Versione originale in latino
Multis, ut erat, horrida et atrox videbatur Appi sententia; rursus Vergini Largique exemplo haud salubres, utique Largi [putabant sententiam], quae totam fidem tolleret. Medium maxime et moderatum utroque consilium Vergini habebatur; sed factione respectuque rerum privatarum, quae semper offecere officientque publicis consiliis, Appius vicit, ac prope fuit ut dictator ille idem crearetur; quae res utique alienasset plebem periculosissimo tempore, cum Volsci Aequique et Sabini forte una omnes in armis essent. Sed curae fuit consulibus et senioribus patrum, ut imperium sua vi vehemens mansueto permitteretur ingenio: M". Valerium dictatorem Volesi filium creant. Plebes etsi adversus se creatum dictatorem videbat, tamen cum provocationem fratris lege haberet, nihil ex ea familia triste nec superbum timebat; edictum deinde a dictatore propositum confirmavit animos, Servili fere consulis edicto conveniens; sed et homini et potestati melius rati credi, omisso certamine nomina dedere. Quantus nunquam ante exercitus, legiones decem effectae; ternae inde datae consulibus, quattuor dictator usus. Nec iam poterat bellum differri. Aequi Latinum agrum invaserant. Oratores Latinorum ab senatu petebant ut aut mitterent subsidium aut se ipsos tuendorum finium causa capere arma sinerent. Tutius visum est defendi inermes Latinos quam pati retractare arma. Vetusius consul missus est; is finis populationibus fuit. Cessere Aequi campis, locoque magis quam armis freti summis se iugis montium tutabantur. Alter consul in Volscos profectus, ne et ipse tereret tempus, vastandis maxime agris hostem ad conferenda propius castra dimicandumque acie excivit. Medio inter castra campo ante suum quisque vallum infestis signis constitere. Multitudine aliquantum Volsci superabant; itaque effusi et contemptim pugnam iniere. Consul Romanus nec promovit aciem, nec clamorem reddi passus defixis pilis stare suos iussit: ubi ad manum venisset hostis, tum coortos tota vi gladiis rem gerere. Volsci cursu et clamore fessi cum se velut stupentibus metu intulissent Romanis, postquam impressionem sensere ex adverso factam et ante oculos micare gladios, haud secus quam si in insidias incidissent, turbati vertunt terga; et ne ad fugam quidem satis virium fuit, quia cursu in proelium ierant. Romani contra, quia principio pugnae quieti steterant, vigentes corporibus, facile adepti fessos, et castra impetu ceperunt et castris exutum hostem Velitras persecuti uno agmine victores cum victis in urbem inrupere; plusque ibi sanguinis promiscua omnium generum caede quam in ipsa dimicatione factum. Paucis data venia, qui inermes in deditionem venerunt.
Traduzione all'italiano
La maggior parte dei senatori trovarono eccessivamente spietata, come infatti era, la proposta di Appio. Al contrario, quelle di Verginio e di Larcio non sembrarono molto praticabili: la prima perché avrebbe creato un precedente, la seconda perché avrebbe tolto ogni fiducia. La miglior soluzione di compromesso per entrambi i contendenti sembrava comunque quella di Verginio. Ma lo spirito di parte e la priorità degli interessi particolari, che hanno sempre danneggiato e sempre danneggeranno le deliberazioni pubbliche, fecero prevalere Appio: poco mancò che venisse addirittura eletto dittatore, cosa che avrebbe del tutto alienato la plebe in quei momenti di grandissimo rischio (il caso voleva, infatti, che Volsci, Equi e Sabini fossero contemporaneamente in armi). Ma i consoli e i senatori più anziani, preoccupandosi che quella carica, di per sé vicina all’onnipotenza, finisse in mano a una persona dal carattere mite, eleggono dittatore M. Valerio, figlio di Voleso. La plebe, pur rendendosi conto che la nomina di un dittatore avveniva a suo discapito, tuttavia da quella famiglia non temeva tristi sorprese o repressioni visto che era stato proprio un fratello del neoeletto a far varare la legge sul diritto d’appello. In séguito un editto del dittatore confermò queste buone disposizioni perché riproduceva a grandi linee quello del console Servilio. Ma pensando che la miglior cosa fosse aver fiducia sia nell’uomo che nella sua carica, abbandonarono l’ostruzionismo e si arruolarono. Mai prima di allora ci fu un numero così alto di effettivi: vennero formate dieci legioni. Ogni console ne ebbe tre ai suoi ordini, mentre quattro andarono al dittatore. La guerra non si poteva più rimandare. Gli Equi avevano invaso il territorio latino. Ambasciatori latini chiedevano al senato o un invio di rinforzi o l’autorizzazione a prendere le armi per proteggere il proprio paese. Difendere i Latini inermi sembrò più sicuro che permettere loro di riprendere le armi. Venne inviato il console Vetusio, il quale pose fine alle razzie. Gli Equi evacuarono la campagna e, fidando maggiormente nella posizione che nelle armi, se ne stavano in attesa sulle cime dei rilievi. L’altro console marcia contro i Volsci e, anche lui per non perdere tempo, comincia a devastare metodicamente le campagne per spingere il nemico ad accamparsi più vicino e costringerlo allo scontro. I due eserciti si schierarono ciascuno di fronte alla propria trincea, in una piana compresa tra i due accampamenti. I Volsci erano numericamente di gran lunga superiori: per questo si buttarono sprezzanti allo sbaraglio. Il console romano non si mosse né permise di rispondere all’urlo di guerra, ma ordinò ai suoi di stare fermi e con le aste piantate a terra: soltanto quando il nemico fosse arrivato a distanza ravvicinata, avrebbero dovuto assalirlo con tutte le loro forze e risolvere la cosa con le spade. Quando i Volsci, affaticati dalla corsa e dal gran gridare, arrivarono sui Romani, apparentemente atterriti alla loro vista, e si resero conto del contrattacco in atto vedendo il bagliore delle spade, come se fossero finiti in un’imboscata, fecero dietro-front spaventati. Ma non avevano più la forza nemmeno di fuggire, perché si erano gettati in battaglia correndo. I Romani, invece, rimasti fermi nelle fasi iniziali, erano freschissimi: non fu quindi difficile per loro piombare sui nemici sfiniti e catturarne l’accampamento. Di lì inseguirono i Volsci rifugiatisi a Velitra, dove vincitori e vinti irruppero come se fossero stati un esercito solo. Là, in un massacro generale e senza distinzioni, versarono più sangue che nella battaglia vera e propria. Vennero risparmiati soltanto quei pochi che si arresero inermi.