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Un influenza autonoma viene poi esercitata dalle risorse di varietà disponibili per il ricercatore: la varietà di
esperienze e conoscenze tecnologiche presenti nel team di ricerca riduce la probabilità di ottenere
invenzioni modeste; l’ampiezza del network di collaborazioni esterne aumenta le chance di invenzioni
radicali.
Altri studiosi hanno fatto una ricerca che mette in luce la “carriera degli inventori”, cosicché l’aumento
dell’esperienza e la messa a punto di euristiche e routine inventive incrementano la produttività
brevettuale e la possibilità di scoperte fondamentali. Un maggior numero di invenzioni aumenta le chance
di incappare in qualcosa di radicalmente innovativo.
Da un’altra indagine sulle invenzioni brevettate negli stati uniti durante gli anni Ottanta nel settore delle
racchette da tennis.
- Uno quota consistente degli inventori sono inventori non abituali (44%), che introducono novità di
grande impatto. Sono cioè gli hobbisti.
- Altri ,invece, hanno un’esperienza tecnica e professionale di tutto rilievo che consente loro di
generare innovazioni radicali a forte incidenza. Sono cioè degli eroi delle invenzioni, che ricordano
la figura del leggendario Thomas Edison.
In media gli inventori autonomi producono invenzioni di minore impatto rispetto a quelli che lavorano alle
dipendenze di un’impresa, ma nel caso possiedano un elevato livello di competenze specialistiche,
all’interno di una specifica area tecnologica, raggiungono risultati comparabili o superiori agli altri.
Pluralizzazione e decentramento
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Diversi studiosi hanno osservato che i meccanismi generativi delle innovazioni tendono oggi a coinvolgere
una molteplicità di soggetti che operano in diversi contesti. Emergono cioè una pluralizzazione e un
decentramento delle fonti dell’innovazione, che evidenziano 2 punti distinti:
a) Le invenzioni/innovazioni sono in certi casi il prodotto di un lavoro comune in cui è difficile
distinguere l’apporto individuale.
b) Sia il processo inventivo sia quello innovativo diventano più aperti e collaborativi.
All’interno di queste coordinate si colloca una pluralità di fenomeni diversi: 36
JdB 1) Le invenzioni collettive: fa riferimento a un modo di attuare e regolare il processo inventivo che è
diverso sia da quello pubblico collettivo sia da quello privato di mercato. si basa sul libero scambio
di informazioni tra le imprese di un settore produttivo, che si trovano a fronteggiare un problema
tecnico comune, alla cui soluzione collaborano apportando ciascuna un piccolo contributo
cumulativo. L’invenzione finale è di tipo collettivo perché tutti i miglioramenti incrementali
introdotti dalle singole imprese hanno contributo alla soluzione del problema tecnico ed è
impossibile attribuire la scoperta a un singolo inventore.
Altri esempi più recenti di invenzioni collettive vengono illustrati da Osterloh e Rota, che mettono
in luce come nella fase esplorativa di una nuova tecnologia gli attori economici possano decidere di
collaborare grazine all’azione di 3 fattori:
a) Grandi potenziali di apprendimento.
b) Bassi costi opportunità.
c) Presenza di benefici selettivi.
2) Le comunità di “open innovation”: durante gli ultimi decenni, nel settore informatico si è assistito
all’emergere di una lotta tra i software proprietari e quelli open source. Nel caso di open source gli
autori di un software rendono pubblico il codice sorgente per permettere ad altri non solo di
utilizzarlo ma anche di apportare modifiche migliorative.
Lo sviluppo dei software open source si basa su contenuti dati volontariamente e non retribuiti che
configurano un modello di innovazione privato collettivo, in base al quale attori privati investono le
loro risorse e competenze per produrre un bene pubblico.
Queste dinamiche cooperative possono dar vita a delle comunità di open innovation, cioè a gruppi
di volontari non retribuiti che lavorano informalmente, si sforzano di mantenere i loro processi di
innovazione pubblici e disponibili per ogni collaboratore qualificato e cercano di distribuire il loro
lavoro gratuitamente.
3) La democratizzazione delle innovazioni: Un procedimento di democratizzazione che vede gli
utilizzatori evoluti di beni e servizi introdurre autonomamente modifiche e novità che ritengono
utili. In altri termini, si sviluppa sempre più un modello di innovazione user-centered che affianca
quello manufacturer-centric dominato in passato.
4) La strategia dell’open innovation, ovvero un nuovo paradigma innovativo seguito dalle imprese. Si
tratta di un modello imprenditoriale che incarna un nuovo paradigma innovativo contrapposto al
modello chiuso di innovazione tipico delle imprese verticalmente integrate.
Organizzare l’innovazione
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Invenzioni individuali oppure collettive implicano modalità organizzative molto diverse. Quello che ci
interessa discutere in questo paragrafo non è però l’innovazione delle organizzazione, su cui esiste una
letteratura specialistica molto ampia, bensì l’impatto che alcune configurazioni organizzative hanno sulle
prestazioni inventive/innovative delle imprese e di altre istituzioni di ricerca.
Gli studi organizzativi evidenziano 2 aspetti rilevanti:
1) Le scelte organizzative influenzano la capacità innovativa
2) Non esiste la one best way, ovvero un disegno organizzative che rappresenti in generale la miglior
soluzione possibili.
