Versione originale in latino
Ubi inluxit, Romanus integer satiatusque somno productus in aciem fessum stando et vigiliis Volscum primo impetu perculit; quamquam cessere magis quam pulsi hostes sunt, quia ab tergo erant clivi in quos post principia integris ordinibus tutus receptus fuit. Consul ubi ad iniquum locum ventum est, sistit aciem. Miles aegre teneri, clamare et poscere ut perculsis instare liceat. Ferocius agunt equites; circumfusi duci vociferantur se ante signa ituros. Dum cunctatur consul virtute militum fretus, loco parum fidens, conclamant se ituros clamoremque res est secuta. Fixis in terram pilis quo leviores ardua evaderent, cursu subeunt. Volscus effusis ad primum impetum missilibus telis, saxa obiacentia pedibus ingerit in subeuntes, turbatosque ictibus crebris urget ex superiore loco. Sic prope oneratum est sinistrum Romanis cornu, ni referentibus iam gradum consul increpando simul temeritatem, simul ignaviam, pudore metum excussisset. Restitere primo obstinatis animis; deinde, ut obtinentes locum vim pro vi referebant, audent ultro gradum inferre et clamore renovato commovent aciem; tum rursus impetu capto enituntur atque exsuperant iniquitatem loci. Iam prope erat ut in summum clivi iugum evaderent cum terga hostes dedere, effusoque cursu paene agmine uno fugientes sequentesque castris incidere. In eo pavore castra capiuntur: qui Volscorum effugere potuerunt, Antium petunt. Antium et Romanus exercitus ductus. Paucos circumsessum dies deditur, nulla oppugnantium nova vi, sed quod iam inde ab infelici pugna castrisque amissis ceciderant animi.
Traduzione all'italiano
Alle prime luci del giorno, i Romani, freschissimi e riposati dopo il sonno, vennero disposti in ordine di battaglia per fronteggiare i Volsci, i quali invece erano stremati per la notte passata in piedi e a occhi aperti: vennero così sbaragliati al primo urto, anche se a dir la verità non si trattò di una vera e propria disfatta ma di una sorta di ritirata in quanto si trovarono alle spalle delle alture dove, con la copertura delle prime linee, si andarono a mettere al sicuro i resti intatti del loro esercito. Il console, dato che era arrivato in un luogo sfavorevole, ordinò di fermarsi. Gli uomini, trattenuti a stento, reclamavano a gran voce l’autorizzazione di incalzare il nemico già in ginocchio. E i cavalieri erano ancora più accaniti: accalcandosi intorno al comandante, gridavano di volersi spingere oltre le insegne. Mentre il console tentennava, sicuro del valore dei propri uomini ma poco convinto della posizione, essi gridarono che sarebbero andati e le urla furono subito seguite dall’azione. Piantate le lance a terra, in modo da essere più leggeri in salita, vanno su di corsa. I Volsci, avendo utilizzato le loro armi a lunga gittata durante il primo scontro, lanciarono addosso ai nemici i sassi che si trovavano tra i piedi e riuscirono a disunirli con una pioggia di colpi dalla loro posizione sopraelevata. E l’ala sinistra della cavalleria romana sarebbe stata schiacciata, se il console, chiamando quelli che stavano indietreggiando ora codardi ora scriteriati, non avesse ridato loro coraggio facendo leva sul senso dell’onore. Si fermarono immediatamente, decisi a resistere a ogni costo. Quindi, vedendo che col mantenere quella posizione riprendevano forza, osarono anche spingersi avanti e, alzando di nuovo il grido di guerra, si misero in movimento tutti insieme. Quindi, con un ulteriore slancio, si buttarono all’assalto ed ebbero ragione della posizione sfavorevole. Ormai erano a un passo dalla vetta, quando i nemici volsero le spalle: lanciatisi in una corsa disordinata, fuggiaschi e inseguitori arrivarono mescolati all’accampamento dei Volsci e lo catturarono nel pieno del panico. I Volsci che riuscirono a fuggire si rifugiarono ad Anzio. Anche i Romani marciarono su Anzio. Dopo qualche giorno d’assedio, la città si arrese, non per qualche nuova azione di forza da parte degli assedianti, ma per la demoralizzazione seguita all’infelice battagla e alla perdita dell’accampamento.