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Griffith, bensì a ritroso e in modo frastagliato, influenzato dal cinema straniero

di Eizenstein, con il suo montaggio delle attrazioni, che procede in modo

caotico e quasi violento, riproducendo assai bene e in modo involontario (?) la

teoria dello straniamento di Sklovskij, che puntando al fine dell’automatismo

delle percezioni, presenta una successione illogica di immagini, spezzando

quella che era la tradizionale continuità che portava a un riconoscimento

passivo senza più entusiasmo da parte dello spettatore/lettore. È questo

straniamento cinematografico è vissuto dagli stessi personaggi del libro, che

vanno a vedere – nella finzione – un film proprio di Eizenstein, film che in realtà

non fu mai realizzato, e che, guarda caso, si chiama come il romanzo che

stiamo analizzando, ma in tedesco: Unterwelt. Cioè sottomondo, aldilà.

Suscitando le stesse reazioni stranianti ai nostri. E non è un caso che proprio

nel Prologo il sottomondo sia rappresentato con una citazione all’arte

fiamminga di Bruegel, quando un personaggio davvero esistito ma riprodotto in

chiave romanzesca Hoover, direttore dell’FBI, si ritrova fra le mani due pagine

di giornale che riproducono il famoso quadro rappresentante il giorno del

giudizio con le anime dei morti, resi scheletri, scagliarsi con violenza sui vivi e

sulle loro anime, torturandoli, e conducendoli negli Inferi. Inferi che forse sono

lo stesso riflesso del sottomondo frequentato per carità da Suor Edgar, il

sottomondo dell’artista Ismael, che poi sapremo essere malato di AIDS, il

sottomondo degli scarti e dei rifiuti che usa Klara per i suoi lavori artistici e

quello che è fonte di lavoro per Nick. Quella spazzatura che De Lillo rende

protagonista a tutti gli effetti del suo romanzo, come aveva fatto Eisner nelle

sue 4 graphic novels, da De Lillo sicuramente conosciute, e ambientate proprio

a New York e proprio come De Lillo con protagoniste persone semplici, ai

margini, alle prese con tutte le storture della società moderna.

De Lillo porta in scena dunque un romanzo che possiede una struttura

retroversa, a imbuto, che si regge su un sistema complesso di analessi interne

e omo/eterodiegetiche, che divengono completive a mano a mano che ci

immergiamo nella lettura, e riparano a posteriori omissioni calcolate e

provvisorie. Permeato da focalizzazioni interne con momenti di paralessi, con il

tempo della storia molto esteso, ma con porzioni temporali asimmetriche, a

tratti compresse e sintetizzate a tratti estese e dettagliate, continue

accelerazioni e decelerazioni. La velocità è una delle strategie del romanzo,

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una velocità vertiginosa che procede a fisarmonica, come detto, con aperture e

chiusure.

Come spiega Musil in “Un uomo senza qualità”, la narrativa contemporanea

non procede secondo una traiettoria lineare, come farebbe una pallina da

biliardo che passa da un punto A a un punto B, ma piuttosto ha un andamento

“sbandato”, condizionato, come quello di una nuvola, non razionalizzabile, che

procede zigzagando, influenzata da infiniti elementi. Il romanzo contemporaneo

va allora come “bighellonando”, lasciandosi sedurre da tanti fattori, anche del

tutto gratuiti e non essenziali o necessari alla trama (come lo sarebbero per i

racconti gialli ad esempio, dove tutto deve portare a una certa conclusione e

niente è lasciato al caso), e un vero e proprio punto di arrivo, nella narrativa

contemporanea, non c’è. “Il presente è l’ultima casa al margine”, dice, sempre,

Musil. È inafferrabile e inevitabilmente scivola nel passato”.

Con De Lillo si arriva a questo livello di “frustrazione del lettore”, intendendo

con questo termine lo stato emotivo del non “arrivare mai a destinazione”,

destinazione che l’autore lascia “aperta” a infinite interpretazioni.

