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Dal momento che la religione, insieme alla lingua, aveva inizialmente rappresentato un

fattore di coesione nella nascente civiltà greca, è proprio in ambito religioso che inizia la

caratterizzazione della tipologia edilizia del tempio. Considerato la dimora del dio, questa

costruzione nasce come organismo molto semplice, costituito da una cella rettangolare di

mattoni crudi e legno (erede con molta probabilità del mégaron miceneo) collocata sopra un

basamento di pietra, in cui il vano di ingresso viene ricavato su uno dei due lati corti e

preceduto da un portico ipostilo.

Solo successivamente l’edificio si caratterizza come “periptero” (circondato da una fila di

colonne su tutti e quattro i lati) e si delinea nella sua stabilizzazione formale, che lo vede

composto da una cella vera e propria (nàos), destinata ad accogliere l’effigie del dio

protettore della comunità, preceduta da un vestibolo (pronao), costituito dal prolungamento

delle pareti del nàos, e conclusa da un portico posteriore (opistodomo). Il tempio era detto in

antis se il pronao racchiudeva tra le ante (prolungamenti delle mura del nàos) due colonne,

prostilo se il fronte presentava una serie di colonne, anfiprostilo se la fila di colonne veniva

riproposta nella parte posteriore.

La copertura è a doppia falda inclinata con struttura di legno e manto originariamente in

paglia. Successivamente, durante il VII secolo a.C., si assiste a un importante cambiamento,

risultato del progresso tecnico: l’introduzione di un manto fatto di tegole di terracotta, che

risultavano molto più resistenti e assai più durature. I materiali poveri (legno e mattoni crudi)

con cui è realizzata la costruzione vengono progressivamente sostituiti con la pietra,

secondo un processo costruttivo razionalizzato, in base al quale i blocchi lapidei venivano

estratti dalle cave, trasportati in loco, rifiniti e messi in opera da maestranze specializzate

con l’ausilio di semplici leve e sigillature in piombo. Gli interventi di finitura relativi alle

scanalature delle colonne e al labor limae sui capitelli venivano completati in un secondo

tempo.

Dal Medioevo Ellenico all'Arcaismo

●​ Origini del tempio greco: il megaron come nucleo originario del tempio.

○​ Esempi emblematici:

■​ Tempio di Apollo a Thermos.

■​ Heraion a Olympia e il dibattito sull'origine lignea degli ordini

architettonici.

●​ Le grandi realizzazioni architettoniche dell'Arcaismo:

○​ Tempio di Apollo a Siracusa.

○​ La cosiddetta "basilica" a Paestum.

○​ Tempio G di Selinunte.

○​ Tempio di Aphaia a Egina.

○​ Tempio di Atena a Paestum.

I Grandi Dipteri Ionici

●​ Artemis ad Efeso.

●​ Era a Samos.

●​ Apollo a Didima.

La Codificazione degli Ordini Classici

Caratteristica dell’epoca arcaica è la codificazione degli ordini architettonici (dorico, ionico e

corinzio), ossia il ricorso a un criterio compositivo armonico, in cui i singoli elementi

costitutivi sono costantemente in relazione con il tutto. Questa ricerca di armonia e di

equilibrio trova le proprie origini nel pensiero filosofico greco e nella tensione intellettuale

verso l’unità, la perfezione e la stabilità, espresse sempre in relazione alla figura dell’uomo e

alla natura, come contesto da preservare e rispettare. In termini tecnici questi principi si

traducono nell’impiego di moduli, ossia riferimenti dimensionali e proporzionali che regolano

l’intera composizione architettonica, e nel ricorso a opportune correzioni ottiche, che

consentono di volta in volta di adattare i rigidi modelli geometrici e matematici alle condizioni

reali del sito e alla percezione dell’oggetto architettonico da parte dell’osservatore.

