Versione originale in latino
Cum castitatem Iuno laudaret suam,
iocunditatis causa non renuit Venus,
nullamque ut affirmaret esse illi parem
interrogasse sic gallinam dicitur:
“Dic, sodes, quanto possis satiari cibo?”
Respondit illa “Quidquid dederis, satis erit,
sic ut concedas pedibus aliquid scalpere.”
“Ne scalpas” inquit “satis est modius tritici?
“Plane, immo nimium est, sed permitte scalpere.”
“Ex toto ne quid scalpas, quid desideras?”
Tum denique illa fassa est naturae malum:
“Licet horreum mi pateat, ego scalpam tamen.”
Risisse Iuno dicitur Veneris iocos,
quia per gallinam denotavit feminas.
Traduzione all'italiano
Giunone si gloriava per la sua castità, Venere non rinunciò
a un’occasione di giocondità e per dimostrarle che nessuno
la poteva uguagliare, interrogò la gallina, come si racconta.
«Ti prego, dimmi: quanto cibo occorre perché
tu possa saziarti?». E quella: «Ciò che mi
darai mi sarà sufficiente, purché tu
mi permetta di grattare qualcosa con le zampe».
«E per non grattare ti è sufficiente un moggio di frumento?»
«Certo, è perfino troppo, ma permetti ch’io razzoli».
«Infine, per non razzolare, che cosa ti necessita?».
Allora finalmente la gallina dichiara che si tratta d’un difetto
di natura. «Anche se tu consentissi ad aprirmi il granaio,
ciononostante, io continuerei a raspare». Si raccontò
che Giunone avesse riso alle battute di Venere, in quanto
aveva capito che la gallina indicava le donne.