Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
L’idea originaria ebbe dunque successo e così altri stati federali copiarono il
New Jersey in una race to the bottom incentrata sulle leggi inerenti la costituzione
delle società, che coinvolgerà dapprima il Delaware, poi Vermont e Nevada, e
che presto avrebbe raggiunto anche il Vecchio Continente per poi diffondersi
nella gran parte dei paradisi fiscali oggi conosciuti.
- 21 - Evoluzione Storica e Funzionamento dei Paradisi Fiscali
L’inefficacia dei
7. trattati bilaterali
Il problema di una tassazione equa ed efficace delle imprese multinazionali
era correlato alle tensioni presenti nei vari stati esportatori di capitali. Il peso
crescente della finanza pubblica si è riversato maggiormente sui singoli contri-
buenti per effetto dell’assottigliarsi delle entrate fiscali pagate dalle imprese
come dimostra Shaxon (2012, p. 33) parlando degli Stati Uniti:
«negli anni Cinquanta le imprese americane pagavano circa due quinti di tutte le im-
poste sui redditi prelevate negli Stati Uniti; oggi quella quota è scesa a un quinto. Lo 0,01
per cento più ricco dei contribuenti statunitensi ha visto diminuire la sua aliquota d’impo-
sta effettiva dal 60 per cento nel 1960 al 33 per cento nel 2007, a fronte di un aumento
dei redditi. Se il millesimo più facoltoso della popolazione fosse stato assoggettato all'ali-
quota del 1960, nel 2007 il governo federale avrebbe incassato maggiori entrate per 281
miliardi di dollari».
Con la diffusione dei paradisi fiscali si presentavano sempre più incentivi volti
ad attirare i capitali e gli investimenti, e le attività imprenditoriali su scala globale
si rivelarono utili a rimodellare gli assetti societari per trarre il massimo benefi-
cio delle opportunità di elusione fiscale. Le holding, i trust, le shell companies po-
tevano avere un qualche grado di legittimità in relazione ad aziende che svolge-
vano effettivamente attività a livello internazionale, ma divennero tuttavia sem-
pre più accessibili anche ad altri soggetti, fra cui un numero sempre crescente
di singoli evasori ed organizzazioni criminali, nonché alle imprese statali. Quindi
l’attenzione si è focalizzata sulle limitazione delle possibilità di evasione fiscale e
gli Stati di residenza che avevano già dichiarato il loro diritto di tassare i redditi
- 22 - Evoluzione Storica e Funzionamento dei Paradisi Fiscali
mondiali, inasprirono le misure fiscali per cercare di scovare i redditi detenuti
all'estero dai propri residenti.
Tuttavia queste misure unilaterali si scontrarono con limitazioni giurisdizio-
nali dovute alla mancanza di criteri concordati multi-lateralmente sulla defini-
zione e la distribuzione della base imponibile dei redditi generati a livello inter-
nazionale. Il dibattito sulla doppia imposizione aveva rigettato la possibilità di un
approccio globale che avrebbe richiesto un accordo internazionale, oltre che
sulla definizione della base imponibile, anche sulla sua ripartizione.
Inoltre le differenze di trattamento nei vari paesi portarono le imprese
stesse ad esercitare pressioni contro gli Stati poiché le prese di posizione unila-
terali spesso producevano poco più che degli ulteriori ed indesiderati fenomeni
di doppia imposizione.
Fra le due guerre mondiali e dopo la fine della seconda, la comunità inter-
nazionale degli Stati procedette alla costruzione di un sistema poco robusto per
il coordinamento fra le differenti giurisdizioni fiscali che palesava le diversità di
pensiero fra le autorità fiscali. Si diffondono così i trattati fiscali bilaterali, basati
principalmente su convenzioni modello dell’OECD ed armonizzati secondo le
circostanze politiche ed economiche dei casi specifici.
Questa organizzazione fiscale internazionale è stata un'importante caratte-
ristica del sistema internazionale liberale che ha stimolato la crescita degli inve-
stimenti nel secondo dopoguerra, poiché se non altro ha risolto i problemi della
doppia imposizione.
Tuttavia in ambito fiscale, il network dei trattati bilaterali si è rivelato un
meccanismo inadatto per il coordinamento fra le diverse giurisdizioni e si rive-
lerà ancora più inadatto a gestire il settore della finanza offshore che si appre-
stava ad emergere. - 23 - Evoluzione Storica e Funzionamento dei Paradisi Fiscali
8. Euromercato e deregolamentazione
Fino agli anni Sessanta, le banche avevano condotto attività di international
banking utilizzando come valuta di riferimento quella del proprio paese di resi-
denza. Esse potevano accettare ovviamente depositi in valuta straniera ma i pre-
stiti verso l’estero avvenivano, se non con rarissime eccezioni, in valuta nazio-
nale. Con lo sviluppo della finanza offshore, oggi si può suddividere fra due ca-
tegorie di international banking: tradizionale ed eurobanking, dove quest’ultima
permette di distinguere fra la sede fisica delle operazioni effettuate e la valuta
con cui esse vengono svolte. In altri termini, questo tipo di transazioni permette
ad una banca situata in un determinato paese di effettuare operazioni in valuta
estera con un’altra banca o intermediatore finanziario con sede nello stesso
paese o all’estero.
