Versione originale in latino
Cur saepe sicci parva rura Nomenti
Laremque villae sordidum petam, quaeris?
Nec cogitandi, Sparse, nec quiescendi
In urbe locus est pauperi. Negant vitam
Ludi magistri mane, nocte pistores, 5
Aerariorum marculi die toto;
Hinc otiosus sordidam quatit mensam
Neroniana nummularius massa,
Illinc balucis malleator Hispanae
Tritum nitenti fuste verberat saxum; 10
Nec turba cessat entheata Bellonae,
Nec fasciato naufragus loquax trunco,
A matre doctus nec rogare Iudaeus,
Nec sulphuratae lippus institor mercis.
Numerare pigri damna quis potest somni? 15
Dicet quot aera verberent manus urbis,
Cum secta Colcho Luna vapulat rhombo.
Tu, Sparse, nescis ista, nec potes scire,
Petilianis delicatus in regnis,
Cui plana summos despicit domus montis, 20
Et rus in urbe est vinitorque Romanus
Nec in Falerno colle maior autumnus,
Intraque limen latus essedo cursus,
Et in profundo somnus, et quies nullis
Offensa linguis, nec dies nisi admissus. 25
Nos transeuntis risus excitat turbae, 26
Et ad cubilest Roma. Taedio fessis
Dormire quotiens libuit, imus ad villam. 28
Traduzione all'italiano
Tu mi chiedi per quale motivo io spesso vado ai piccoli campi dell’arida Nomentana e mi dirigo verso il misero lare della fattoria? Per il povero, o Sparso, non c’è un luogo né per pensare né per riposare in città; le lezioni del maestro di mattina, di notte i panettieri, per tutto il giorno i martelli dei fabbri negano la vita: qui l’ozioso banchiere fa risuonare il tavolo sordido con le monete neroniane, là il battitore di oro spagnolo colpisce la pietra consumata con un lucente bastone. Non cessa la folla agitata della dea Cibele, non cessa di parlare il naufrago loquace con il petto fasciato, non cessa di elemosinare l’ebreo istruito dalla madre, né smette l’ambulante cisposo di merce solforata (= fiammiferi). Chi può enumerare i danni della mancanza di sonno? Lo dice quante mani a Roma compliscono il bronzo, quando la luna tagliata (dall'eclisse) riceve percosse dalla magica ruota di Medea. Tu, o Sparo, non conosci queste cose, ne le puoi sapere, nella proprietà piacevole di Petiliano,la cui piana casa vede la sommità dei monti, e hai un terreno a Roma e un vignaiolo romano e neanche sul colle falerno una migliore vendemmia, e la tua casa ha un ingresso largo da passarci una carrozza, e nel profondo sonno, e una quiete non offesa dalle lingue, neppure (viene) il sole del giorno se non ammesso.