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Estratto del documento

Questo è un tipo di cinema che da una parte racconta storie e dall’altra vuole entrare nel mercato,

anche se è però un cinema che comunque vuole fare ricerca e sperimentazione linguistiche. Il

cinema di questo filone potrebbe essere vagamente accostato al cinema espressionista tedesco che è

un cinema di compromesso basato su sperimentazioni radicali. Tale filone è stato non a caso

definito anche come espressionismo cinematografico francese, anche se risulta più pertinente la

definizione di premiere vague per distinguerlo dalla nouvelle vague degli anni ’60.

- Il cinema d’avanguardia : Man Ray, Ferdinand Léger, René Clair, Chomette, Luis Bunuel,

ecc. (due linee: cinema “puro” / cinema dadaista, cinema surrealista ecc.).

Prima linea: stacco dal rapporto con l’avanguardia artistica, no legami con l’arte sì cinema puro e sì

sinfonia visiva.

Seconda linea: Il Cinema dadaista ed il Cinema surrealista sono collegati alle avanguardie dell’arte

ed entrambi si basano su sperimentazioni cinematografiche che non sono interessate al cinema

come arte autonoma bensì ad una pratica artistica trasversale che permette al cinema stesso di

aggiungersi ad un orizzonte artistico in senso più ampio ed esteso.

- Ma le distinzioni non sempre sono rigide (es. Entr’acte, di René Clair o Le coquille et le

clergyman, di Germaine Dulac).

Entr’acte: film d’avanguardia ma più spettacolare rispetto ai soliti.

Le coquille et le clergyman: la regista è interessata in questo caso al cinema puro e vuole riflettere

sull’essenza del cinema stesso anche se tale film lo si può ricondurre all’orbita del surrealismo.

Esiste un cinema dadaista?

“Le retour à la raison” di Man Ray (1923) è forse l’unico film radicalmente dadaista della storia del

cinema: un’operazione distruttiva che non si può ripetere.

Presentato per la prima volta negli spettacoli del “Coeur à barbe”, Teatro Michel, Paris, 6 luglio

1923.

La macchina per definizione è sempre affermativa perché produce le immagini, ma come si può

collegare questa macchina positiva alla pratica negativa del dadaismo?

Man Ray (1890-1976)

- Fine anni Dieci: pittore vicino al cubismo, fotografo e grafico attivo negli ambienti

dell’avanguardia USA (es. aero-pitture) e fondatore del dadà a New York;

- 1921: si trasferisce a Parigi; collabora con Tzara, Breton, Soupault; diventa un celebre foto-

ritrattista per “Vanity Fair”, “Vogue”, “Harper’s Bazaar”;

- 1924: si sposta verso il Surrealismo;

- Si avvicina al cinema grazie all’amico Duchamp;

- Realizza quattro film sperimentali tra il 1923 e il 1928.

Oggetti d’affezione

Tutto quanto capita sottomano, vien combinato con parole al fine di ottenere una semplice

immagine poetica. Non bisognerà cercare quelle qualità plastiche, quei virtuosismi, o i meriti che si

è soliti veder associati ai prodotti artistici. Questi oggetti dovrebbero dilettare, disturbare,

disorientare o far riflettere. Man Ray

La Venere di Man Ray: realizzata nel 1936 con un calco in gesso del torso della Venere di Milo

legato da corde; la Venere restaurata di Man Ray è fra le opere più dichiaratamente classiche; essa è

un oggetto d’affezione e ci troviamo qui chiaramente nel territorio dell’erotismo.

Rayogrammes

Fotografia ottenuta per semplice interposizione dell’oggetto fra la carta sensibile e la fonte

luminosa. Colte nei momenti di distacco visivo, durante periodi di contatto emozionale, queste

immagini sono ossidazioni di desideri fissati dalla luce e dalla chimica: organismi viventi. Man Ray

Le retour à la raison (1923)

- Intransigente negazione del cinema NRI, ma anche del “cinema puro”;

- Celebrazione di un’antiestetica del caso: un film “improvvisato” (ipoformalizzazione);

- Violazione dei limiti del fotogramma e esaltazione della discontinuità (i falsi jump cut delle

puntine);

- Inserimento di fotogrammi di negativo “subliminali”.

Questo è un film del tutto irrazionale (titolo provocatorio) realizzato in pochissime ore per un

particolare evento culturale. Tzara infatti chiese a Ray di programmare un film per la sera dopo,

film che sarebbe stato trasmesso al Teatro Michel (teatro che ospitava spettacoli dadaisti). Si narra

anche che Ray guardò il film per la prima volta solamente nel momento in cui venne proiettato

(meno di 3 minuti è la durata del film, il quale sconvolse la storia del cinema del ‘900).

Lui utilizza per questo film una tecnica (Rayogrammes) che si fonda per definizione

sull'improvvisazione in quanto prende la pellicola vergine e ci distribuisce sopra dei micro oggetti

(puntine, chiodi, sale, spezie) illuminandoli. Imprime quindi la pellicola senza l'uso della macchina

da presa ed è come se in questo caso l'immagine si creasse da sola in quanto vi è semplicemente un

puro assemblaggio di pezzi.

I principi chiave dei dadaismo vengono benissimo riassunti in questo film:

- Antiestetica del caso;

- Improvvisazione;

- Immagini che nascono da sole e si auto-generano;

- Negazione della mediazione tecnologica della macchina.

Inserisce un fotogramma negativo ogni 10 fotogrammi positivi (circa) e la nostra possibilità di

percezione non può cogliere questo fotogramma negativo che possiamo definire subliminale.