Il Dorico

Il primo ordine architettonico fu quello dorico: nato nell’area occidentale della Grecia intorno

all’VIII secolo a.C. e poi diffuso nell’entroterra e nelle colonie in Italia, esprime la potenza

delle strutture, pensate come maestose sculture. L’edificio ha forma di parallelepipedo e

facciata sui lati brevi, con l’ingresso collocato a est per motivi sacrali. Il tempio dorico sorge

su un basamento di pietra locale che comprende sia le fondazioni – il cui strato superiore è

noto come euthyntèria – sia i gradini (crepidoma), il più alto dei quali, lo stilobate, costituisce

il piano di appoggio delle colonne, prive di base. Il fusto delle colonne (ciascuna di altezza

pari a 4, 5 o 6 volte il diametro) è rastremato (ossia con diametro inferiore maggiore di quello

superiore) e presenta scanalature unite a spigolo vivo per sottolineare la verticalità

dell’elemento e per creare effetti chiaroscurali sotto i raggi del sole mediterraneo. Il fusto può

essere monolitico, ossia lavorato in un unico blocco di pietra, o formato da più elementi

sovrapposti, detti rocchi (non meno di 4). Nel punto in cui capitello e rocchio superiore si

incontrano si trovano 3 solchi circolari. La porzione terminale del fusto, detta ypotrachèlion,

era lavorata in un unico blocco insieme al capitello. Quanto alle scanalature, il cui numero è

sempre multiplo di 4, va detto che la lavorazione era una delle operazioni conclusive, al fine

di evitare che gli spigoli si scheggiassero in corso d’opera.

Il capitello è composto da un elemento a forma di cuscinetto (echino) sormontato da un

secondo elemento a forma di parallelepipedo a base quadrata (abaco), sopra il quale poggia

la trabeazione. La parte più bassa dell’echino era decorata con tre anelli incisi, detti armille,

che separavano il capitello dall’ypotrachèlion. La trabeazione rappresenta la struttura

orizzontale di sostegno della copertura e, dal basso verso l’alto, si compone di un architrave

(detto anche epistilio; si tratta di un elemento di pietra a superficie liscia composto da blocchi

che si congiungono in corrispondenza del centro delle colonne), di un listello continuo sul

quale sono applicati elementi decorativi (regulae), di un fregio, composto dall’alternanza di

metope (campiture rettangolari scolpite, dipinte o lasciate lisce) e triglifi (ripetizione di 3

elementi verticali, memoria delle antiche costruzioni di legno). Al di sopra della trabeazione è

collocata la cornice, che racchiude il timpano, spazio triangolare prospettante sul fronte di

ingresso del tempio, destinato ad accogliere statue e bassorilievi decorativi. Il tempio dorico

canonico è periptero, ossia circondato da portici, con colonnato che cinge completamente la

cella.

Gli esempi più importanti di tempio dorico in Grecia sono quelli di Zeus a Olimpia (470-456

a.C.), di Artemide a Corfù (590-580 a.C.), con il più antico frontone decorato da sculture, di

Hera a Olimpia (600 a.C.), di Apollo a Corinto (540 a.C., in pietra calcarea rivestita di stucco

bianco), di Atena a Egina (500 a.C.). Nella Magna Grecia i più celebri sono il tempio di

Apollo a Siracusa (570-560 a.C.), i templi di Hera, di Atena e di Nettuno a Paestum (VI-V

sec.), il gruppo di templi a Selinunte (550-530 a.C.) e il tempio di Zeus ad Agrigento (500

a.C.).