Dalla fine della seconda guerra mondiale in Europa si era creato un florido
mercato per il dollaro, la valuta di riferimento del sistema delineato con gli ac-
cordi di Bretton Woods. Per le forti pressioni dovute al processo di decoloniz-
zazione, la sterlina stava subendo una forte svalutazione e così, quando la crisi
di Suez spinse infine la Gran Bretagna ad operare una stretta al credito e ad
aumentare i tassi per evitare fughe di capitali, le banche inglesi cominciarono ad
utilizzare i dollari per continuare a concedere i loro prestiti. Nel 1963 furono
introdotte anche le eurobbligazioni: titoli al portatore non regolamentati che
ampliavano ulteriormente le possibilità di evasione.
- 24 - Evoluzione Storica e Funzionamento dei Paradisi Fiscali
Nel 1957 alla sterlina era ancora riconducibile circa il 40% del commercio
internazionale e la Banca d’Inghilterra che intendeva difendere lo status quo, de-
cise semplicemente di lasciare il campo libero alla nuova attività bancaria che
cominciava a farsi strada nella City (Shaxson, 2012, p. 98). Palan illustra chiara-
mente la portata di una simile decisione puntualizzando che questo nuovo tipo
di transazioni in dollari “were then considered to be taking place not under the
exchange rate regulations, reserve regulation or any other regulations of the
British State nor under de facto regulation” (ed. Hampton e Abbott, 1999, p.
22).
Negli anni Sessanta, per fare un esempio, il disavanzo nella bilancia commer-
ciale degli Stati Uniti era aumentato e quando nel 1963 il presidente Kennedy
aumentò le imposte sugli interessi relativi ai titoli stranieri nel tentativo di arre-
stare il deflusso di valuta statunitense, il provvedimento causò invece una fuga
di capitali verso l’euromercato che era libero da quei vincoli regolamentari
(Shaxson, 2012, p. 110). Dunque l’euromercato costituisce uno spazio offshore,
un mercato deregolamentato, senza vincoli sui coefficienti di deposito obbliga-
torio per le banche che vi operano, le cui operazioni necessitano semplicemente
di una gestione contabile separata da quelle effettuate secondo i tradizionali ca-
noni dell’international banking.
L’euromercato crebbe vertiginosamente rispetto a quando era stato creato,
presumibilmente intorno al 1957: i depositi di Londra che alla fine del 1959
ammontavano a 200 milioni di dollari, l’anno seguente erano quintuplicati.
Quando il mercato dell’eurodollaro si propagò in Svizzera e nei Caraibi a partire
dal 1961, ad esso era riconducibile un giro di affari di 3 miliardi di dollari, che
divennero 46 miliardi nel 1970, 500 miliardi nel 1980 e 2600 miliardi nel 1987.
- 25 - Evoluzione Storica e Funzionamento dei Paradisi Fiscali
Secondo le stime, verso la fine degli anni Novanta, il 90% di tutti i prestiti inter-
nazionali veniva erogato attraverso l’euromercato (Shaxson, 2012, p. 102 e ss.).
Cavalcando la cresta dell’onda e rafforzandosi con le politiche di deregulation
degli anni Ottanta l’euromercato si potè trasformare in una fitta rete globale di
finanza offshore.
Sul finire degli anni Sessanta, con l’escalation militare che dalla Guerra d’In-
docina aveva portato al conflitto in Vietnam, si erano progressivamente accu-
mulate quantità di capitali in valuta straniera all’interno della regione Asia-Paci-
fico. Le limitazioni all’emissione di credito contribuirono all’innalzamento dei
tassi d’interesse nel mercato dell’Eurodollaro e di conseguenza quei capitali di-
vennero oggetto d’interesse per diverse banche. Singapore produsse quindi de-
gli incentivi per attirare le filiali delle principali banche internazionali e la Bank of
America fu la prima a stabilirvisi creando un reparto specializzato nella gestione
di transazioni con la nuova valuta Asian Currency Unit (ACU). Analogamente
alle operazioni nell’Euromercato, per l’ACU si crearono dei registri contabili
appositi per la gestione separata delle operazioni (Palan, 2009). Singapore sta
attraversando una fase di sviluppo straordinario come dimostra la crescita dei
suoi asset che sono passati da un valore complessivo di 150 milioni di dollari nel
1998 a 1173 miliardi alla fine del 2007.
Le banche inglesi iniziarono a diffondere questo modello ai territori che ap-
partenevano al retaggio imperiale del Regno Unito. Esportarono quindi le atti-
vità dell’Euromercato in Jersey, Guernsey e nell’isola di Man all’inizio degli anni
Sessanta, presto seguite da alcune fra le principali banche statunitensi che co-
minciarono ad aprirvi sedi legali e filiali per non rimanere escluse.
- 26 - Evoluzione Storica e Funzionamento dei Paradisi Fiscali
Sempre alla fine degli anni Sessanta, nelle isole Cayman furono promulgate
un insieme di leggi ispirate al modello dei paradisi fiscali che si andavano ad
12
aggiungere alla legge che già da alcuni anni permetteva la costituzione di società
di facciata. La strategia messa in campo dalle Cayman si rivelerà particolarmente
efficace come dimostrano la statistiche del BIS che a fine 2007 la colloca al
13
quarto posto nella classifica dei principali centri di international banking.
Il successo dei paradisi fiscali caraibici ha spinto altri paesi, in particolare fra
le isole del Pacifico, ad emularne il modello. Da quando l’isola di Norfolk, terri-
torio del Commonwealth australiano ha rotto gli indugi nel 1966, l’esempio è
stato seguito nel ventennio successivo da molti altri atolli fra cui Vanatu, Nauru,
isole Cook, Tonga, Samoa ed isole Marshall (Palan et al., 2010, p. 146). Tutte