Per molti anni la teoria classica dell’organizzazione ha teso a individuare delle soluzioni universalmente
valide: gli esempi più noti sono l’organizzazione burocratica delineata da Max Weber e quella multi-
divisionale elaborata da Alfred Chandler con riferimento alle grande imprese. 37
JdB
A partire dagli anni Sessanta e Settanta con l’affermazione della cosiddetta “teoria della contingenza”
questo orientamento è stato accantonato perché si riconosce che esiste una varietà di forme organizzative
connessa alla diversità dei contesti di riferimento.
Le indagini sull’organizational design si sono moltiplicate e hanno finito per integrarsi con quelle
sull’innovazione tecnologica.
Anche in questo caso si riconosce la variabilità delle configurazioni organizzative che cambiano con i settori
di produzione e gli ambienti in cui operano.
Non si studia più esclusivamente l’organizzazione ma anche l’attività organizzativa.
L’aumento della competizione a livello internazionale e il rapido mutamento tecnologico espongono le
imprese ad ambienti molto più instabili che in passato, costringendole a un continuo processo di
apprendimento e una maggiore flessibilità organizzativa.
In secondo luogo, vengono riconosciuti dei trend di fondo. Alcuni studiosi hanno ricostruito in forma ideal-
tipica una successione di ere organizzative che evidenzia una transizione dall’organizzazione verticale, a
quella orizzontale, all’apertura dei confini attraverso l’outsourcing e il partnering.
Nella prima era, che dura fino agli anni settanta del novecento, prevalgono organizzazioni gerarchiche, auto
contenute, altamente formalizzate e basate su una divisione del lavoro per funzioni e strutture divisionali. Il
processo innovativo risulta prevalentemente confinato all’interno delle imprese e si avvale di enormi
laboratori di ricerca industriale.
La seconda era inizia con gli anni 80, e si caratterizza per una nuova enfasi psta sul coordinamento
orizzontale delle funzioni, sui processi e sul lavoro del team. Per l’innovazione questo si traduce in una
riduzione delle gerarchie interne, un lavoro per progetti e un allentamento della separazione tra gli
innovatori e gli altri stakeholders dell’impresa. il lavoro di gruppo e lo sviluppo di comunità di pratica
facilitano la condivisione delle conoscenze, la fertilizzazione incrociata delle idee e l’innovazione.
La terza era si sviluppa a partire dalla metà degli anni Novanta e vede una forte aperture delle imprese
verso l’esterno. In questa fase nascono nuove forme organizzative:
- Le organizzazioni network, che uniscono unità dotate di una certa autonomia operativa. (le imprese
rete come la benetton, che si avvalgono di unità di produzione e di vendita che operano in
franchising sotto il controllo e il coordinamento della casa madre).
- I network di organizzazione, che collegano attori autonomi che collaborano tra loro. (reti di
imprese, come quelle che uniscono le piccole e medie aziende che operano nei distretti industriali
dividendosi il lavoro)
Questa successione di epoche organizzative delinea delle configurazioni ideal-tipiche e dei trend generali
che non vano però assolutizzati: come abbiamo già detto, esiste una forte varietà settoriale, contestuale e
strategica.
Quali sono le scelte organizzative che vengono ritenute più adatte a stimolare la creatività degli inventori e
la capacità innovativa delle imprese? Una ricerca condotta duranti gli anni novanta sui cambiamenti
organizzativi delle imprese conferma molti dei tratti già evidenziati discutendo la tipologia di Anand e Draft.
Tra le imprese innovatrice si osserva la riduzione dei livelli gerarchici, il decentramento decisionale, la
diffusione dei team di progetto, la proliferazione di forme di coordinamento orizzontali e di partnership
esterne.
Dalla letteratura emergono anche altri elementi che agevolano l’innovazione: la presenza di risorse
dedicate, la frequenza delle comunicazioni interne, gruppi di lavoro coesi, un basso turnover del personale.
Questi risultati trovano un riscontro anche negli studi sulle organizzazione alla frontiera della ricerca
scientifica. Una ricerca condotta su 250 istituzioni che hanno realizzato scoperte di grande rilievo nelle
scienze biomedicali mostra l’importanza dei seguenti aspetti organizzativi: 38
JdB 1) Diversità scientifica moderatamente elevata, cioè presenza all’interno della stessa organizzazione di
una varietà di competenze scientifiche.
2) Comunicazione e integrazione sociale tra gli scienziati, ovvero presenza di frequenti collaborazioni e
scambi di idee
3) Leadership organizzativa, cioè presenza di coordinatori dotati sia du una visione strategica della
ricerca che di capacità di guida e integrazione delle diverse competenze esistenti.
4) Reclutamento, la possibilità di assumere soggetti capaci di apportare competenze scientifiche
diverse.
5) Autonomia e flessibilità organizzativa dell’istituzione di ricerca rispetto al contesto esterno e/o dei
team di ricerca rispetto all’organizzazione di appartenenza.
Chi sono gli inventori
pagina 113
chi sono gli inventori e in quali contesti operano?
Si tratta in larga prevalenza di uomini, nella classi centrali di et