione u = g f non è mai negativa e vale zero in 0, cioè ha un minimo in 0. Quindi la

funzione u(x, 0) ha un minimo per x = 0 ed essendo u derivabile otteniamo D u(0, 0) = 0 = D g(0)−D f (0).

1 1 1

Analogamente studiando u(0, y) otteniamo D u(0, 0) = 0 = D g(0) D f (0). Quindi f e g hanno lo stesso

2 2 2

gradiente nell’origine ed essendo esse differenziabili i loro differenziali coincidono in 0: df (0) = dg(0) = L.

Dimostriamo infine che L è anche il differenziale di φ: infatti si ha

− − − −

− − φ(h, k) φ(0, 0) L(h, k) g(h, k) g(0, 0) L(h, k)

f (h, k) f (0, 0) L(h, k) ≤ ≤

|(h, |(h, |(h,

k)| k)| k)| →

(notare che f (0) = φ(0) = g(0)) e dato che il primo e l’ultimo termine tendono a 0 per (h, k) 0, ne segue

che anche il termine centrale tende a zero ossia la tesi.

(ii) Sia L il differenziale di f nell’origine. L’esercizio chiede di dimostrare che g(0)L è il differenziale di f g

nell’origine, ossia che il rapporto

− − −

(f g)(h, k) (f g)(0, 0) g(0)L(h, k) (f g)(h, k) g(0) L(h, k)

|(h, |(h,

k)| k)|

Riscriviamo il tutto come somma di due termini:

− f (h, k) L(h, k) L(h, k)

(f g)(h, k) g(0) L(h, k) −

= g(h, k) + (g(h, k) g(0)) = I + II.

|(h, |(h, |(h,

k)| k)| k)|

Il termine I tende a zero perché g(h, k) g(0) (g è continua) mentre

f (h, k) L(h, k)

lim =0

|(h, k)|

(h,k)→0 −

dato che L è il differenziale di f in 0. Nel secondo termine II il fattore g(h, k) g(0) tende a zero dato che

g è continua; quindi basta dimostrare che il fattore L(h, k)/|(h, k)| è limitato. Ma questo è evidente perché

L(h, k) h k

= D f (0) + D f (0)

1 2

|(h, |(h, |(h,

k)| k)| k)|

da cui |L(h, k)| ≤ |D |D

f (0)| + f (0)|

1 2

|(h, k)|

e quindi anche il termine II tende a zero.

2

© → →

– 3) Siano u, v : due funzioni. Possiamo allora definire una funzione f : ponendo

R R C C

f (z) = f (x + iy) = u(x, y) + iv(x, y). Dimostrare che se esiste il limite in z = x + iy

0 0 0

f (z) f (z )

0

0

f (z ) = lim

0 −

z z

z→z 0

0

allora le due funzioni sono derivabili nel punto (x , y ) e devono valere le relazioni di Cauchy-Riemann nel

0 0

punto (x , y ), ossia

0 0 −D

D u(x , y ) = D v(x , y ), D u(x , y ) = v(x , y ).

1 0 0 2 0 0 2 0 0 1 0 0

Il limite non dipende dal modo in cui la variabile z = x + iy tende al punto x + iy . Ad esempio possiamo

0 0

considerare punti del tipo →

z = x + iy = (x + h) + iy , h 0

0 0 3

(h reale) e allora otteniamo −

− f (x + h + iy ) f (x + iy )

f (x + h + iy ) f (x + iy ) 0 0 0 0

0 0 0 0

0 = lim .

f (z ) = lim

0 −

(x + h) + iy (x + iy ) h

h→0

h→0 0 0 0 0

Dire che questo limite (di numeri complessi!) esiste equivale a dire che esistono i limiti sia della parte reale

che della parte immaginaria. Allora se prendiamo la parte reale otteniamo (ricordando che f = u + iv)

u(x + h, y ) u(x , y )

0 0 0 0

0 ≡

Re f (z ) = lim D u(x , y )

0 1 0 0

h

h→0

mentre se prendiamo la parte immaginaria otteniamo −

v(x + h, y ) v(x , y )

0 0 0 0

0 ≡ D v(x , y )

Im f (z ) = lim 1 0 0

0 h

h→0

Ora invece scegliamo di avvicinare la variabile z al punto z nel modo seguente:

0 →

z = x + iy = x + i(y + h), h 0

0 0

e stavolta si ha −

− f (x + h + iy ) f (x + iy )

f (x + iy + ih) f (x + iy ) 0 0 0 0

0 0 0 0

0 = lim .

