Versione originale in latino
Apud Aesopum et Phaedrum, claros poetas antiquos, hanc fabulam legere possumus. Olim corvus in excelsa arbore considebat ut caseum, quem de fenestra subduxerat, otiose manducaret. Accessit ad arborem vulpes, cuius calliditas omnibus nota est; corvum vidit et fraudem excogitavit ut caseum subtraheret. Itaque blandis verbis avem temptavit: "Nulla avis inquit tibi similis est, coeve, nulla avis venustate te vincit. Qualis tuarum pennarum est nitor! Haud dubie quoque vox tua par est pennarum tuarum pulchritudini!". Tum corvus, stultus, vulpis laudibus inflatus, os aperuit ut vocem suam ostenderet, at simul ore caseum emisit, quem celeriter dolosa vulpes avidis dentibus rapuit devoravitque. Tum corvus deceptus stuporer ingemuit.
Traduzione all'italiano
Da Esopo e Fedro, antichi poeti famosi, possiamo leggere questa favola. Una volta un corvo sedeva su un alto albero per mangiare senza preoccupazioni un pezzo di formaggio, che aveva rubato da una finestra. Si avvicinò all'albero una volpe, la cui astuzia è nota a tutti, vide il corvo ed escogitò un inganno per sottrargli il pezzo di formaggio. E così tentò l'uccello con blande parole: "Nessun uccello disse è simile a te, o corvo, nessun uccello ti vince in bellezza. Come sono splendite le tue ali! Senza ombra di dubbio anche la tua voce è pari alla bellezza delle tue ali!" Allora il corvo, da stolto, esaltato dalle lodi della volpe, aprì la bocca per far sentire la sua voce e nello stesso tempo fece cadere dalla bocca il pezzo di formaggio, che con prontezza l'astuta volpe afferrò avidamente con i denti e divorò. Allora il corvo pianse la (sua) stupidità.