Versione originale in latino
Comitia inde habita; creati consules L. Aebutius P. Servilius. Kalendis Sextilibus, ut tunc principium anni agebatur, consulatum ineunt. Grave tempus et forte annus pestilens erat urbi agrisque, nec hominibus magis quam pecori, et auxere vim morbi terrore populationis pecoribus agrestibusque in urbem acceptis. Ea conluvio mixtorum omnis generis animantium et odore insolito urbanos et agrestem confertum in arta tecta aestu ac vigiliis angebat, ministeriaque in vicem ac contagio ipsa volgabant morbos. Vix instantes sustinentibus clades repente legati Hernici nuntiant in agro suo Aequos Volscosque coniunctis copiis castra posuisse, inde exercitu ingenti fines suos depopulari. Praeterquam quod infrequens senatus indicio erat sociis adflictam civitatem pestilentia esse, maestum etiam responsum tulere, ut per se ipsi Hernici cum Latinis res suas tutarentur; urbem Romanam subita deum ira morbo populari; si qua eius mali quies veniat, ut anno ante, ut semper alias, sociis opem laturos. Discessere socii, pro tristi nuntio tristiorem domum referentes, quippe quibus per se sustinendum bellum erat quod vix Romanis fulti viribus sustinuissent. Non diutius se in Hernico hostis continuit; pergit inde infestus in agros Romanos, etiam sine belli iniuria vastatos. Ubi cum obvius nemo ne inermis quidem fieret, perque omnia non praesidiis modo deserta sed etiam cultu agresti transirent, pervenere ad tertium lapidem Gabina via. Mortuus Aebutius erat Romanus consul; collega eius Servilius exigua in spe trahebat animam; adfecti plerique principum, patrum maior pars, militaris fere aetas omnis, ut non modo ad expeditiones quas in tanto tumultu res poscebat, sed vix ad quietas stationes viribus sufficerent. Munus vigiliarum senatores, qui per aetatem ac valetudinem poterant, per se ipsi obibant; circumitio ac cura aedilium plebi erat; ad eos summa rerum ac maiestas consularis imperii venerat.
Traduzione all'italiano
Dalle successive elezioni uscirono consoli Lucio Ebuzio e Publio Servilio. Il primo agosto - data che allora rappresentava l'inizio dell'anno - entrano in carica. Si era nella stagione malsana e il caso volle che quello fosse un anno di pestilenza tanto a Roma quanto nelle campagne, e sia per gli uomini che per il bestiame. Ad accrescere la virulenza dell'epidemia contribuì poi la gente che, terrorizzata da possibili saccheggi, cominciò a ricoverare in città mandrie e relativi pastori. Questo miscuglio eterogeneo di animali tormentava col suo insolito odore i cittadini, mentre la gente di campagna, stipata in dimore anguste, soffriva per il caldo e la mancanza di sonno. E poi lo scambio di servizi e il contatto stesso contribuivano a diffondere l'infezione. Proprio in quel momento - e cioè con i Romani appena in grado di sopportare il peso di queste calamità - arrivarono dagli Ernici degli ambasciatori ad annunciare che gli eserciti congiunti di Volsci ed Equi si erano accampati nel loro territorio e che da quella base saccheggiavano le campagne con un impressionante spiegamento di forze. Non solo lo scarso numero di senatori rimasti rendeva manifesto agli alleati che la città era prostrata dalla pestilenza, ma mesta fu anche la risposta che ebbero: gli Ernici, insieme con i Latini, difendessero da soli i loro possedimenti perché Roma, per l'improvvisa ira degli dèi, era devastata dall'epidemia. Se quel male si fosse placato, allora sarebbero intervenuti in aiuto degli alleati, come nell'anno precedente e in tutte le altre occasioni. Gli alleati partirono riportando in patria in cambio di un triste annuncio uno ancora più triste: il loro popolo doveva infatti affrontare da solo una guerra che avrebbe sostenuto a fatica anche col potente sostegno dei Romani. I nemici non si trattennero più a lungo nel territorio degli Ernici. Di lì avanzarono infatti con intenti bellicosi nella campagna romana che subì danni e devastazioni anche senza le violenze della guerra. Nessuno si fece loro incontro - nemmeno un uomo disarmato - e poterono così penetrare in un territorio privo ormai non solo di guarnigioni armate, ma anche di campi coltivati; Volsci ed Equi arrivarono fino al terzo miglio della Via Gabinia. Il console Ebuzio era morto. Per il suo collega Servilio c'erano ben poche speranze. Il contagio aveva colpito quasi tutti i maggiorenti, buona parte dei senatori e pressappoco la totalità di quanti erano in età militare. Così il loro numero non solo non bastava per le spedizioni rese necessarie dalla situazione allarmante, ma arrivava appena a coprire l'organico dei posti di guardia. Il servizio di vigilanza toccò allora a quei senatori che per età e condizioni di salute erano in grado di prestarlo. Le ronde armate toccarono invece agli edili della plebe, ai quali erano passati anche il potere supremo e l'autorità consolare.