Il lettore del romanzo contemporaneo non ha la storia “ben sistemata” ai suoi

occhi, “bella in ordine causa-effetto”, con lui (lettore) che non deve far altro che

leggerla per comprenderla e farla sua. Il romanzo contemporaneo è una specie

di puzzle incompleto, con l’ultimo pezzo che è caduto e non si sa dove sia

andato, forse preso e nascosto da tuo figlio, forse mangiato dal tuo cane. Forse

mai davvero realizzato dalla stessa casa madre. E il lettore allora dovrà faticare

per mettere insieme tutti i pezzi e poi resterà completamente di stucco a

osservare quel buco in mezzo e a chiedersi cosa rappresenti davvero. Il libro ha

un inizio e una fine che in realtà sono due chimere, il racconto infatti coincide

con la parte interna, il vero sviluppo della storia caratterizzato da peripezie e

catastrofi, per usare termini aristotelici. Il prologo si apre con la narrazione di

una partita epocale, di quelle che hanno fatto la storia, tra i Giants e i Dodgers;

De Lillo quando stava raccogliendo informazioni per scrivere il suo capolavoro,

era andato in biblioteca e aveva chiesto la copia del giornale di quel giorno

storico: 3 ottobre 1951 e rimase molto colpito nel vedere che sulla prima

pagina, proprio accanto alla notizia della pallina dell’ultimo lancio andata

perduta tra gli spalti (che diede l’idea a De Lillo), c’era anche la notizia della

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bomba atomica, e questo aneddoto lo riporterà sul romanzo, facendolo vivere

proprio a un suo personaggio.

La pallina da baseball, che come direbbe Italo Calvino è l’ ”oggetto magico”,

finita sugli spalti e passata poi di mano in mano fra i personaggi del libro, è il fil

rouge del romanzo, De Lillo la fa prendere al ragazzino nero, Martin Cotter, con

una sequenza di immagini da vero e proprio talentuoso della ripresa

cinematografica “su carta” e con inquadrature prima a campo lunghissimo che

si restringono piano piano, fino a primi piani e dettagli veri e propri del viso del

ragazzo, la fa acquistare a un tifoso dal padre di Martin che decide di venderla

a sua insaputa (e dovremmo aspettare molti capitoli prima di leggere questo

momento), fino ad arrivare a Nick Shay, che chiude il romanzo. La pallina crea

un arco, un pivot, un vero e proprio punto di riferimento.

Pur essendo il protagonista del prologo, non è il giovane Cotter il protagonista

del libro, anche nonostante l’incipit stupendo e lapidario, lasciato in modo

impersonale (“He speaks in your voice, American…”) degno di altri famosissimi

incipit come “Tutte le famiglie felici…” o “Chiamatemi Ismaele…”.

In questo romanzo abbiamo due narratori, uno è Nick Shay, quello prima

rappresentato adulto a lavorare come manager della spazzatura, a parlare nel

deserto con l’artista Sax, a parlare con la moglie che se la fa con il suo migliore

amico e socio, e poi ragazzino a fare il manovale, vedere suo padre

italoamericano sparire nel nulla, a litigare col fratello minore, bravissimo a

giocare a scacchi, che ha appreso dal marito della donna con cui lui, Nick, fa

sesso di nascosto e che è la stessa con cui chiacchiera a quasi inizio libro nel

deserto, Nick è narratore extra-autodiegetico del romanzo, e in quanto tale ha

una visione ristretta. Il secondo narratore è onnisciente e extra eterodiegetico.

Per riassumere Underworld è un romanzo anticonvenzionale, ipertestuale, con

una struttura plurivoca, multilineare, polifonica, plurilinguistica, pluristilistica, in

essa convive il genere apocalittico (ci sono infiniti rimandi alla paura per la

bomba atomica, le guerre, le malattie come l’AIDIS o le epidemie in generale,

la violenza di sociopatici impazziti come il serial killer che uccide un uomo in

macchina o i balordi delle periferie), il genere psicologico e il genere sociale.

La scelta stessa della copertina rispecchia l’intento dell’autore di sorprendere e

lasciare il segno nella mente del lettore, una suggestiva chiesa neogotica con

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Dettagli
Publisher
A.A. 2024-2025
6 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/14 Critica letteraria e letterature comparate

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Annap.1979 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Letterature comparate e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università telematica internazionale UNINETTUNO di Roma o del prof Moll Nora.