Estratto del documento

Un vantaggio significativo è che più stampanti possono lavorare in parallelo,

permettendo di realizzare contemporaneamente diversi plantari o più coppie per

pazienti differenti nello stesso intervallo di tempo. In questo modo, il

laboratorio può aumentare la produttività complessiva senza incidere sui tempi

di consegna. Inoltre, le macchine possono operare in modo continuativo anche

in orario notturno o nei weekend, ottimizzando l’utilizzo delle risorse e

migliorando l’efficienza organizzativa. 37

Fig. 18: fresatrice per plantari Vulcan CNC di Sensor medica (indicativamente 40.000€)

Fig. 19: SOLE by PodoPrinter, una stampante 3D professionale per plantari (circa 23.000€)

La stampante 3D utilizzata nel capitolo 3 è una BambuLab P1P, ed è una

stampante 3D entry-level dal costo notevolmente ridotto rispetto a SOLE by

PodoPrinter. Questo sta ad indicare che si può avviare una piccola attività anche

con una spesa contenuta. Ovviamente il discorso varia in maniera importante:

La BambuLab P1P è una stampante 3D di tipo generalista, progettata per offrire

alte prestazioni a un costo contenuto. È in grado di lavorare con diversi

materiali, tra cui PLA, PETG e soprattutto TPU, caratteristica che la rende

adatta anche alla produzione di plantari. Grazie alla sua elevata velocità di

stampa e all’ottima precisione dimensionale, consente di realizzare dispositivi

su misura in tempi relativamente brevi. Tuttavia, per ottenere risultati

clinicamente affidabili è necessario avere una buona conoscenza dei parametri

38

di stampa e dei software di modellazione, poiché la P1P non è specificamente

pensata per l’ambito ortopedico.

Un vantaggio importante è la versatilità: la P1P può essere impiegata anche per

altre applicazioni oltre ai plantari, come ausili per esempio, offrendo quindi una

maggiore flessibilità produttiva. Inoltre, i costi iniziali di acquisto sono inferiori

rispetto a una macchina professionale dedicata, e i materiali sono facilmente

reperibili sul mercato. D’altro canto, la stampa di plantari in TPU richiede un

processo più sperimentale: la variazione di durezza nelle diverse aree del

plantare (ad esempio tallone più morbido e avampiede più rigido) deve essere

ottenuta tramite strategie di slicing o progettazione interna complessa. Anche il

post-processing può risultare più laborioso e la qualità finale dipende fortemente

dall’esperienza dell’operatore.

La SOLE by PodoPrinter, invece, è una stampante 3D specificamente progettata

per il settore podologico. Si tratta di un sistema professionale che integra

hardware, software e materiali in un flusso di lavoro completamente dedicato

alla produzione di plantari su misura. Utilizza un filamento proprietario

chiamato FoamFit, un materiale espanso a base di TPU che permette di ottenere

plantari leggeri, confortevoli e con micro-celle interne che migliorano

l’ammortizzazione. Il software associato (PodoCAD) consente di passare

direttamente dalla scansione del piede al modello digitale, ottimizzando il

processo anche per operatori con poca esperienza nel campo della stampa 3D.

Uno dei principali punti di forza della SOLE è la possibilità di modulare la

durezza del materiale all’interno dello stesso plantare, creando zone a densità

variabile direttamente dal software di progettazione in maniera facile e veloce.

Inoltre, la stampante è dotata di un sistema a nastro che permette una

produzione continua, riducendo notevolmente i tempi e gli sprechi di materiale

rispetto ai metodi tradizionali di fresatura. Questo la rende ideale per laboratori

ortopedici che realizzano un numero elevato di plantari ogni giorno e

necessitano di standardizzare il processo.

Tuttavia, la SOLE presenta anche alcuni limiti: i costi iniziali di investimento e

dei materiali sono più alti rispetto a una stampante consumer come la P1P, e la

macchina è meno versatile, poiché è progettata esclusivamente per la

realizzazione di plantari e non per altri dispositivi ortopedici. 39

4.5 Impatto ambientale: produzione additiva vs lavorazioni sottrattive:

Negli ultimi anni, la sostenibilità ambientale dei processi produttivi è diventata

un tema centrale anche nel settore biomedicale e ortopedico. La scelta tra

tecnologie sottrattive, come la fresatura CNC dell’EVA, e tecnologie additive,

come la stampa 3D, non riguarda soltanto aspetti tecnici ed economici, ma

anche il bilancio ambientale complessivo. L’impatto ecologico di un processo

produttivo deriva principalmente da quattro fattori: il consumo di materiale, il

consumo energetico, la gestione dei rifiuti e la possibilità di riciclo o riutilizzo

dei materiali impiegati.

