Mika
di Mika
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Versione originale in latino


Novi deinde consules a veteribus exercitu accepto ingressi hostium fines populando usque ad moenia atque urbem pervenerunt. Ibi quia ingenti exercitu comparato Sidicini et ipsi pro extrema spe dimicaturi enixe videbantur et Samnium fama erat conciri ad bellum, dictator ab consulibus ex auctoritate senatus dictus P. Cornelius Rufinus, magister equitum M. Antonius. Religio deinde incessit vitio eos creatos magistratuque se abdicaverunt; et quia pestilentia insecuta est, velut omnibus eo vitio contactis auspiciis res ad interregnum rediit.
Ab interregno inito per quintum demum interregem, M. Valerium Corvum, creati consules A. Cornelius iterum et Cn. Domitius. Tranquillis rebus fama Gallici belli pro tumultu valuit ut dictatorem dici placeret; dictus M. Papirius Crassus et magister equitum P. Valerius Publicola. A quibus cum dilectus intentius quam adversus finitima bella haberetur, exploratores missi attulerunt quieta omnia apud Gallos esse. Samnium quoque iam alterum annum turbari novis consiliis suspectum erat; eo ex agro Sidicino exercitus Romanus non deductus. Ceterum Samnites bellum Alexandri Epirensis in Lucanos traxit; qui duo populi adversus regem escensionem a Paesto facientem signis conlatis pugnaverunt. Eo certamine superior Alexander incertum qua fide culturus, si perinde cetera processissent pacem cum Romanis fecit. Eodem anno census actus novique cives censi. Tribus propter eos additae Maecia et Scaptia; censores addiderunt Q. Publilius Philo Sp. Postumius. Romani facti Acerrani lege ab L. Papirio praetore lata, qua civitas sine suffragio data. Haec eo anno domi militiaeque gesta.

Traduzione all'italiano


I nuovi consoli poi, preso in consegna l'esercito dai predecessori, invasero il territorio nemico e lo devastarono, arrivando fino alle mura della città. Lì, siccome i Sidicini avevano da soli raccolto un grande esercito ed era probabile che avrebbero combattuto fino all'ultimo sangue per difendere le loro ultime speranze, e siccome circolava la voce che i Sanniti stessero per prendere le armi, i consoli, su incarico del senato, nominarono dittatore Publio Cornelio Rufino e maestro di cavalleria Marco Antonio. Emerse però uno scrupolo religioso circa la regolarità della loro nomina e i due magistrati rinunciarono alla carica; e poiché seguì una pestilenza, come se tutti gli auspici fossero stati contagiati da quel vizio di forma, si passò a un interregno. Alla fine Marco Valerio Corvo, quinto interré dall'inizio dell'interregno, nominò consoli Aulo Cornelio (al secondo mandato) e Gneo Domizio. Mentre regnava dovunque la pace, la notizia di una guerra scatenata dai Galli portò lo scompiglio e indusse all'elezione di un dittatore. La scelta cadde su Marco Papirio Crasso; maestro di cavalleria fu nominato Publio Valerio Publicola. Mentre essi stavano realizzando la leva militare con maggiore fermezza di quanta non ne avrebbero impiegata per una guerra con un popolo confinante, i ricognitori inviati in zona tornarono riferendo che tra i Galli tutto era tranquillo. Anche il Sannio, già da due anni, si sospettava fosse percorso da nuove ondate di rivolta. Per questo l'esercito romano non venne richiamato dal territorio dei Sidicini. Ma un'altra guerra, scatenata dal re dell'Epiro Alessandro, deviò i Sanniti nel territorio dei Lucani. I due popoli si scontrarono in campo aperto con il re mentre questi stava risalendo da Paestum. La vittoria andò ad Alessandro, il quale stipulò un trattato con i Romani. È dubbio che l'avrebbe rispettato se il resto della sua campagna avesse avuto la stessa fortuna. Nel corso dello stesso anno si tenne il censimento, in cui figurarono anche i nuovi cittadini; il loro numero portò all'aggiunta di due nuove tribù, la Mecia e la Scapzia. I censori che le aggiunsero furono Quinto Publilio Filone e Spurio Postumio. Gli abitanti di Acerra divennero Romani a séguito di una proposta presentata dal pretore Lucio Papirio e volta a garantire loro la cittadinanza senza diritto di voto. Furono questi i fatti accaduti quell'anno a Roma e all'esterno.

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