Questo è un film che nega le logiche di montaggio, anche se però sembra che Ray abbia usato il

montaggio almeno per alcune inquadratura, ad esempio per creare il passaggio dal contenitore di

uova (che crea giochi di luci e di ombra sul muro) al busto nudo di Kiki de Montparnasse (modella

francese, una delle figure centrali della effervescente Parigi degli anni Venti).

Man Ray (uomo luce) aveva richiesto questo pseudonimo perché era affascinato dalla luce, ma in

realtà lui si chiamava Emmanuel Rudzitsky. Secondo lui la luce era importantissima perché poteva

desemantizzare gli oggetti ed i corpi e poteva scardinare il loro significato per mezzo di giochi di

luce e di ombre.  luce come fattore che plasma e semantizza gli oggetti.

Nel film si cerca di stabilire in maniera evidente una analogia tra gli oggetti che creano giochi con

luci e ombre ed i corpi che creano anche loro giochi con luci e ombre (corpo nudo come superficie

riflettente).

L’obiettivo è proprio quello di creare una costante impressione di discontinuità e fratturazione: è

come se la puntina ballasse da sola con se stessa, oltre al fatto gli spilli non sono inquadrati per

intero ma escono anche dai fotogrammi considerati solamente delle convenzioni visive che non

possono e non devono limitare il visibile.

Ad un certo punto nel film c’è un passaggio dal negativo al positivo (come nel film di Murnau) ed il

corpo nudo della modella viene rovesciato nella sua immagine negativa.

In questo film possiamo ritrovare anche lo spazio della fiera tipico del cinema espressionista in

quanto sono ben visibili le luci accese di una giostra.

Lezione 9

Un capolavoro dadaista “moderato”: Entr’acte (1924)

- Nasce dall’incontro positivo di due personalità molto diverse: Francis Picabia e il giovane

regista René Clair;

- Dadaismo inventivo-ludico “istantaneista” (Picabia) +

- Ricerca della comunicabilità;

- Organicità dell’opera;

- Sperimentazione iperformalizzante sui codici specifici del cinema;

- Emersione dell’idea di regia (scelta-organizzazione significante-composizione) (Clair).

- Dal progetto di Picabia alla realizzazione di René Clair: dilatazione, integrazione,

invenzione (la donna barbuta, la corona di fiori commestibili ecc.), organizzazione (il

tessuto connettivo delle vedute parigine);

- Due parti principali: micro-sequenze eterogenee più avanguardiste + sequenza del funerale,

più legata al cinema slapstick (con un più esplicito lavoro di messa in scena, direzione di

attori, montaggio ritmico-sequenziale);

- Liberare l’immagine dal dovere di significare. Affermare:

- Il regno bipolare del sì e del no;

- La pratica del riso come liberazione;

- L’esercizio dell’insignificanza come tattica del rifiuto;

- L’irrisione dei valori costituiti;

- Periodizzazione cinema-spettacolare ma spettacolarizzazione disciplinata del non senso.

Entr’acte è stato concepito fin dalla sua nascita non come un film autonomo, ma come un

intermezzo che andava ad occupare i due tempi di un balletto. Il film è considerato il manifesto del

cinema dadaista e una delle opere più significative delle avanguardie cinematografiche francesi. Il

pubblico andò ad assistere al balletto che s’intitolava “relàche” e nella pausa venne trasmesso

questo film muto di 22 minuti: tale evento passò alla storia come uno dei momenti artistici e

spettacolari più importanti di quegli anni.

Picabia fu un dadaista che andava contro la religione del futuro e che sosteneva che la creazione

artistica doveva ricongiungersi con l’istantaneità della vita. Ent’acte era stato concepito per

interagire con quello che c’era prima e quello che ci sarebbe stato dopo, ovvero le due parti del

balletto. Tale opera d’arte doveva esistere in funzione del rapporto con il pubblico.

Picabia nel 1924 con questo film volle andare contro il dadaismo, attraverso quindi una creazione

ludico-sperimentale. La pratica della visione gioiosa dell’istante si esprime con la comicità e non a

caso questo è un film che si ispira in maniera dichiarata alle comiche americane degli anni ’10 del

Novecento (consapevolezza che non si deve prendere sul serio l’avanguardia perché nel momento

in cui si prende sul serio l’avanguardia stessa muore).

Erik Satie: musicista sperimentale d’avanguardia, personaggio singolare e bizzarro; dopo la sua

morte si scoprì una stanza piena di lettere rimaste chiuse anche se lui aveva risposto a tutte queste

lettere. Satie era noto per uscire quando pioveva e tenere l’ombrello sotto la giacca per paura che si

bagnasse.

La sua era una musica di arredo, ovvero una musica che non era stata composta per essere fruita e

goduta in maniera mirata; la sua musica doveva essere di sottofondo e la volontà era quella di

desacralizzare la musica colta e canonica che si studiava nei conservatori.

Clair non era un dadaista puro bensì un intellettuale che scriveva poesie, oltre ad essere molto

interessato alle esperienze innovative: è un uomo che volle prendere maggiore confidenza con il

cinema per cercare di capire le specificità e le potenze del linguaggio cinematografico; voleva fare

cinema in maniera esclusiva e fu un uomo del cosiddetto cinema-info

Dettagli
A.A. 2016-2017
49 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ART/06 Cinema, fotografia e televisione

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher alessandro.lora-1993 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia del cinema e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Torino o del prof Alovisio Silvio.