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CONCLUSIONE
Nella prospettiva delineata, la responsabilità sociale
d’impresa per una nuova realtà
prefigura un nuovo modello
sociale, molto più attiva, partecipativa, problematica e
sfidante. Si tratta, quindi, di promuovere una cultura
d’impresa caratterizzata, secondo uno stakeholder
framework, da una logica olistica, fondata su un
coinvolgimento genuino, e diversa rispetto ai modelli
apparentemente vincenti della finanziarizzazione e del
capitalismo d’alta quota. È un modello nuovo, che ha forti
legami con la parte migliore della nostra tradizione
imprenditoriale: bisogna riscoprire, infatti, i legami
consapevoli ed essenziali col territorio, che tanta parte
hanno nello spiegare il successo dei più avanzati pattern di
20
sviluppo locale .
Solo attraverso questa logica relazionale e collaborativa
ampia sarà possibile assicurare la sostenibilità
complessiva, solo, cioè, se la responsabilità sociale è
20 Scrive Becattini (2004, p. 244): “Il distretto industriale - autentica
«piccola economia
sociale di mercato» - lungi dall’essere un residuo del passato
precapitalistico o una
«mostruosità» del capitalismo italiano... è l’espressione paradigmatica,
embrionale, simbolica di un capitalismo equilibrato... «dal volto
umano»... Nel grembo del
capitalismo attuale ci sono almeno due (forse più) linee di sviluppo
possibile. C’è la
linea ben nota agli economisti di una crescita vertiginosa, ancorché
instabile
dell’accumulazione, e c’è quella di un matrimonio delle finalità di
guadagno con le
esigenze dell’uomo”.
intesa come fattore di cambiamento sistemico, che riguarda
certo le imprese, ma pure i soggetti pubblici e le
organizzazioni del Terzo Settore per rispondere alle
richieste diffuse e alle oggettive necessità di radical
change, partecipazione, coinvolgimento, maggiore
trasparenza e accountability in tutti i processi decisionali e
attuativi.
Nel caso contrario si parlerebbe di ipocrisia e frode.
Si deduce che la responsabilità sociale non può essere
utilizzata quale strumento per realizzare facili consensi o
coltivare clientele e interessati sostegni tramite focalizzati
interventi di giving. Essa è, al contrario, innovazione
radicale, di cui solo adesso si sta assistendo ai primi,
importanti, effetti.
Inoltre, uno degli obiettivi su cui si è basata la tesi è il
confronto delle due sezioni che la compongono, la prima
teorica e l’altra pratica, studiando eventuali differenze o
analogie. d’impresa, in particolare
Nella prima parte spicca l’etica
l’etica, che ha per oggetto la condotta dell’uomo e i criteri in
base ai quali si valutano i comportamenti e le scelte, è un
concetto che si sta sviluppando negli ultimi anni, di cui la
maggioranza delle aziende è a conoscenza. Esse, infatti,
ritengono importante considerare la morale, sinonimo di
etica, come principio guida della vita aziendale.
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d’impresa sviluppa il modo in cui le
Si è visto come l’etica
persone si comportano all’interno del mondo degli affari
dando rilevanza notevole «al come» sono svolte le attività.
Ecco allora che l’obiettivo si sposta dal semplice
conseguimento del profitto ad un obiettivo più specifico, che
considera il processo mediante il quale si raggiunge il
risultato finale.
Valutare l’etica in azienda non significa mettere il profitto in
avrebbe senso l’esistenza
secondo piano, altrimenti non
dell’azienda stessa; però esso non rimane il principio
assoluto e unico su cui si basano i comportamenti
dell’imprenditore. In realtà, le aziende considerano il
conseguimento dell’utile come l’obiettivo principale ma ad
esso associano altri scopi, che possiamo definire etici. In
questo modo la loro visione si orienta in un futuro verso la
d’Impresa» (RSI).
politica della «Responsabilità Sociale
In generale, tuttavia, si sottolinea la costante separazione
tra la riflessione sulla responsabilità sociale e quella di etica
degli affari: l’una rivolta agli obblighi sociali dell’impresa al
di fuori della sua attività economica, l’altra tesa a definire le
basi morali dell’attività e delle operazioni più proprie delle
organizzazioni produttive.
I fini etici sono indirizzati soprattutto alle risorse umane
presenti in azienda e si esplicano principalmente nel
rispetto della persona o in investimenti specifici per lo
stakeholder stesso. Inoltre, particolare rilevanza viene data
alla solidarietà come fine sociale.
Adottare comportamenti etici non significa solo in senso
stretto rispettare le leggi dello stato o essere onesti con sé
stessi e con gli altri, ma anche avere cura delle generazioni
future ponendo attenzione all’impatto delle proprie
operazioni aziendali (concezione teleologica),
promuovendo il «bene comune», concetto su cui si basa la
RSI.
