Ciò che occorre e che basta perché l'invenzione sia tale, è che essa serva a
(risolvere) qualcosa; e, in questo senso, un'invenzione che non serva a nulla
(o che ancora non si sappia se e a cosa può servire), certamente è «inutile»
e non è brevettabile; ma perché, in quanto tale, essa non è «invenzione».
Il tema rimanda a quello della necessaria indicazione di un uso, sul quale si
vedano i
3.4 La liceità
Quello della liceità dell'invenzione è un requisito che solo di recente ha
acquisito un concreto spessore, a seguito dello sviluppo di nuove tecnologie
(in primo luogo le biotecnologie) che suscitano problemi etici di indubbio
rilievo.
La contrarietà all'ordine pubblico o al buon costume dell’attuazione di una
invenzione - che non può esser dedotta dal solo fatto che essa sia all'ordine
vietata dalla legge o da un provvedimento amministrativo (art. 50 c.p.i.) -
presuppone innanzitutto che di una data invenzione non sia immaginabile
alcuna attuazione che non sia illecita; è dunque brevettabile, ad esempio, una
sostanza in sé venefica, o stupefacente, se essa possa avere anche effetti
terapeutici.
In questo senso, alcune tecniche biotecnologiche unicamente rivolte a
realizzare, in sintesi, manipolazioni del corpo umano, sono, nell'attuale
contesto storico, considerate eticamente inaccettabili (art. 81 quinquies c.p.i.).
Così pure, motivi etici hanno indotto a escludere, in termini che paiono
eccessivamente generici, la brevettazione di invenzioni la cui attuazione sia
contraria alla tutela della salute, dell'ambiente e della vita delle persone e
degli animali, alla preservazione dei vegetali e della biodiversità ed alla
prevenzione di gravi danni ambientali (artt. 81 quinquies
c.p.i. e 27, comma 2, TRIPs).
Con l'introdurre queste barriere alla brevettazione si mira a disincentivare
l'afflusso di finanziamenti verso quei settori della ricerca - sviluppo «in odore»
di contrarietà a principi etici (per il momento) comunemente accetta-ti; ma si
dimentica che, qualunque sia l'invenzione brevettata, il brevetto non
attribuisce un diritto a attuarla, ma unicamente ad impedire ai concorrenti di
darvi attuazione; si dimentica che, paradossalmente, al divieto di brevet-
tazione sovente non si accompagna un divieto legale di fare (in regime di
concorrenza) ciò che non si può brevettare; e si dimentica che, nel corso dei
vent'anni di durata di un brevetto, può ben accadere che venga meno
l'ostraci-smo etico verso certe pratiche precedentemente ritenute inaccettabili
e quindi non brevettabili.
4. I diritti nascenti dall'invenzione.
I diritti esclusivi derivanti dalla brevettazione, le loro limitazioni e
l'ambito della protezione
4.1 I diritti nascenti dall'invenzione. Le invenzioni di gruppo
Diritti morali dell’inventore
All'inventore la legge riconosce innanzitutto il diritto di natura morale, come
tale inalienabile e irrinunciabile, ad essere riconosciuto autore dell'invenzione
ventore e ad esser come tale indicato nella (eventuale) domanda di brevetto
[artt. e 160, comma 3, lett. C), c.p.i.].
D'altro canto, spetta in linea di massima all'inventore il diritto a brevettare
l'invenzione; diritto che peraltro egli è libero di non esercitare (non esiste un
obbligo di brevettare!) ove decida di sfruttare l'invenzione in regime di
segretezza (si veda infra $$ 5.1 e 5.2) o, al contra-rio, nell'ipotesi in cui
decida di divulgare la sua invenzione senza richiederne la brevettazione.
Tuttavia, per le invenzioni realizzate da prestatori di lavoro subordinato o da
ricercatori universitari, la legge detta una particolare disciplina della titolarità
del diritto a richiedere il brevetto, sulla quale ci si soffermerà più avanti; e
altrettanto è a dirsi per le invenzioni realizzate su commessa (infra $
7).
Quanto alle invenzioni conseguite tramite l'ausilio di sistemi di Intelligenza
Artificiale (IA), si veda infra il $ 4.2.
In caso d'invenzione realizzata da più soggetti (c.d. invenzione di gruppo), il
diritto a essere riconosciuto coautore dell'invenzione spetta a ciascuno dei
soggetti che abbiano contribuito alla ideazione dell'invenzione stessa, con
esclusione di chi abbia invece svolto un'attività non creativa ma esecutiva.
Quanto ai diritti di natura patrimoniale, essi spettano in comunione tra loro ai
coinventoni; al riguardo, la legge dispone che «salvo convenzione in
contrario» stipulata dai contitolari, le facoltà relative al brevetto sono
disciplinate dalle norme del codice civile in materia di comunione «in quanto
compatibili» (art. 6 c.p.i.).
In realtà non è agevole la trasposizione al «bene immateriale» invenzione
delle norme codicistiche sulla comunione, pensate con riguardo a beni
materiali.
Ferma restando la libertà di ciascun contitolare di disporre della propria quota
di comproprietà sul brevetto, si ritiene invece, anche se le opinioni non sono
univoche, che occorra una delibera favorevole della maggioranza (semplice o
qualificata ex art. 1108 c.c.) dei comproprietari per la concessione di licenze e
l'unanimità dei consensi per la cessione del brevetto a terzi.
Peraltro, l'art. 6, comma 2, c.p.i. dispone che il diritto a richiedere il bre-vetto,
e a compiere, anche nell'interesse degli altri coinventori, gli atti necessari alla
sua concessione e al suo mantenimento in vita, spetti individualmente a
ciascun contitolare.
Deve infine ritenersi che ciascuno dei coinventori sia tenuto a non divulgare
l'invenzione, prima del deposito della domanda di brevetto, onde non
precluderne agli altri la brevettazione o l'utilizzazione in
regime di riservatezza.
 
                                         
                                        