Versione originale in latino
Cum consulis vocem subsecuta patrum indignatio esset, proditur memoriae adversus crebram implorationem deum, quos testes foederum saepius invocabant consules, vocem Anni spernentis numina Iovis Romani auditam. Certe, cum commotus ira se a vestibulo templi citato gradu proriperet, lapsus per gradus capite graviter offenso impactus imo ita est saxo ut sopiretur. Exanimatum auctores quoniam non omnes sunt, mihi quoque in incerto relictum sit, sicut inter foederum ruptorum testationem ingenti fragore caeli procellam effusam; nam et vera esse et apte ad repraesentandam iram deum ficta possunt. Torquatus missus ab senatu ad dimittendos legatos, cum iacentem Annium vidisset, exclamat, ita ut populo patribusque audita vox pariter sit: 'bene habet; di pium movere bellum. Est caeleste numen; es, magne Iuppiter; haud frustra te patrem deum hominum hac sede sacravimus. Quid cessatis, Quirites vosque patres conscripti, arma capere deis ducibus? Sic stratas legiones Latinorum dabo, quemadmodum legatum iacentem videtis.' adsensu populi excepta vox consulis tantum ardoris animis fecit ut legatos proficiscentes cura magistratuum magis, qui iussu consulis prosequebantur, quam ius gentium ab ira impetuque hominum tegeret. Consensit et senatus bellum; consulesque duobus scriptis exercitibus per Marsos Paelignosque profecti adiuncto Samnitium exercitu ad Capuam, quo iam Latini sociique convenerant, castra locant. Ibi in quiete utrique consuli eadem dicitur visa species viri maioris quam pro humano habitu augustiorisque, dicentis ex una acie imperatorem, ex altera exercitum Deis Manibus Matrique Terrae deberi; utrius exercitus imperator legiones hostium superque eas se devovisset, eius populi partisque victoriam fore. Hos ubi nocturnos visus inter se consules contulerunt, placuit averruncandae deum irae victimas caedi; simul ut, si extis eadem quae somnio visa fuerant portenderentur, alter uter consulum fata impleret. Ubi responsa haruspicum insidenti iam animo tacitae religioni congruerunt, tum adhibitis legatis tribunisque et imperiis deum propalam expositis, ne mors voluntaria consulis exercitum in acie terreret, comparant inter se ut, ab utra parte cedere Romanus exercitus coepisset, inde se consul devoveret pro populo Romano Quiritibusque. Agitatum etiam in consilio est ut, si quando unquam severo ullum imperio bellum administratum esset, tunc uti disciplina militaris ad priscos redigeretur mores. Curam acuebat quod adversus Latinos bellandum erat, lingua, moribus, armorum genere, institutis ante omnia militaribus congruentes: milites militibus, centurionibus centuriones, tribuni tribunis compares collegaeque iisdem [in] praesidiis, saepe iisdem manipulis permixti fuerant. Per haec ne quo errore milites caperentur, edicunt consules ne quis extra ordinem in hostem pugnaret.
Traduzione all'italiano
Alle parole del console seguì l'indignazione dei senatori, ed è stato tramandato che in risposta alle numerose suppliche rivolte agli dèi, ripetutamente chiamati in causa dai consoli come testimoni garanti dei trattati, si udì una frase sprezzante di Annio contro la maestà di Giove romano. Quel che è certo è che, mentre furente si precipitava fuori dal vestibolo del tempio, scivolò sui gradini e batté la testa sull'ultimo gradino con tale violenza da perdere i sensi. Poiché non tutti gli autori concordano nell'affermare che morì, posso lasciare anch'io la questione aperta, come pure il fatto che, mentre i Latini invocavano gli dèi a testimoni della rottura dei trattati, scoppiò una tempesta accompagnata da un grande fragore nel cielo. Queste notizie potrebbero infatti essere vere come pure esser state inventate ad arte per rappresentare in maniera concreta l'ira degli dèi. Torquato, che i senatori avevano mandato a congedare gli inviati, vedendo Annio steso a terra, esclamò (perché la sua voce arrivasse sia al popolo sia ai senatori): "Sta bene così: gli dèi hanno scatenato una guerra santa. Esiste la potenza celeste! Ed esisti tu, Giove! In questa sede non ti abbiamo consacrato invano padre degli dèi e degli uomini. Perché esitate, o Quiriti, e voi padri coscritti, a prendere le armi sotto la guida degli dèi? Schianterò al suolo le legioni latine, così come ora vedete stramazzato a terra il loro rappresentante". Le parole del console, accolte con approvazione da tutto il popolo, infiammarono a tal punto la massa che gli inviati latini, ormai sul piede di partenza, vennero protetti contro la rabbia e l'assalto del popolo più dall'intervento dei magistrati che li accompagnavano per disposizione del console, che dal diritto delle genti. Anche il senato si dichiarò d'accordo sulla guerra. E i consoli, arruolati due eserciti, attraversarono i territori dei Marsi e dei Peligni. Quindi, una volta unite alle loro forze quelle dei Sanniti, si accamparono nei pressi di Capua, dove cioè si erano già concentrati i Latini e i loro alleati. Lì si dice che entrambi i consoli ebbero nella notte la stessa visione: un uomo di statura e imponenza superiori al normale il quale diceva che il comandante di una parte e l'esercito dell'altra avrebbero dovuto essere offerti in sacrificio agli dèi Mani e alla Madre Terra. La vittoria sarebbe andata a quel popolo e a quello schieramento il cui comandante avesse offerto in sacrificio di espiazione le legioni nemiche oltre a se stesso. I consoli, confrontate queste visioni notturne, decisero di far sacrificare delle vittime per placare l'ira degli dèi. Se poi il responso delle viscere fosse coinciso con il contenuto dei sogni, allora uno dei due consoli avrebbe dovuto mettere in atto la volontà del destino. Quando il verdetto degli aruspici si fu rivelato in pieno accordo con la segreta superstizione che ormai si era radicata in loro, dopo aver convocato luogotenenti e tribuni e aver reso di pubblico dominio il volere degli dèi, per evitare che la morte volontaria del console spaventasse le truppe durante il combattimento, i due alti comandanti decisero di comune accordo che, dovunque l'esercito romano avesse cominciato a perdere terreno, il console che aveva il comando dei reparti in difficoltà avrebbe dovuto sacrificarsi. Nel corso dell'assemblea si decise anche che, se in passato c'erano mai state delle guerre condotte con estrema severità, ora era l'occasione buona per ricondurre la disciplina militare alle tradizioni di un tempo. La preoccupazione dei Romani era accresciuta dal fatto di dover combattere contro i Latini, un popolo che aveva la loro stessa lingua, stesse tradizioni, stesso tipo di armamenti, e soprattutto la stessa condotta ed esperienza militare. I soldati si erano mescolati con i soldati, i centurioni con i centurioni e i tribuni con i tribuni, da pari a pari e in qualità di colleghi, nelle stesse guarnigioni e spesso anche negli stessi manipoli. Per evitare che questa situazione traesse in errore i soldati, i consoli ordinarono che nessuno abbandonasse il proprio posto per andare all'assalto del nemico.