f (z ) = lim

0 −

x + iy (x + iy + ih) ih

h→0

h→0 0 0 0 0

Attenzione alla differenza: adesso c’è i a denominatore quindi

− − −

f (x + iy + ih) f (x + iy ) u(x , y + h) u(x , y ) v(x , y + h) v(x , y )

0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0

−i

= +

ih h h

Prendendo la parte reale otteniamo −

v(x , y + h) v(x , y )

0 0 0 0

0 ≡

Re f (z ) = lim D v(x , y )

0 2 0 0

h

h→0

mentre se prendiamo la parte immaginaria otteniamo −

u(x , y + h) u(x , y )

0 0 0 0

0 − ≡ −D

Im f (z ) = lim u(x , y )

0 2 0 0

h

h→0

Uguagliando i due risultati otteniamo finalmente 0

D u(x , y ) = Re f (z ) = D v(x , y )

1 0 0 0 2 0 0

e 0 −D

D v(x , y ) = Im f (z ) = u(x , y ).

1 0 0 0 2 0 0

n n

§ \ {0} → ∈ \ {0}

– 4) Una funzione f : si dice positivamente omogenea di grado α se per ogni x

R R R

α

e per ogni t > 0 si ha f (tx) = t f (x). Dimostrare il Teorema di Eulero: sia f differenziabile, allora f è

· 6

positivamente omogenea di grado α se e solo se x Df (x) = αf (x) per ogni x = 0.

Sia f positivamente omogenea. Allora derivando l’identità

α

f (tx) = t f (x)

rispetto a t otteniamo α−1

· · ·

x D f (tx) + + x D f (tx) = αt f (x)

1 1 n n

e scegliendo t = 1 otteniamo la tesi. (Notare che questo vale anche per α = 0).

·

Viceversa, supponiamo che valga l’identità x Df (x) = αf (x), e consideriamo la funzione

f (tx) −α

φ(t) = = t f (tx)

α

t

6 6

per un x = 0 fissato. La funzione è chiaramente ben definita e derivabile per t = 0, e la sua derivata è

0 −α−1 −α

−αt ·

φ (t) = f (tx) + t x Df (tx) −1

ma l’identità x·Df (x) = αf (x) implica che (tx)·Df (tx) = αf (tx) ossia x·Df (tx) = t αf (tx), e sostituendo

0 −α−1 −α −1

−αt ≡

φ (t) = f (tx) + t t αf (tx) 0.

Ne segue che la funzione è costante: φ(t) = φ(1) cioè

f (tx) = f (x).

α

t

4 2

©– 5) Determinare, se esiste, a in tale che sia continua su la funzione

R R

( sen(y−sen(x)) se y > sen(x)

y−sen(x) −1

e

f (x, y) = ≤

a se y sen(x)

Gli unici punti nei quali la funzione può non essere continua sono i punti sul grafico della funzione y = sen(x).

→ ≤

Dal momento che se (x, y) (x , sen(x )) con y sen(x), il limite vale a, non resta che calcolare

0 0 −

sen(y sen(x))

lim .

y−sen(x) −

e 1

(x,y)→(x ,sen(x )) ,y>sen(x)

0 0

Con la sostituzione z = y sen(x), si tratta di calcolare

sen(z)

lim = 1 ,

z −

e 1

+

z→0

e quindi a = 1. 2

© – 6) Studiare continuità, derivabilità e differenziabilità in della funzione

R

( 3

x se y < x

f (x, y) = 3

y se y x 3

Ragionando come nell’esercizio precedente, gli unici problemi si hanno per i punti (x, y) sulla curva y = x .

Usando la definizione di f , si ha 30

lim f (x, y) = x , lim f (x, y) = x ,

0

30 30

3 3

(x,y)→(x ,x ,y<x ) (x,y)→(x ,x ,y≥x )

0 0

−1),

e quindi f è continua solo in (−1, (0, 0) e (1, 1). Per quanto riguarda la derivabilità, è facile verificare

3

che in nessun punto della curva y = x esistono le derivate parziali, e quindi f è derivabile solo fuori da tale

curva. Là dove è derivabile, è anche differenziabile (le derivate) parziali sono continue.

2

©§ – 7) Dimostrare che sono definite e differenziabili su le funzioni

R 2

y y −

Z Z

sen(t) 1 cos(

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Publisher
A.A. 2010-2011
6 pagine
SSD Scienze matematiche e informatiche MAT/05 Analisi matematica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Jacko di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Analisi Matematica II e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof D'Ancona Piero.