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In tutta Europa, Italia compresa, si è però ormai giunti a mitigare il principio dell’astrattezza, escludendo che la garanzia
a rima richiesta possa operare anche nel caso in cui il debitore principale abbia adempiuto l’obbligazione o non la abbia
adempiuta per un fatto imputabile al creditore garantito; sempre che il garante possa avvalersi di prove certe.
La giurisprudenza ha altresì considerato nulla la clausola di un contratto autonomo con la quale l’ordinante si impegna a
rinunciare al provvedimento d’urgenza di cui all’articolo 700 cpc.
Fideiussione omnibus.
Si immagini un’impresa che sia costantemente alla ricerca di finanziamenti presso una o più banche. Nei casi di questo
genere sarebbe possibile concludere tanti contratti di fideiussione quanti sono i finanziamenti richiesti. Per semplificare
le cose nella prassi si è evoluta la fideiussione assume l’impegno di garantire tutti i debiti, non solo presenti ma anche
futuri, assunti dal debitore.
In passato si è dubitato circa la validità dell’operazione, tenuto conto della sostanziale indeterminatezza dell’impegno
assunto dal fideiussore. Per troncare le discussioni nel 1992 il legislatore è intervenuto stabilendo che la fideiussione per
obbligazioni future, e quindi anche la fideiussione omnibus, è valida purché sia previsto un tetto massimo garantito.
Il legislatore non ha però chiarito se una tale limitazione operi solo con riferimento ai contratti di fideiussione omnibus
conclusi successivamente all’entrata in vigore della legge in questione, od anche a quelli conclusi in precedenza. In
giurisprudenza è comunque prevalsa la tesi circa il carattere non retroattivo della legge 17 febbraio 1992 n. 154.
In ogni caso è stato giudicato scorretto, per contrasto con il principio di buona fede, fare credito senza speciale
autorizzazione del fideiussore, pur essendo a conoscenza delle sue peggiorate condizioni economiche.
Leasing.
Notevoli dubbi interpretativi sono sorti anche in materia di leasing. Si tratta di un’operazione atipica che unisce aspetti
del contratto di compravendita, ed in particolare della vendita con riserva di proprietà, con quelli del contratto di
locazione.
Il contratto di leasing non è un’operazione unitaria, ma può rivestire una pluralità di contenuti. In particolare è possibile
distinguere due differenti tipi di leasing:
• Leasing di godimento. Il leasing di godimento costituisce in buona sostanza un nuovo strumento finanziario a
disposizione delle imprese. I rischi relativi al funzionamento dei beni acquistati sono normalmente addossati
all’utilizzatore, e così pure gli oneri di manutenzione. Al termine del contratto, l’utilizzatore potrà decidere se
acquistare il bene ad un prezzo concordato, rinnovare il contratto ad un costo inferiore, od ancora restituire il
bene. Tenuto conto del fatto che il contratto è in primo luogo finalizzato alla concessione in godimento dei beni,
in caso di risoluzione troverà applicazione la regola di cui all’articolo 1458 comma 1 cc, con conseguente
acquisizione dei canoni già pagati dal concedente.
• Leasing traslativo. Il leasing traslativo assolve viceversa una funzione molto simile a quella della vendita con
riserva di proprietà, vale a dire consentire a chi non disponga della somma necessaria per acquistare un bene.
Il leasing traslativo si distingue dal leasing di godimento per il fatto che il prezzo d’opzione, vale a dire la somma
residua che deve essere devoluta alla scadenza del contratto per acquisire la proprietà del bene è calcolata in
modo tale da essere sensibilmente inferiore rispetto al valore residuo del bene; l’inferiorità del prezzo d’opzione
rispetto al valore residuo del bene concesso in godimento. Ne consegue che in caso di risoluzione del contratto,
il concedente dovrà restituire le rate riscosse ai sensi dell’articolo 1526 comma 1 cc. Se invece il prezzo
d’opzione è calcolato in modo tale da essere sensibilmente superiore rispetto al valore residuo del bene, se ne
può dedurre una volontà delle parti finalizzata alla sola concessione in godimento del bene; si ricade pertanto
nella figura del leasing di godimento; con conseguente applicazione della regola di cui all’articolo 1458 comma
1 cc.
Nella pratica è di gran lunga più diffuso il leasing traslativo rispetto al leasing di mero godimento.
Sale and lease back.
Ancora diversa è la figura del sale and lease back. Nei casi di questo genere, in luogo di concludere un normale
contratto di finanziamento, può essere più conveniente alienare i propri impianti ad un finanziatore, il quale a sua volta
glieli concede in leasing.
A ben vedere l’operazione può essere scissa in due differenti contratti: da un lato un vero e proprio contratto di
alienazione; e dall’altro un contratto di leasing.
L’operazione ha dato adito a notevoli discussioni in merito alla sua liceità, specie con riferimento al divieto del patto
commissorio di cui all’articolo 2744 cc. Siamo infatti di fronte ad un trasferimento della proprietà di un bene a favore di un
finanziatore, che presenta notevoli analogie con un’alienazione a scopo di garanzia sottoposta a condizione risolutiva. La
Corte di Cassazione ha peraltro distinto le due ipotesi considerando che nel lease back la vendita viene effettuata a
scopo di leasing e non di garanzia, e quindi non può considerarsi di per sé in frode al divieto del patto commissorio;
questo non esclude peraltro che in concreto possa ravvisarsi gli elementi della frode.