La fresatura CNC comporta un elevato spreco di materiale, poiché una porzione

significativa del blocco viene asportata e trasformata in trucioli o polveri non

recuperabili. Nonostante alcuni laboratori adottino strategie di riciclo parziale

(ad esempio, la raccolta e la compattazione dei residui per la produzione di

componenti secondari), la maggior parte degli scarti di EVA finisce tra i rifiuti

indifferenziati, contribuendo all’impatto ambientale complessivo.

L’EVA, inoltre, è un materiale termoplastico non biodegradabile, che richiede

tempi molto lunghi per la decomposizione naturale e può rilasciare

microplastiche se smaltito impropriamente. Dal punto di vista energetico, la

lavorazione CNC è moderatamente dispendiosa: il consumo dipende dalla

potenza della macchina, dalla durata della fresatura e dal numero di assi

coinvolti, ma resta comunque superiore a quello necessario per un processo

additivo di pari volume di produzione, soprattutto considerando l’energia

necessaria per la rimozione e l’aspirazione dei trucioli.

La produzione additiva garantisce un utilizzo molto più efficiente delle materie

prime, in quanto il materiale viene depositato solo dove necessario. La riduzione

degli sprechi può superare il 70–80% rispetto alla lavorazione CNC, soprattutto

nei casi in cui i modelli presentano forme complesse o spessori variabili.

Dal punto di vista energetico, la stampa 3D richiede un consumo costante

durante tutto il ciclo produttivo, dovuto al riscaldamento dell’estrusore o del

letto di stampa e al movimento dei motori. Tuttavia, l’energia totale impiegata

per realizzare un singolo plantare è generalmente inferiore a quella richiesta da

un processo sottrattivo equivalente, specialmente se si considerano le fasi

accessorie (preparazione del blocco, pulizia, rifinitura). Le stampanti 3D hanno

40

un consumo elettrico ottimizzato per consumare meno corrente elettrica

possibile.

Un ulteriore vantaggio ecologico della stampa 3D è la possibilità di riutilizzare

il materiale non utilizzato: nel caso di polveri o resine (come il PA12 nella

tecnologia SLS), una parte del materiale può essere riciclata per le stampe

successive. Anche i filamenti di TPU possono essere recuperati in parte e

reimpiegati attraverso sistemi di triturazione e rigenerazione. Inoltre, la

digitalizzazione del processo elimina la necessità di calchi fisici o modelli

intermedi, riducendo ulteriormente l’impatto ambientale e i costi di trasporto.

Nel complesso, il processo additivo risulta più sostenibile dal punto di vista del

ciclo di vita del prodotto, grazie al minor consumo di materiale, alla riduzione

dei rifiuti e alla possibilità di produrre in modo decentralizzato, riducendo le

emissioni legate alla logistica.

Al contrario, la lavorazione CNC genera una quantità maggiore di scarti solidi e

richiede una gestione più complessa dei rifiuti industriali. Inoltre, i blocchi di

EVA devono essere trasportati e stoccati in grandi quantità, mentre nella stampa

3D il materiale è fornito in forma di bobine o polveri compatte, con un minor

ingombro logistico e minori emissioni indirette.

Va comunque osservato che l’impatto ambientale della stampa 3D dipende

anche dalla tipologia di materiale utilizzato e dal mix energetico impiegato per

alimentare le macchine: in contesti dove l’elettricità deriva da fonti rinnovabili,

la tecnologia additiva può considerarsi quasi neutrale in termini di emissioni,

mentre in altri casi il bilancio energetico può risultare meno vantaggioso.

In sintesi, dal confronto tra plantari CNC in EVA e plantari stampati in 3D,

emerge che la produzione additiva offre un profilo ambientale nettamente più

sostenibile, grazie alla riduzione degli sprechi, al minore utilizzo di materiale e

alla possibilità di riutilizzo delle materie prime.

La lavorazione CNC, pur rimanendo una tecnologia consolidata e affidabile,

risulta più impattante in termini di consumo di risorse e generazione di rifiuti.

Nel complesso, la stampa 3D non solo migliora la personalizzazione e la qualità

del prodotto, ma contribuisce anche alla transizione ecologica del settore

ortopedico, promuovendo modelli produttivi più responsabili, digitali e orientati

all’economia circolare. 41

Questi aspetti, uniti ai vantaggi tecnici ed economici analizzati nei paragrafi

precedenti, confermano come la produzione additiva rappresenti oggi la

direzione più promettente per lo sviluppo futuro dei plantari su misura,

integrando innovazione, efficienza e sostenibilità.

Bibliografia

-​ Formlabs. Ortesi stampate in 3D: una guida per ottenere il massimo da workflow e

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-​ Creamed. Confronto tra tecnologie di stampa 3D per la produzione di plantari; 2023.

-​ Formlabs. Solette stampate in 3D: fornitori di software e flussi di lavoro; 2024.

-​ TPU in footwear: differenze polyether vs polyester e implicazioni su

idrolisi/abrasione; 2024–2025

Sitografia

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Scienze mediche MED/33 Malattie apparato locomotore

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher MickZip di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Tecniche ortopediche e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Ugolini Filippo.
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