Versione originale in latino
Tarquinium moribundum cum qui circa erant excepissent, illos fugientes lictores comprehendunt. Clamor inde concursusque populi, mirantium quid rei esset. Tanaquil inter tumultum claudi regiam iubet, arbitros eiecit. Simul quae curando volneri opus sunt, tamquam spes subesset, sedulo comparat, simul si destituat spes, alia praesidia molitur. Servio propere accito cum paene exsanguem virum ostendisset, dextram tenens orat ne inultam mortem soceri, ne socrum inimicis ludibrio esse sinat. "Tuum est" inquit, "Servi, si vir es, regnum, non eorum qui alienis manibus pessimum facinus fecere. Erige te deosque duces sequere qui clarum hoc fore caput divino quondam circumfuso igni portenderunt. Nunc te illa caelestis excitet flamma; nunc expergiscere vere. Et nos peregrini regnavimus; qui sis, non unde natus sis reputa. Si tua re subita consilia torpent, at tu mea consilia sequere." Cum clamor impetusque multitudinis vix sustineri posset, ex superiore parte aedium per fenestras in Novam viam versas - habitabat enim rex ad Iovis Statoris - populum Tanaquil adloquitur. Iubet bono animo, esse; sopitum fuisse regem subito ictu; ferrum haud alte in corpus descendisse; iam ad se redisse; inspectum volnus absterso cruore; omnia salubria esse; confidere propediem ipsum eos visuros; interim Ser. Tullio iubere populum dicto audientem esse; eum iura redditurum obiturumque alia regis munia esse. Servius cum trabea et lictoribus prodit ac sede regia sedens alia decernit, de aliis consulturum se regem esse simulat. Itaque per aliquot dies cum iam exspirasset Tarquinius celata morte per speciem alienae fungendae vicis suas opes firmavit; tum demum palam factum est comploratione in regia orta. Servius praesidio firmo munitus, primus iniussu populi, voluntate patrum regnavit. Anci liberi iam tum comprensis sceleris ministris ut vivere regem et tantas esse opes Servi nuntiatum est, Suessam Pometiam exsulatum ierant.
Traduzione all'italiano
Mentre quelli del séguito sorreggevano Tarquinio in fin di vita, i littori catturarono i due pastori che stavano cercando di darsela a gambe. Poi fu subito un gran trambusto di gente che accorreva per vedere cos'era successo. Tanaquil, nel pieno della calca, ordina di chiudere la reggia e fa uscire i testimoni oculari del delitto. Poi si procura il necessario per suturare la ferita, come se ci fosse ancora qualche speranza residua; contemporaneamente però, nel caso la speranza fosse venuta meno, prende altre precauzioni. Fa subito chiamare Servio, gli mostra il corpo quasi esanime del marito e quindi, prendendogli la mano, lo implora di non lasciare impunita la morte del suocero né di permettere che la suocera diventi lo zimbello dei nemici. "Se sei un uomo, Servio," gli dice, "è a te che tocca il regno e non ai mandanti di questo atroce delitto. Animo, quindi, e affidati agli dèi che con quel fuoco intorno alla tua testa hanno già voluto preannunciare la fama che ti arriderà. Adesso è l'ora di trarre forza da quella fiamma! Adesso è ora di svegliarsi sul serio. Eravamo degli stranieri anche noi, eppure siamo arrivati a regnare: pensa a quello che sei, non a dove sei nato. Se per gli avvenimenti improvvisi non sai che decisione prendere, allora dai retta ai miei consigli." Quando il frastuono e la ressa della gente toccarono il limite estremo della tollerabilità, Tanaquil, affacciandosi da una finestra del piano di sopra che dava sulla via Nuova (la residenza reale era infatti nei pressi del tempio di Giove Statore), arringò il popolo. Invitò i sudditi a stare tranquilli rassicurandoli che il re, stordito da un colpo a tradimento, era già tornato in sé perché il ferro non era penetrato molto in profondità. Inoltre la ferita era stata esaminata, l'emorragia bloccata e tutto il resto sembrava a posto. Presto, ne era sicura, lo avrebbero potuto rivedere. Nel frattempo, le sue disposizioni erano che obbedissero a Servio Tullio, il quale avrebbe amministrato la giustizia e svolto tutte le mansioni del re. Servio avanza con tanto di trabea e di littori, occupa la sedia del re ed emana verdetti a proposito di alcuni casi, fingendo invece di dover consultare il sovrano per altri. In questo modo, per alcuni giorni, pur essendo già Tarquinio passato a miglior vita, egli ne nascose la morte facendosi passare per un mero sostituto, quando invece stava consolidando il suo potere. Dopo un po' di giorni la gente fu finalmente informata del luttuoso evento dai pianti che si alzavano dalla reggia. Servio, protetto da una robusta scorta, fu il primo a regnare senza il consenso popolare ma solo con l'autorizzazione del senato. I figli di Anco, quando dopo l'arresto dei sicari da loro prezzolati vennero a sapere che il re era ancora vivo e che Servio godeva di così tanto favore, si erano già ritirati in volontario esilio a Suessa Pomezia.