Factoring.
Molto spesso gli imprenditori che producono beni o servizi forniscono a credito le loro prestazioni, o concedono dilazioni
nei pagamenti. Questo determina il sorgere di una notevole massa di crediti nei confronti della clientela, che pongono
non pochi problemi sotto il profilo gestionale.
Per risolvere questo problema negli Stati Uniti si è sviluppato il contratto di factoring, in virtù del quale un’impresa
specializzata fornisce all’imprenditore un pacchetto di servizi relativi per l’appunto alla gestione ed alla riscossione dei
crediti d’impresa.
Il contratto di factoring può assolvere a per lo meno tre ordini di esigenze:
• In primo luogo i crediti d’impresa pongono un problema di gestione, sia sotto il profilo della contabilità che della
riscossione dei crediti stessi.
• Vi è in secondo luogo un problema di finanziamento; il factor può anticipare in tutto od in parte l’entità dei
crediti, concedendo pertanto un finanziamento all’imprenditore; alla scadenza il factor provvederà inoltre alla
riscossione dei relativi crediti; in questo caso la cessione si intende salvo buon fine.
• Il factor può infine altresì svolgere una funzione assicurativa, assumendo il rischio relativo all’insolvenza; in
questo caso si tratterà pertanto di cessione pro soluto.
Il contratto di factoring implica normalmente la cessione in massa dei crediti d’impresa per l’appunto ad un’impresa di
factoring, la quale a seconda del tipo di servizi richiesti tratterà una parte più o meno cospicua dei crediti incassati.
Sebbene si tratti di una figura contrattuale che si è sviluppata nei Paesi di common law, essa è stata ormai ampiamente
recepita anche in Italia, dove attualmente esiste anche un primo abbozzo di disciplina legislativa, vale a dire la legge 21
febbraio 1991 n. 52, sulla cessione dei crediti d’impresa.
In conformità a questa normativa, le formalità della cessione sono notevolmente, rispetto al regime generale della
cessione dei crediti. È inoltre consentita anche la cessione dei crediti futuri. Ai sensi dell’articolo 3 legge 52/1991, è infatti
altresì consentita la cessione dei crediti futuri per un tempo non superiore a 24 mesi.
Normalmente la cessione ha luogo salvo buon fine, salvo che l’imprenditore di factoring si sia altresì assunta il rischio di
insolvenza; nel qual caso la percentuale trattenuta sarà ovviamente proporzionale al tipo di servizio offerto.
Ai fini dell’opponibilità della cessione ai debitori è considerata sufficiente l’apposizione sulla fattura della clausola
pagamento al factor, in luogo del regime delle notifiche di cui all’articolo 1264 cc.
Parimenti ai fini dell’opponibilità della cessione ai terzi è sufficiente che il factor abbia pagato in tutto od in parte il
corrispettivo della cessione ed il pagamento abbia data certa.
Credito al consumo.
Il Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, recependo il contenuto di alcune direttive comunitarie, ha
dettato nuove norme a tutela dei consumatori in materia di credito al consumo.
Ai sensi dell’articolo 121, per credito al consumo si intende la concessione, nell’esercizio di un’attività commerciale o
professionale, di credito sotto forma di dilazione di pagamento, di finanziamento o di altra analoga facilitazione
finanziaria a favore di una persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale
eventualmente svolta.
L’esercizio del credito al consumo è riservato alle banche, agli intermediari finanziari, nonché ai soggetti autorizzati alla
vendita di beni o di servizi, ma solo nella forma della dilazione del pagamento del prezzo.
Si tratta quindi di un provvedimento che si inscrive nel più vasto ambito dei provvedimenti a tutela dei consumatori che
sono stati emanati nel corso degli ultimi anni.
Ai sensi dell’articolo 124 il contratto deve contenere tutta una serie di informazioni rilevanti a tutela del consumatore.
L’articolo 125 dichiara applicabile ai contratti di credito al consumo l’articolo 1525 cc, dettato in materia di vendita con
riserva di proprietà. La facoltà di adempiere in via anticipata o di recedere dal contratto senza penalità spettano
unicamente al consumatore senza possibilità di patto contrario.
Subfornitura.
Problemi di abuso di posizione dominante e di squilibrio tra potere contrattuale dei contraenti si pongono, come è ovvio,
non solo nei rapporti tra operatori professionali e consumatori, ma anche nei rapporti tra imprese.
Il legislatore è recentemente intervenuto in quest’area di problemi disciplinando il contratto di subfornitura.
Nonostante il nome, non si tratta di un subcontratto. La legge disciplina i contratti in virtù dei quali un imprenditore si
impegna ad effettuare per conto di un’impresa committente lavorazioni su prodotti semilavorati o su materie prime forniti
dalla committente medesima, o si impegna a fornire all’impresa prodotti o servizi destinati ad essere utilizzati nell’ambito
dell’attività economica della committente.
Si tratta dell&