I Templi di Zeus e di Hera a Olimpia

L’edificio più rappresentativo dell’architettura dorica è senza dubbio il tempio di Zeus, che fa

parte del santuario di Olimpia (sede dei Giochi Panellenici dal 776 a.C. al 393 d.C.). Eretto

dall’architetto Libone tra il 470 e il 456 a.C., era alto 20 metri, largo 28 e lungo 68. Il tetto era

ricoperto di lastre di marmo e caratterizzato da oltre 100 gocciolatoi a testa di leone. La

cella, divisa in 3 navate, accoglieva una delle Sette Meraviglie del Mondo, opera dello

scultore Fidia: la statua crisoelefantina (di oro e avorio) raffigurante Zeus sul trono. Il tempio

aveva 6 colonne sui lati brevi e 13 su quelli lunghi; quelle che lo sostenevano – alte 11 metri

e del diametro di 2,25 – poggiavano su un basamento di 3 gradini. Metope e decorazioni dei

frontoni sono dell’anonimo Maestro di Olimpia.

Un altro importante tempio dorico di Olimpia è quello di Hera: eretto nel 600 a.C.,

presentava la parte superiore in mattoni, aveva 6 colonne in facciata ed era cinto da colonne

doriche di legno (successivamente rifatte in pietra). Al pronao e alla cella è stato in seguito

aggiunto un vano posteriore circondato da colonne.

I Templi di Hera, Atena e Nettuno a Paestum

Tra gli edifici più rappresentativi dell’architettura dorica nella Magna Grecia si citano i templi

di Hera, di Atena e di Nettuno a Paestum. In principio era Posidonia – questo il nome dato

dai Greci di Sibari che fondarono la colonia nel VII secolo e vi costruirono diversi edifici, fra

cui 3 templi –, poi, con l’occupazione da parte dei Lucani nel V secolo, fu la volta di Paistom

e infine, con l’arrivo dei Romani nel III secolo, si giunse al nome di Paestum. Le mura poste

a difesa del sito erano di pietra calcarea e avevano un perimetro di 5 chilometri; realizzate

nel IV secolo a.C., erano interrotte da 4 porte.

I templi dorici di Hera, Nettuno e Atena furono eretti tra il VI e il V secolo a.C. Il più antico è

quello di Hera, che sorge insieme al tempio di Nettuno nell’area sacrale dedicata a Hera.

Questo edificio enneastilo (con 9 colonne in facciata), originariamente denominato “basilica”,

è costituito da blocchi di calcare e sorge su uno stilobate di 25 x 55 centimetri; presenta 18

colonne sui lati lunghi, 9 su quelli brevi e una fila a sostegno dell’architrave lungo tutto il

perimetro, posta “a custodia” della cella. Quest’ultima è a 2 navate con colonnato centrale e

dà accesso a un vano chiuso destinato a esigenze di culto, il cosiddetto àdyton, che è

situato nell’atrio posteriore in sostituzione dell’opistodomo.

Il più importante dei 3 templi dorici è quello di Nettuno, che mostra 14 colonne sui lati lunghi

e 6 sui brevi; la cella presenta una ripartizione in 3 navate, delimitate da 2 file di 7 colonne

doriche. In origine una doppia rampa di scale dava accesso al sottotetto. Tra le peculiarità

del tempio di Nettuno vanno ricordati i capitelli con echini alquanto schiacciati e le 24

scanalature sulle colonne.

Il tempio di Atena (in origine chiamato tempio di Cerere) risale al 510-500 a.C e sfoggia

colonne doriche nella peristasi, ioniche nel pronao. Prende il nome dal fatto che vi sono

state rinvenute numerose statuette raffiguranti la dea guerriera.

Lo Ionico

Il secondo ordine architettonico fu quello ionico, nato nell’area orientale della Grecia tra il VI

e il V secolo a.C. A influenzarlo furono le tradizioni artistiche e culturali del popolo degli Ioni,

etnia insediata sulle coste dell’Asia Minore a stretto contatto con le culture orientali. A

differenza del dorico, quest’ordine presenta una molteplicità di forme, com

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A.A. 2023-2024
9 pagine
SSD Ingegneria civile e Architettura ICAR/18 Storia dell'architettura

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher sole567 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia dell'architettura e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Viscogliosi Alessandro.