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LEON BATTISTA ALBERTI: PALAZZO RUCELLAI
L’Alberti cercò di compensare l’angustia del sito e la limitata superficie dell’edificio elaborando la facciata
con la stesa cura per le proporzioni, per l’armonia e per la simmetria invocata nel suo De re aedificatoria.
Egli non solo applica alla facciata gli ordini, bensì li riproduce su tre livelli, variandoli secondo le leggi
vitruviane del progressivo raffinamento e passando dal dorico del pianterreno agli ordini ionici e corinzi
modificati soprastanti, separati tra loro da fregi con lo stesso emblema personale di Giovanni Rucellai che
orna la facciata di Santa Maria Novella. Nel quadro di questa ordinata matrice, l’Alberti alterna le finestre a
bifora semicircolari dei piani superiori alle finestre quadrate del pianoterra simili a quelle del palazzo Medici
Ricardi e di Palazzo Vecchio. Le cinque campate del progetto originale sono disposte in modo
perfettamente simmetrico attorno al singolo portone centrale. L’intera composizione è supportata da un
basamento realizzato per mezzo di un opus reticulatum in muratura archeologicamente corretto, a sua
volta sottolineato dal sedile destinato ai clienti. L’alternarsi di muratura liscia e ruvida e le sottili gradazioni
nel rilievo dei pilastri, dei fregi, delle cornici delle finestre e delle porte classicheggianti evitano qualsiasi
effetto di sovraccarico su questa facciata fittemente lavorata, il tutto regolata dalle proporzioni e dalla
simmetria tipiche dell’Alberti. Questa composizione ammirevolmente rigorosa si confaceva a tal punto
all’ideale promosso dall’Alberti che era impossibile aggiungervi o sottrarvi qualcosa, tant’è vero che la
struttura si dimostrò incapace di sostenere le successive aggiunte ordinate dall’ambizioso committente
dell’Alberti.
Dopo che l’Alberti aveva posto termine alla sua collaborazione al progetto, il Rucellai assodò un altro
architetto, Bernardo Rossellino, che si era probabilmente occupato della supervisione tecnica dell’ideazione
originale dell’Alberti. Essendo riuscito ad acquistare la proprietà che sorgeva sul lato opposto del sito, in
attesa di acquistare altro terreno, Rucellai ordinò l’estensione della facciata che, da cinque campate
quadrate e simmetricamente ordinate, passò a un disegno a otto campate
LEON BATTISTA ALBERTI: TEMPIO MALATESTIANO
Le principali commissioni religiose ricevute dall’Alberti – San Francesco a Rinini, ovvero il Tempio
Malatestiano (1450-1468), San Sebastiano a Mantova (iniziato nel 1459) e Sant’Andrea sempre a Mantova
(iniziato nel 1471) – presentano qualità che vanno ben oltre la più rigorosa definizione degli ordini,
l’armonia e la proporzione raccomandate nel suo trattato. Come a Santa Maria Novella, dove l’Alberti aveva
fuso motivi della struttura preesistente e della più antica San Miniato, in San Francesco l’architetto
umanista intervenne sugli elementi gotici della struttura esistente in un modo che soddisfece le esigenze
formali del progetto approvato, introducendo riferimenti ad un altro e più antico monumento cittadino –
l’Arco di Augusto riminese – dall’Alberti liberamente riadattato con elementi tratti dall’Arco di Costantino a
Roma, e manifestando quella che appare una preoccupazione costante, nell’arco di tutta la sua carriera: la
compenetrazione dell’arco di trionfo classico e della sezione basilicale. Una medaglia della chiesa realizzata
da Matteo dè Pasti, l’architetto locale incaricato di eseguire il progetto, mostra come l’Alberti intendesse
conciliare questi due elementi con gli stessi mezzi timpani che affiancano il frontone di Santa Maria Novella.
La medaglia rivela un’altra ossessione formale dell’Alberti, dato che mostra una gigantesca – e
probabilmente irrealizzabile – cupola semicircolare ampia quanto l’intera navata.