Versione originale in latino
Lucretius cum ingenti praeda, maiore multo gloria rediit. Et auget gloriam adveniens exposita omni in campo Martio praeda, ut suum quisque per triduum cognitum abduceret. Reliqua vendita, quibus domini non exstitere. Debebatur omnium consensu consuli triumphus; sed dilata res est, tribuno de lege agente; id antiquius consuli fuit. Iactata per aliquot dies cum in senatu res tum apud populum est; cessit ad ultimum maiestati consulis tribunus et destitit. Tum imperatori exercituique honos suus redditus. Triumphavit de Volscis Aequisque; triumphantem secutae suae legiones. Alteri consuli datum ut ovans sine militibus urbem iniret. Anno deinde insequenti lex Terentilia ab toto relata collegio novos adgressa consules est; erant consules P. Volumnius Ser. Sulpicius. Eo anno caelum ardere visum, terra ingenti concussa motu est. Bovem locutam, cui rei priore anno fides non fuerat, creditum. Inter alia prodigia et carne pluit, quem imbrem ingens numerus avium intervolitando rapuisse fertur; quod intercidit, sparsum ita iacuisse per aliquot dies ut nihil odor mutaret. Libri per duumviros sacrorum aditi; pericula a conventu alienigenarum praedicta, ne qui in loca summa urbis impetus caedesque inde fierent; inter cetera monitum ut seditionibus abstineretur. Id factum ad impediendam legem tribuni criminabantur, ingensque aderat certamen. Ecce, ut idem in singulos annos orbis volveretur, Hernici nuntiant Volscos et Aequos, etsi abscisae res sint, reficere exercitus; Antii summam rei positam; Ecetrae Antiates colonos palam concilia facere; id caput, eas vires belli esse. Ut haec dicta in senatu sunt, dilectus edicitur; consules belli administrationem inter se dispertiri iussi, alteri ut Volsci, alteri ut Aequi provincia esset. Tribuni coram in foro personare, fabulam compositam Volsci belli, Hernicos ad partes paratos. Iam ne virtute quidem premi libertatem populi Romani sed arte eludi. Quia occidione prope occisos Volscos et Aequos movere sua sponte arma posse iam fides abierit, novos hostes quaeri; coloniam fidam propinquam infamem fieri. Bellum innoxiis Antiatibus indici, geri cum plebe Romana, quam oneratam armis ex urbe praecipiti agmine acturi essent, exsilio et relegatione civium ulciscentes tribunos. Sic, ne quid aliud actum putent, victam legem esse, nisi dum in integro res sit, dum domi, dum togati sint, caveant ne possessione urbis pellantur, ne iugum accipiant. Si animus sit, non defore auxilium; consentire omnes tribunos. Nullum terrorem externum, nullum periculum esse; cavisse deos priore anno ut tuto libertas defendi posset. Haec tribuni.
Traduzione all'italiano
Lucrezio tornò con un enorme bottino e con ancora maggiore gloria. Questa subì poi un ulteriore incremento quando, una volta arrivato, egli espose per tre giorni il bottino lungo tutta l'estensione del Campo Marzio, in maniera tale che ciascuno potesse ritirare ciò che riconosceva come proprio. Gli oggetti che non furono rivendicati dai legittimi proprietari vennero messi all'incanto. Sul fatto che il console meritasse il trionfo erano d'accordo tutti: la cosa fu però rinviata per la proposta avanzata dal tribuno che, agli occhi di Lucrezio, appariva di primaria importanza. Del provvedimento si discusse per alcuni giorni prima in senato e poi di fronte al popolo. Alla fine il tribuno decise di sottostare all'autorità del console e lasciò perdere. Solo allora l'esercito e il comandante ricevettero gli onori dovuti: Lucrezio ottenne il trionfo su Volsci ed Equi e nel corteo trionfale venne accompagnato dalle sue legioni. All'altro console fu concesso di entrare a Roma con gli onori dell'ovazione ma privo dei soldati. L'anno successivo la legge terentiliana venne di nuovo presentata dall'intero collegio dei tribuni contro i consoli appena eletti Publio Volumnio e Sergio Sulpicio. Quell'anno si videro prodigi di fuoco nel cielo e la terra venne sconvolta da un terremoto di notevole intensità. Si credette che una vacca avesse parlato, cosa a cui nell'anno precedente nessuno aveva prestato fede. Tra gli altri eventi prodigiosi si assistette anche a una pioggia di carne che, a quanto pare, venne intercettata da un enorme stormo di uccelli finito in volo proprio lì nel mezzo. Quel che invece cadde a terra rimase sparpagliato sul suolo per alcuni giorni senza però imputridire. I duumviri addetti ai riti sacri consultarono i libri sibillini e predissero che un gruppo di stranieri sarebbe stato motivo di pericolo e avrebbe sferrato un attacco alla cittadella con conseguente spargimento di sangue. Ammonirono anche di astenersi dagli scontri tra fazioni. I tribuni li accusavano di averlo suggerito per ostacolare la legge e lo scontro si annunciava senza esclusione di colpi. Ma poi - ogni anno si ripetono le stesse cose - ecco arrivare gli Ernici con l'annuncio che Volsci ed Equi, pur dopo le recenti perdite, stavano rimettendo in sesto i rispettivi eserciti, che Anzio era il centro delle operazioni, che a Ecetra coloni di Anzio tenevano apertamente delle riunioni; quello era il punto di riferimento, quelle le forze della guerra. Una volta ascoltate queste comunicazioni in senato, si indice una leva militare. Quanto poi alla gestione della guerra, i consoli ricevono l'ordine di organizzarla in maniera tale da occuparsi uno dei Volsci e l'altro degli Equi. I tribuni si misero invece a urlare in pieno foro che la guerra contro i Volsci era solo una commedia inscenata apposta e che gli Ernici erano stati preparati per recitarvi una parte. Ormai la libertà del popolo romano non era come un tempo soffocata a séguito di uno scontro leale, ma veniva ignorata con espedienti. Dato che non si poteva più far credere che Volsci ed Equi - quasi totalmente annientati - decidessero spontaneamente di mettersi sul piede di guerra, si andavano a cercare nuovi nemici e una colonia vicina e leale veniva infamata. Si dichiarava guerra agli innocenti Anziati, ma in realtà si faceva guerra alla plebe romana: i consoli infatti l'avrebbero caricata di armi e condotta a marce forzate fuori della città; si sarebbero così vendicati dei tribuni mandando in esilio e relegando i cittadini. I plebei dovevano convincersi che l'unico scopo di tutto questo era mettere a tacere la legge e che ciò si poteva evitare - finché le cose erano agli inizi ed essi si trovavano ancora in patria in abiti civili - operando in modo da non essere esclusi dal controllo della città e da non piegarsi al giogo. Se solo avessero osato farlo, certo non sarebbe venuto loro meno l'aiuto, dato che i tribuni erano tutti dello stesso avviso. Non c'erano minacce esterne, né pericoli in vista. L'anno prima gli dèi avevano fatto in modo che la libertà potesse esser difesa senza correre rischi. Queste furono le parole dei tribuni.