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Il rapporto tra rappresentazione e attesa
Nell'ambito di un rappresentare e del suo rappresentato, l'attesa svolge un ruolo fondamentale. Se restiamo in attesa, tralasciamo tutto questo, o meglio: l'attesa non si limita alla rappresentazione. L'attesa in realtà non ha alcun oggetto, lascia affatto ri-condurre. L'aspettare qualcosa trasforma in oggetto ciò a cui ci si vuole rapportare, dato che permane in esso una sorta di desiderio tendente ad afferrare l'oggetto. L'aspettare, in altre parole, è ancora coinvolto nel rappresentare, c'è in esso ancora un volere connesso alle cose, non è abbastanza distaccato ad accogliere liberamente l'essere che si dona. L'attesa è fenomeno più originario rispetto all'aspettare, essa non oggettivizza, non reifica le possibilità, ma anzi le mantiene aperte come tali.
L'essenza di tale attesa si comprende solo riferendosi alla valenza semantica del verbo lasciare: se l'impostazione
trascendentale riduce il reale del verbo lassen, all'interno dell'orizzonte della comprensione umana, riportandolo ad un fondamento provvisorio dall'uomo stesso, esso rinvia ad un altro tipo di rapporto alla verità, capace di lasciarla essere, non rinchiudendola più entro gli schemi ontico-soggettivi.
Restare in attesa, in questo senso, indica l'abbandono alla contradda dell'essere, il rimanere affidato all'Aperto, è il docile e tranquillo abbandono soggiornante nella disvelatezza; è il declinare ogni tipo di rappresentazione e predeterminazione per restare liberi e accogliere il farsi incontro della verità.
Ecco quindi esplicitati più approfonditamente i due versanti della Gelassenheit: quello negativo, la rinuncia al volere, alla rappresentazione e all'orizzonte trascendentale e, in generale, quella volontà di dominio sulla realtà presente che si trova in tanta parte del pensiero moderno; quello positivo,
Il restare in attesa, inteso come abbandono alla verità, al disvelarsi della contrada dell'essere, l'abbandono nel senso di rapporto con la verità dell'essere e affidamento ad essa. "Dato che la contrada che apre l'Aperto, ho cercato," Dice Heidegger: liberato dal "216. In realtà, rappresentare, di affidarmi soltanto alla contrada e di permanere in essa anche in questo tipo di rapporto con la verità dell'essere, sembrerebbe ancora implicato un atteggiamento volontaristico: l'abbandono, l'affidamento a ciò che si dà potrebbe da una decisione del soggetto, potrebbe essere il soggetto a volerlo. Ecco come Heidegger risponde a questa possibile obiezione: "(M) L'abbandono proviene dalla contrada. Esso consiste in questo, che l'uomo è affidato alla contrada proprio dalla contrada stessa. L'uomo nel affidato alla contrada, ed suo essere è affidato alla contrada.
proprio perché appartiene originariamente ad essa. Egli”217le appartiene fin dall’inizio, ed è ad-propriato .alla contrada, dalla contrada stessaL’obiezione, cioè è superata sottolineando che il verbo lassen, è presente nel termine Gelassenheit, non deve essere interpretato in senso soggettivistico: l’abbandono non è solo il modo non volontaristico con cui l’uomo si rapporta all’essere, ma sta ad indicare anche l’evento stesso dell’essere. In questo senso, 216 Ivi, p. 57. 217 Ivi, p. 61. 159a caratterizzare l’atteggiamento dell’uomo, designa anche ciò che rende oltre possibile tale atteggiamento. Rinvia, infatti, sia a quel restare in attesa dell’uomo che lascia essere l’essere, abbandonandosi ad esso, sia anche a ciò che lascia l’uomo essere quello che è. L’uomo si abbandona alla contrada perché è già da sempre affidato, lasciato
essere in essa. L'abbandono non deriva da un volere soggettivo ma proviene dalla contrada che pone l'uomo nell'apertura dell'essere. In altre parole l'abbandono, in quanto specifica modalità di pensiero, è risposta e corrispondenza al darsi della contrada dell'essere e, ancor più radicalmente, è la disponibilità a lasciarsi portare dall'essere e dai suoi movimenti. L'abbandono significa "lasciarsi andare" e in questo senso attesa riconduce all'Aperto della contrada, indicando cioè la docile calma di chi si affida al dinamismo dell'essere, di quell'Altro che si fa incontro e al contempo si nasconde nell'apertura della contrada. E l'uomo si abbandona all'essere e alla sua rivelazione proprio perché, fin dall'inizio, che ne sia consapevole o no, gli appartiene, è appropriato all'essere. Quindi l'abbandono alla contrada significa, percosì dire, soggiornare nei pressi della propria origine, accogliere ed essere accolti in quella che è la propria dimora. In questo modo si può dire anche che l'essenza del pensiero è altro da sé, "ma a partire dall'altro di se stesso, cioè