Fabrizio Del Dongo
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Appunto di lingua latina che contiene l'ode 10 del libro II delle Odi di Orazio e la relativa traduzione in italiano

Versione originale in latino


Rectius vives, Licini, neque altum
semper urgendo neque, dum procellas
cautus horrescis, nimium premendo
litus iniquum.

auream quisquis mediocritatem
diligit, tutus caret obsoleti
sordibus tecti, caret invidenda
sobrius aula.

saepius ventis agitatur ingens
pinus et celsae graviore casu
decidunt turres feriuntque summos
fulgura montis.

sperat infestis, metuit secundis
alteram sortem bene praeparatum
pectus: informis hiemes reducit
Iuppiter, idem

submovet; non, si male nunc, et olim
sic erit: quondam cithara tacentem
suscitat Musam neque semper arcum
tendit Apollo.

rebus angustis animosus atque
fortis adpare, sapienter idem
contrahes vento nimium secundo
turgida vela.

Traduzione all'italiano


Vivrai meglio, o Licinio, senza spingerti sempre in alto mare né, mentre cautamente temi le tempeste, non seguirai troppo da vicino la costa pericolosa.

Chiunque prediliga la preziosa via di mezzo, al sicuro, resta lontano dallo squallore di una casa fatiscente; moderato, e sta lontano da un palazzo che crea invidia .

Molto spesso il pino troppo alto è agitato dai venti, e le torri più elevate sono quelle che crollano al suolo in modo più rovinoso, ed i fulmini colpiscono le cime dei monti .

Un animo ben preparato nella situazione avversa si augura una sorte favorevole, nella buona teme la sorte contraria. Squallidi inverni scatena su di noi Giove ed è lui stesso che li allontana.

E se le cose ora vanno male, non è detto che sarà così anche la prossima volta: talvolta, Apollo con la cetra risveglia la poesia [fino ad allora] silenziosa, e non sempre tende l’arco.

Nelle avversità mostra un animo forte e coraggioso, ed allo stesso modo, saggiamente, raccogli le vele gonfiate da un vento troppo favorevole.

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