Ogni imprenditore può essere ispirato da valori diversi che
non necessariamente devono essere religiosi e che
possono dipendere dalla propria formazione e cultura. È
necessario che gli imprenditori riflettano attentamente su
questo aspetto etico della loro vita personale e dei propri
collaboratori, ai vari livelli e nelle varie aree funzionali, nella
consapevolezza che la loro impresa non può vivere senza
una «coscienza morale»; responsabilità morale che,
attribuita all’impresa e
secondo gli imprenditori ormai viene
non alle singole persone, poiché essa è costituita da
individui.
Il problema che rimane in sospeso, è la difficoltà nel
valutare cosa sia etico e cosa non lo sia, cioè non esiste
una decisione «giusta» ma esiste comunque una decisione
presa responsabilmente; inoltre non si ha la certezza che
siano presenti davvero una pluralità di motivazioni o se sia
l’egoismo soltanto che dirige gli esseri umani.
L’imprenditore non ha a disposizione un decalogo sul quale
basarsi, può comunque definire una carta di valori da
condividere con gli altri collaboratori. A tale proposito è
emerso chiaramente dall’indagine che i valori ispiratori della
gestione sono: il rispetto del prossimo e della dignità
umana, la correttezza, l’onestà, la giustizia, la fiducia ed
infine la tutela ambientale e delle risorse. Quest’ultimi
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orientano gli atteggiamenti e i comportamenti dei soggetti
operanti all’interno e all’esterno dell’impresa.
Un altro dubbio che emerge in continuazione analizzando le
aziende è che integrare obiettivi economici e obiettivi etici
o, se si scende nel particolare, investire nell’ambito del
sociale, potrebbe comportare minori utili e la disponibilità di
minori risorse finanziarie per l’effettuazione di investimenti
direttamente produttivi. Tale obiezione è valida
limitatamente al breve periodo, perché il progresso
reddituale, competitivo e sociale non si realizza
istantaneamente, ma si dispiega nel tempo e, di solito, in un
tempo non breve.
Si è voluto sostenere, a differenza di altre impostazioni
teoriche, che l’impresa pur mantenendo come base
insostituibile ed indispensabile la logica economica,
affianca a quest’ultima un’attenzione verso il sociale
adottando quindi una teoria estensiva e non riduttiva,
secondo la quale l’obiettivo che caratterizza l’attività
dell’impresa deve essere necessariamente ispirato a criteri
economici. A tale proposito, l’analisi è stata concentrata
sull’«impegno sociale» delle aziende, evidenziando che la
maggioranza investe in iniziative di carattere sociale, cioè a
sostegno della cultura, dell’ambiente e della solidarietà e in
altri ambiti simili. In particolare, le aziende finanziano le
iniziative di carattere sociale contribuendo direttamente alla
realizzazione di un progetto.
Le motivazioni che spingono le stesse ad intraprendere
determinate attività sono quasi sempre interiori, cioè
derivano dai valori in cui credono, che poche volte sono
chiaramente definiti e di conseguenza non noti al personale
aziendale. Ecco allora che gli investimenti sociali, da
distinguere con la beneficenza, comportano sicuramente
dei vantaggi quali ad esempio, l’utilizzo del progetto per
coinvolgere il personale aziendale oltre al riscontro in
termini di immagine economica.
È in questo contesto che quindi si passa nella seconda
sezione della ricerca, una sezione definita pratica perché
ha a che fare con le decisioni che prendono imprese come
Rendimento Etico e che quindi hanno risvolti nella realtà
economico-finanziaria e sociale. Difatti, uno dei caratteri
fondamentali della RSI è la volontarietà delle iniziative
come previsto nel libro verde della Commissione Europea
«l’integrazione su base
del luglio 2001, che definisce RSI:
volontaria, da parte delle imprese, delle preoccupazioni
sociali e ambientali nelle loro operazioni commerciali e nei
loro rapporti con le parti interessate».
La volontarietà comporta che il risultato finale, cioè
l’adozione delle politiche, derivi da un processo graduale di
maturazione e di interiorizzazione dei concetti, prendendo
le decisioni con convinzione e non per costrizione.
Al fine di questo lungo studio mi trovo dunque a tirare le
somme, evidenziando cosa comporta adottare la CSR/RSI:
- favorire atteggiamenti cooperativi da parte dei
collaboratori;
- migliorare la qualità delle relazioni con le organizzazioni
sindacali;
migliorare la capacità dell’impresa di attrarre le risorse
-
umane migliori; 85
- aumentare la fiducia dei consumatori nei confronti dei
prodotti dell’impresa stessa;
- migliorare la capacità di attrarre nuovi investitori;
aumentare l’affidabilità dell’impresa agli occhi dei fornitori;
- migliorare le relazioni dell’impresa con la comunità
-
circostante; lo sviluppo della cultura d’impresa e
- promuovere
aumentare l’accettabilità dell’impresa da parte dei
rappresentanti di paesi in via di sviluppo;
migliorare la reputazione dell’impresa;
-
- contribuire al benessere generale, promovendo lo
sviluppo sostenibile.
viene oggi chiesto ciò che un tempo
Inoltre, all’impresa
sarebbe stato considerato impossibile, cio&