Mika
di Mika
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Versione originale in latino


Restat ut copiae copiis comparentur vel numero vel militum genere vel multitudine auxiliorum. Censebantur eius aetatis lustris ducena quinquagena milia capitum. Itaque in omni defectione sociorum Latini nominis urbano prope dilectu decem scribebantur legiones; quaterni quinique exercitus saepe per eos annos in Etruria, in Umbria Gallis hostibus adiunctis, in Samnio, in Lucanis gerebat bellum. Latium deinde omne cum Sabinis et Volscis et Aequis et omni Campania et parte Umbriae Etruriaeque et Picentibus et Marsis Paelignisque ac Vestinis atque Apulis, adiuncta omni ora Graecorum inferi maris a Thuriis Neapolim et Cumas et inde Antio atque Ostiis tenus Samnites aut socios validos Romanis aut fractos bello invenisset hostes.
Ipse traiecisset mare cum veteranis Macedonibus non plus triginta milibus hominum et quattuor milibus equitum, maxime Thessalorum; hoc enim roboris erat. Persas Indos aliasque si adiunxisset gentes, impedimentum maius quam auxilium traheret. Adde quod Romanis ad manum domi supplementum esset, Alexandro, quod postea Hannibali accidit, alieno in agro bellanti exercitus consenuisset. Arma clupeus sarisaeque illis; Romano scutum, maius corpori tegumentum, et pilum, haud paulo quam hasta vehementius ictu missuque telum. Statarius uterque miles, ordines servans; sed illa phalanx immobilis et unius generis, Romana acies distinctior, ex pluribus partibus constans, facilis partienti, quacumque opus esset, facilis iungenti. Iam in opere quis par Romano miles? Quis ad tolerandum laborem melior? Uno proelio victus Alexander bello victus esset: Romanum, quem Caudium, quem Cannae non fregerunt, quae fregisset acies? Ne ille saepe, etiamsi prima prospere evenissent, Persas et Indos et imbellem Asiam quaesisset et cum feminis sibi bellum fuisse dixisset, quod Epiri regem Alexandrum mortifero volnere ictum dixisse ferunt, sortem bellorum in Asia gestorum ab hoc ipso iuvene cum sua conferentem. Equidem cum per annos quattuor et viginti primo Punico bello classibus certatum cum Poenis recordor, vix aetatem Alexandri suffecturam fuisse reor ad unum bellum. Et forsitan, cum et foederibus vetustis iuncta res Punica Romanae esset et timor par adversus communem hostem duas potentissimas armis virisque urbes armaret, [et] simul Punico Romanoque obrutus bello esset. Non quidem Alexandro duce nec integris Macedonum rebus sed experti tamen sunt Romani Macedonem hostem adversus Antiochum Philippum Persen non modo cum clade ulla sed ne cum periculo quidem suo. Absit invidia verbo et civilia bella sileant: nunquam ab equite hoste, nunquam a pedite, nunquam aperta acie, nunquam aequis, utique nunquam nostris locis laboravimus: equitem, sagittas, saltus impeditos, avia commeatibus loca gravis armis miles timere potest. Mille acies graviores quam Macedonum atque Alexandri avertit avertetque, modo sit perpetuus huius qua vivimus pacis amor et civilis cura concordiae. -

Traduzione all'italiano


Resta da paragonare le truppe alle truppe, sia per numero sia per genere di soldati, sia per moltitudine di truppe ausiliarie. Nel censimento di quel tempo si annoveravano per quinquennio 250 mila individui. Pertanto ad ogni defezione degli alleati latini si arruolavano dieci legioni con leve quasi esclusivamente di città; quattro e cinque eserciti per volta spesso in quegli anni, aggiunti come nemici i Galli, in Etruria, in Umbria, nel Sannio, sui Lucani facevano la guerra. Quindi Alessandro avrebbe trovato o gli alleati validi per i Romani o nemici domati in guerra in tutto il Lazio con i Sabini, i Volsci, gli Equi, in tutta la Campania, in parte dell'Umbria e dell'Etruria, i Piceni, i Marsi, i Peligni, i Vestini e gli Apuli, alleata ogni parte dei Greci del mar Tirreno, dai Bruzzii fino a Napoli e Cumi e di là fino ad Anzio ed Ostia, i Sanniti . Egli stesso avrebbe attraversato il mare con i veterani Macedoni non più di trentamila uomini e quattromila cavalieri, soprattutto tessali; questo infatti era il nerbo del suo esercito. Se si fosse alleato ai Persiani, agli Indiani e ad altre genti, si sarebbe tirato dietro un impedimento più che un aiuto. Aggiungi che i Romani avrebbero potuto avere a disposizione in patria nuove leve, ad Alessandro l'esercito si sarebbe indebolito, cosa che poi accadde ad Annibale, poiché doveva combattere in territorio straniero. Avevano come armi lo scudo e le sarisse (cioè le lance); i Romani avevano lo scudo, di maggior riparo per il corpo, e il giavellotto, non poco più efficace della lancia per colpire e dell'asta per lanciare. Entrambi soldati che combattono a pié fermo, che rispettano le file; ma quella falange era poco mobile e di un solo genere, l'esercito Romano era più vario, costituito da più parti, adatto a dividersi, qualunque cosa fosse necessaria, adatto a riunirsi. E poi nelle opere di fortificazione chi eguagliava il soldato romano? Chi tollerava meglio la fatica? Vinto in una sola battaglia Alessandro sarebbe stato vinto in guerra: quale (potenza) avrebbe abbattuto l'esercito romano che Caudio e Canne non avevano abbattuto? Certamente lui stesso spesso, anche se i primi scontri fossero andati bene, avrebbe rimpianto i Persiani, gli Indiani e l'Asia imbelle e avrebbe detto di avere avuto una guerra contro donnicciole, cosa che dicono che abbia detto Alessandro re dell'Epiro, colpito da una ferita mortale, che confrontava la sorte delle guerre combattute in Asia da questo stesso giovane con la sua. E invero quando ricordo che si combatté per ventiquattro anni nella prima guerra punica (per mare) con le navi cartaginesi, credo che sarebbe appena bastata la vita di Alessandro per questa sola guerra; e forse, essendosi alleato con vecchi trattati lo stato cartaginese a quello romano e munendo l'uguale timore contro il comune nemico due potentissime città di armi e di uomini, sarebbe stato sconfitto in guerra dai Cartaginesi e dai Romani insieme. Anche se non si era più sotto la guida di Alessandro e le forze macedoni non erano più integre, tuttavia i Romani affrontarono il nemico macedone contro Antioco, Filippo e Perseo, non solo senza alcuna disfatta, ma neppure con loro pericolo. Sia lontana dalle mie parole ogni intenzione di offesa e si escludano le guerre civili; non siamo mai stati messi in pericolo dalla cavalleria nemica, né mai dalla fanteria, né mai in battaglia campale, né mai in posizioni eguali e soprattutto mai nei nostri luoghi; il soldato può temere la cavalleria, le frecce, i boschi impraticabili, i luoghi inaccessibili al trasporto dei viveri: innumerevoli eserciti più forti di quello dei Macedoni e di Alessandro ha respinto e respingerà, purché duri l'amore di questa pace in cui viviamo e la cura della concordia tra i cittadini.

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