da quel pensiero". Il pensiero, lungi dall'essere contraddizione che dispiega la sua essenza nell'accogliere, è caratterizzato come volere o rappresentare, è determinato da altro da sé, e tutto ciò che nasce da esso, non nasce dal nulla per un umano atto di volontà creativa, ma è una risposta che scaturisce dalla voce dell'essere. Da questo tipo di pensiero scompare ogni traccia di volontà ed esso diventa un "lasciarsi ricondurre nell'appartenenza della contrada", ossia un abbandono a quella dialettica dell'essere a cui già da sempre apparteniamo e a cui (che si sappia o no).siamo affidati. L'abbandono si configura, quindi, come un preservare quietinell'appartenenza della contrada dell'essere, 'l'acconsentire all'appropriazionedella contrada'; in definitiva, un lasciarsi ricondurre dalla verità nella prossimitàdella verità stessa.218 Ivi, p. 62.219 Ivi, p. 67. 160Non solo, Heidegger afferma che ' l'essenza dell'uomo è traspropriata alla' 220verità perché la verità abbisogna dell'uomo. La nozione qui espressa di brauchen(usare, adoperare, aver bisogno), che è presente anche in altri testi, serve asottolineare come il rapporto tra abbandono e verità sia un rapporto circolare.Ognuno di questi termini presuppone l'altro e solo se viene attuato il rapportoall'altro ciascuno può essere compreso. Si tratta quindi di un rapporto di fruizionespecifica tra uomo e verità: entrambi, l'uomo e la verità,abbisognano, l'unodell'altro, essi si coappartengono, perché nessuno di essi potrebbe essere ciò che èal di fuori di questo rapporto. Fin dall'inizio, che lo sappia o no, l'uomo è nelladella verità e, viceversa, la verità è data all'uomo.radura (Lichtung)“(M) L'essenza dell'uomo è lasciata-essere nella contrada, è assunta al proprioservizio,unicamente perché l'uomo, di per sé, non può nulla sua verità: questa pertanto nondipende da lui. La verità, da parte sua, può dispiegarsi senza dipendere dall'uomo soloperché l'essenza dell'uomo, come abbandono alla contrada, è assunta al proprio servizionell'accoglimento del far proprio e del far sì. L'indipendenza della verità èdall'uomodell'uomo, e questa relazione riposamanifestatamente quindi una relazione
all'essenza "nell'accoglimento dell'essenza dell'uomo nella contrada. L'uomo non può nulla sulla verità, questa si dà indipendentemente dal suo desiderio, si serve dell'uomo: senza l'uomo la verità non potrebbe volere, ma nel suo manifestarsi e, viceversa, senza verità l'uomo perderebbe se stesso, non potrebbe essere ciò che è. In questo senso l'uomo è colui che è accolto nel e dall'essenza della verità al suo servizio ed è colui che si abbandona a tale accoglimento, acconsentendo a soggiornare in quello che è il suo luogo essenziale. Una relazione, questa, di reciproca appropriazione in cui ogni termine tende a diventare simile all'altro e nello stesso tempo a fare dell'altro simile a sé; in cui, anzi, i termini del rapporto sembrano non conservare più alcuna distanza, ma l'uno (l'uomo), rinunciando allapropria volontà, è affidato all'altro (verità), traspropriato nella edalla verità. Non si tratta più, quindi, di una relazione in cui i due termini sonol'uno di fronte all'altro, perché l'essere, nel suo manifestarsi, non più l'oggetto difronte al soggetto, ma è ciò che apre la contrada che circonda l'uomo e in cuil'uomo abita fin dall'inizio. L'uomo, da canto suo, è colui che, gettato in tale220 Ivi, p. 69.221 Ivi, p. 72. 161contrada, rimane fedele alla sua origine invisibile e, abbandonandosi, si rimettenella mani di quel 'gioco' senza perché dell'essere, a cui Heidegger nell'ultima fasedel suo pensiero si riferisce costantemente. 162CONCLUSIONIl'abitare dell'esserci storico in unHeimat: mondoCome si accennava nell'Introduzione a questo lavoro, il tema del Nulla, omeglio la riflessione intorno
All'esperienza del nulla, ha segnato fortemente il pensiero contemporaneo. Abbiamo visto come nella prima parte del nostro discorso, seguendo le orme di Heidegger, il nulla sia stato esperito, nella fase iniziale dei pensatori greci, l'aprirsi dell'uomo come pensiero della latenza, velamento; e passando ad interrogare per un 'mondo', come questo nulla disveli le possibilità nascoste a partire dal nostro trafficare quotidiano. Proseguendo su questo versante, allora, l'esperienza del nulla intesa come un soffermarsi raccolto riguardo le nostre possibili decisioni, ci ha indicato anche e soprattutto quell'atteggiamento, quel disporsi attivo e desto, poiché fa capo ad un essere-disponibili, che cor-risponde ad accogliere e ad assumere come proprie le possibilità che si disvelano in quanto possibilità, e che pertanto non sono in nostro potere come il frutto di una volontà soggetti.