Pillaus
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Versione originale in latino


Audiebantur itaque propalam voces exprobrantium multitudini, quod defensores suos semper in praecipitem locum favore tollat, deinde in ipso discrimine periculi destituat: sic Sp. Cassium in agros plebem vocantem, sic Sp. Maelium ab ore civium famem suis impensis propulsantem oppressos, sic M. Manlium mersam et obrutam fenore partem civitatis in libertatem ac lucem extrahentem proditum inimicis; saginare plebem populares suos ut iugulentur. Hocine patiendum fuisse, si ad nutum dictatoris non responderit vir consularis? Fingerent mentitum ante atque ideo non habuisse quod tum responderet; cui servo unquam mendacii poenam vincula fuisse? Non obversatam esse memoriam noctis illius quae paene ultima atque aeterna nomini Romano fuerit? Non speciem agminis Gallorum per Tarpeiam rupem scandentis? Non ipsius M.
Manli, qualem eum armatum, plenum sudoris ac sanguinis ipso paene Iove erepto ex hostium manibus vidissent? Selibrisne farris gratiam servatori patriae relatam? Et quem prope caelestem, cognomine certe Capitolino Iovi parem fecerint eum pati vinctum in carcere, in tenebris obnoxiam carnificis arbitrio ducere animam? Adeo in uno omnibus satis auxilii fuisse, nullam opem in tam multis uni esse? Iam ne nocte quidem turba ex eo loco dilabebatur refracturosque carcerem minabantur, cum remisso quod erepturi erant ex senatus consulto Manlius vinculis liberatur; quo facto non seditio finita sed dux seditioni datus est. Per eosdem dies Latinis et Hernicis, simul colonis Circeiensibus et a Velitris, purgantibus se Volsci crimine belli captivosque repetentibus ut suis legibus in eos animadverterent, tristia responsa reddita, tristiora colonis quod cives Romani patriae oppugnandae nefanda consilia inissent. Non negatum itaque tantum de captivis sed, in quo ab sociis tamen temperaverant, denuntiatum senatus verbis facesserent propere ex urbe ab ore atque oculis populi Romani, ne nihil eos legationis ius externo, non civi comparatum tegeret.

Traduzione all'italiano


Di conseguenza si cominciarono a sentire le opinioni di chi criticava apertamente la massa poiché riteneva che il favore popolare innalzasse i suoi campioni fino a vertici inauditi, ma che poi, nel momento critico, li abbandonasse al loro destino. Così era successo con Spurio Cassio (che aveva invitato la plebe a prender possesso dei campi), con Spurio Mecilio (che tentava di allontanare a proprie spese la fame dalla bocca dei concittadini) e ora succedeva con Marco Manlio, consegnato agli avversari dopo essersi prodigato nel tentativo di portare alla luce della libertà quella parte di cittadinanza sommersa e schiacciata dai debiti. La plebe ingrassava i suoi campioni perché finissero al macello. Era dunque questo che toccava a un ex - console se non rispondeva a un cenno del dittatore? Supponessero pure che aveva mentito in precedenza e che proprio per questo non sapesse poi cosa rispondere: quale schiavo era mai stato condannato alla prigione per una bugia? Non se la ricordavano quella notte che per poco non era stata l'ultima, eterna notte del nome di Roma? Non era ancora vivo in loro il ricordo delle schiere dei Galli che saliva su per la rupe Tarpea? Non quello dello stesso Marco Manlio, così come l'avevano visto, quando armi in pugno, coperto di sudore e di sangue aveva strappato Giove stesso, per così dire, dalle mani dei nemici? Si era ringraziato il salvatore della patria con mezza libbra di farro? Avevano intenzione di permettere che l'uomo da loro innalzato a rango quasi divino e reso, almeno nel soprannome, pari a Giove Capitolino, incatenato in carcere trascinasse i suoi giorni al buio in balia di un carnefice? Lui, da solo, aveva aiutato tutti: e ora in tanti non sapevano soccorrere lui solo? Ormai la folla non si allontanava da quel luogo nemmeno di notte e anzi minacciava di voler forzare le porte della prigione, quando all'improvviso, concedendo ciò che essi stavano per strappare a forza, il senato decretò che Manlio venisse rimesso in libertà (iniziativa questa che non pose certo fine alla sedizione, ma fornì un capo ai sediziosi). In quegli stessi giorni arrivarono Latini ed Ernici, insieme ai coloni di Circei e di Velletri, a discolparsi dall'accusa di essersi associati in guerra coi Volsci e a chiedere la consegna dei prigionieri per poterli punire con le proprie leggi. Le risposte furono dure, specialmente per i coloni in quanto, pur essendo cittadini romani, avevano preso la decisione di combattere contro la patria. Perciò non fu loro soltanto negata la restituzione dei prigionieri, ma - misura risparmiata agli alleati - il senato ingiunse loro di allontanarsi al più presto dalla città, dalla vista e dagli occhi del popolo romano, per timore che non trovassero protezione nelle prerogative concesse agli ambasciatori, prerogative previste per gli stranieri e non per i cittadini.

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