Versione originale in latino
His orationibus incitata plebs denis milibus aeris gravis reos condemnat, nequiquam Sergio Martem communem belli fortunamque accusante, Verginio deprecante ne infelicior domi quam militiae esset. In hos versa ira populi cooptationis tribunorum fraudisque contra legem Treboniam factae memoriam obscuram fecit. Victores tribuni ut praesentem mercedem iudicii plebes haberet legem agrariam promulgant, tributumque conferri prohibent, cum tot exercitibus stipendio opus esset resque militia ita prospere gererentur ut nullo bello veniretur ad exitum spei. Namque Veiis castra quae amissa erant reciperata castellis praesidiisque firmantur; praeerant tribuni militum M'. Aemilius et K. Fabius. A M. Furio in Faliscis, a Cn. Cornelio in Capenate agro hostes nulli extra moenia inventi; praedae actae incendiisque villarum ac frugum vastati fines; oppida oppugnata nec obsessa sunt. At in Volscis depopulato agro Anxur nequiquam oppugnatum, loco alto situm et postquam vis inrita erat vallo fossaque obsideri coeptum; Valerio Potito Volsci provincia evenerat. Hoc statu militarium rerum, seditio intestina maiore mole coorta quam bella tractabantur; et cum tributum conferri per tribunos non posset nec stipendium imperatoribus mitteretur aeraque militaria flagitaret miles, haud procul erat quin castra quoque urbanae seditionis contagione turbarentur. Inter has iras plebis in patres cum tribuni plebi nunc illud tempus esse dicerent stabiliendae libertatis et ab Sergiis Verginiisque ad plebeios viros fortes ac strenuos transferendi summi honoris, non tamen ultra processum est quam ut unus ex plebe, usurpandi iuris causa, P. Licinius Calvus tribunus militum consulari potestate crearetur: ceteri patricii creati, P. Manilius L. Titinius P. Maelius L. Furius Medullinus L. Publilius Volscus. Ipsa plebes mirabatur se tantam rem obtinuisse, non is modo qui creatus erat, vir nullis ante honoribus usus, vetus tantum senator et aetate iam gravis; nec satis constat cur primus ac potissimus ad novum delibandum honorem sit habitus. Alii Cn. Corneli fratris, qui tribunus militum priore anno fuerat triplexque stipendium equitibus dederat, gratia extractum ad tantum honorem credunt, alii orationem ipsum tempestivam de concordia ordinum patribus plebique gratam habuisse. Hac victoria comitiorum exsultantes tribuni plebis quod maxime rem publicam impediebat de tributo remiserunt. Conlatum oboedienter missumque ad exercitum est.
Traduzione all'italiano
La plebe, infervorata da questi discorsi, condannò ciascuno degli imputati a un'ammenda di 10.000 assi pesanti. E a poco valse che Sergio accusasse contro la sorte e l'incerto destino delle armi, e che Verginio implorasse di poter essere meno sfortunato in patria di quanto non lo fosse stato al fronte. La rabbia del popolo si riversò contro quei due e gli episodi della cooptazione dei tribuni e della violazione della legge Trebonia furono quasi del tutto dimenticati. I tribuni usciti vittoriosi dal processo, perché la plebe avesse un riconoscimento immediato al giudizio espresso, proposero una legge agraria e si opposero al pagamento dei tributi di guerra, proprio mentre c'era immediato bisogno di retribuire il numero elevatissimo degli uomini arruolati e le campagne militari in svolgimento andavano così bene da non lasciar prevedere per nessuna di esse il risultato sperato. Sul fronte di Veio i Romani avevano infatti recuperato l'accampamento perduto rinforzandolo con nuove fortificazioni e presidi armati agli ordini dei tribuni militari Manio Emilio e Cesone Fabio. Siccome Marco Furio e Gneo Cornelio non trovarono tracce di nemici fuori dalle mura rispettivamente nel territorio dei Falisci e nella campagna di Capena, fecero del bottino qua e là incendiando fattorie e devastando i raccolti, le città vennero assalite, ma non assediate. Nel territorio dei Volsci, invece, dopo aver saccheggiato le campagne, tentarono di espugnare Anxur che era situata su una collina. Quando però si resero conto dell'inefficacia dell'azione di forza, guidati da Valerio Potito cui era toccato in sorte il comando dell'operazione, cominciarono ad assediare la città costruendo un fossato e una trincea di protezione. Mentre le operazioni sul fronte si trovavano a questo punto, a Roma scoppiarono dei disordini ben più gravi delle guerre in corso. E visto che i tribuni non permettevano di incassare il tributo militare e ai comandanti non arrivava denaro per pagare gli uomini che reclamavano con impazienza le proprie paghe, poco ci mancò che anche l'accampamento venisse contagiato dai torbidi scoppiati in città. Nel pieno di questo risentimento della plebe nei confronti dei senatori, anche se i tribuni dicevano che era ormai tempo di consolidare la libertà e di trasferire a rappresentanti del popolo energici e valorosi gli alti onori toccati a gente come Sergio e Verginio, tuttavia - solo per esercitare il diritto di cui godevano - non si andò più in là dell'elezione a tribuno militare con poteri consolari di un unico plebeo di nome Publio Licinio Calvo. Gli altri eletti erano patrizi e si trattava di Publio Manlio, Lucio Titinio, Publio Melio, Lucio Furio Medullino e Lucio Publilio Volsco. La plebe stessa si stupì di aver ottenuto un tale successo, non meno dell'eletto in persona, uomo privo in precedenza di cariche, semplice senatore anziano e già piuttosto avanti con gli anni. Non si conosce con certezza il motivo per il quale fosse toccato proprio a lui l'onore di godere per primo dell'ebbrezza di quel nuovo incarico. Alcuni storici ritengono che tale privilegio fosse dovuto al fratellastro Gneo Cornelio il quale l'anno precedente era stato tribuno militare e aveva distribuito ai cavalieri il triplo della paga abituale, mentre altri sostengono dipendesse da un discorso tenuto con tempestività da Licinio sulla concordia delle classi sociali e risultato di gradimento tanto alla plebe quanto ai patrizi. Esultanti per il trionfo ottenuto nelle elezioni, i tribuni della plebe cedettero sulla questione del tributo militare, che per il governo rappresentava l'ostacolo più grosso. L'importo previsto venne così pagato senza alcuna opposizione e quindi inviato all'esercito.