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Alterazioni del sistema immunitario e suscettibilità alle infezioni
Le alterazioni del sistema immunitario possono determinare una maggiore suscettibilità alle infezioni virali, protozoarie e fungine. Un esempio di questa condizione è la Sindrome di DiGeorge, una malattia genetica recessiva causata dalla delezione del cromosoma 22.
La Sindrome di DiGeorge si manifesta con una totale o parziale assenza di linfociti T a causa di una mancata maturazione delle cellule T dovuta ad una malformazione congenita che coinvolge il timo, le paratiroidi, l'arco aortico, le labbra e i padiglioni auricolari. I pazienti presentano ipoparatiroidismo, anomalie cardiovascolari e una facies tipica. I difetti cardiaci sono spesso la causa di morte comune nei pazienti affetti da questa sindrome. Inoltre, i pazienti sono più suscettibili alle infezioni opportunistiche.
I casi più gravi di alterazioni del sistema immunitario sono associati a quelle che vengono
Le chiamate immunodeficienze combinate gravi. Queste comprendono un gruppo eterogeneo di malattie che sono caratterizzate da un deficit numerico e/o funzionale sia di linfociti B che di linfociti T. Questo significa che tutta l'immunità cellulo-mediata e tutta l'immunità umorale sono altamente compromesse. Un esempio di queste immunodeficienze è la disgenesia reticolare, che presenta sia un ridotto numero di cellule della linea linfoide che mieloide a causa di un blocco di maturazione precoce dell'emopoiesi, quindi si ha un problema prima che le cellule staminali si possano essenzialmente differenziare in mieloidi e linfoidi. In questo caso abbiamo una mancata maturazione di cellule T, una mancata maturazione di cellule B, ma anche mancata maturazione di tutte le cellule mieloidi (DC, macrofagi, etc.). Un altro esempio di queste immunodeficienze è la sindrome dell'infocita nudo o BLS (Bare Lymphocyte Syndrome), dovuta a un difetto genetico nel gene CIITA.
Che è l'attivatore che regola l'espressione delle molecole di classe II di superficie. In questo caso, si tratta di una forma rara di immunodeficienza congenita e ad ereditarietà di tipo autosomico recessivo, caratterizzata da una totale assenza di molecole MHC-II e da incapacità di presentare gli antigeni ai linfociti T che porta a una mancata attivazione dei linfociti T (non avremo la formazione del complesso trimolecolare necessario per l'attivazione dei linfociti T CD4). In generale, questi pazienti soffrono di ricorrenti infezioni batteriche, virali e fungine e muoiono nel primo anno di vita, e abbiamo una compromissione sia dell'immunità cellulare che dell'immunità umorale. Conseguentemente, alterazioni quantitative e qualitative dell'espressione delle molecole MHC sono associate a patologie autoimmuni, tumori ed immunodeficienze.
Università degli Studi Insubria | Immunologia HIV e sistema
immunitario
Cerchiamo di capire come questo tipo di infezione porta alla conclamazione dell'AIDS. Oggi, il goal della ricerca dell'HIV è lo sviluppo di un vaccino contro questo virus, come è stato sviluppato il vaccino contro il virus del vaiolo. Il grande limite dello sviluppo di questi vaccini è che il virus dell'HIV in primo luogo muta molto rapidamente, quindi i vaccini in questo senso risultano poco efficaci; sicuramente il problema fondamentale è dovuto al fatto che il virus HIV rimane latente nelle cellule del sistema immunitario e quindi risulta invisibile al sistema immunitario stesso. I principali serbatoi del virus HIV sono infatti le cellule T memoria (quiescenti, non attivate) e i macrofagi. Ci sono in realtà due grandi filoni di ricerca che "combattono" tra di loro, perché c'è chi sostiene che i serbatoi principali del virus siano i linfociti T memoria e c'è invece chi sostiene che i
principali serbatoi del virus siano i monociti/macrofagi. La ricerca, da questo punto di vista, sta puntando molto proprio sul capire come combattere quella che viene chiamata la latenza del virus, quindi come rendere nuovamente visibile il virus al SI.
Nel 2012, in Italia, sono stati stimati circa 4000 casi di infezione da HIV con un'incidenza di 6,5 nuovi casi per 100.000 persone. A Milano e nell'hinterland milanese, sono registrati 3 casi di AIDS ogni 2 giorni. In generale, sono stati presi in carico dall'ASL 572 pazienti con età compresa tra i 16 e i 70 anni. Negli ultimi anni la trasmissione è unicamente per via sessuale, soprattutto nei paesi occidentali, non si hanno più infezioni da scambio di siringhe o da trasfusioni di sangue perché i controlli sono assolutamente più alti, mal'infezione è al 80-90% trasmessa sessualmente. L'importanza di avere dei rapporti protetti dal punto di vista sessuale è fondamentale.
Anche perché i sieropositivi non tutti dicono o sanno di esserlo. I farmaci sono efficaci al 90% e la mortalità è ridotta all'1-2%, tuttavia i farmaci vanno presi quotidianamente. Le nuove infezioni non calano e si arriva alla diagnosi tardi, semplicemente perché non si ha la consapevolezza immediata di essere stati infettati e si arriva alla diagnosi solo quando compaiono i sintomi (febbre, stanchezza, ecc).
Sorveglianza delle infezioni da HIV
La sorveglianza del virus HIV permette di rilevare dei dati, relativi alla diffusione del virus, presi dalle ASL, le quali hanno a carico dei pazienti che per la prima volta si sottopongono a un test di positività del virus. Nel 2017, in Italia, i dati riferiti da questo sistema di sorveglianza indicano che abbiamo 3443 nuove infezioni da HIV, pari a 5,7 nuovi casi per 100 000 residenti, quindi un po' ridotte rispetto al 2012. L'incidenza più elevata si ha in Lazio, in Liguria e in Toscana.
Le persone che hanno scoperto di essere HIV positive nel 2017 sono circa nel 76,2% maschi, l'età media è di 39 anni per i maschi e di 34 anni per le femmine. L'incidenza più alta è stata osservata tra i 25 e i 29 anni e, in generale, abbiamo 15,9 nuovi casi per 100 000 residenti.
La maggioranza delle nuove diagnosi di infezioni da HIV è attribuibile a rapporti sessuali non protetti, che costituiscono l'84,3% di tutte le segnalazioni. Non solo negli omosessuali perché gli eterosessuali rappresentano circa il 46% dei casi diagnosticati. Il 34,3% delle persone diagnosticate è di nazionalità straniera, principalmente provenienti dall'Africa.
Nel 2017, più della metà delle persone è stata diagnosticata quando la malattia era avanzata, perché di fatto non si ha la consapevolezza di essere sieropositivi e il test viene fatto quando è già troppo tardi, quindi quando la conta di.
La percentuale di linfociti è già molto bassa: nello specifico, il 55,8% con un numero di linfociti T CD4 inferiore a 350 cellule/μlitro e il 36,1% con un numero di linfociti T CD4 inferiore a 200 cellule/μlitro. In generale, il 32% delle persone con una nuova diagnosi di infezione da HIV ha eseguito il test per la presenza di sintomi che facevano sospettare un'infezione da HIV o l'AIDS, il 26,2% in seguito a un comportamento a rischio e il 14,6% in seguito a controlli di routine.
Università degli Studi Insubria | Immunologia
Sorveglianza dell'AIDS
La sorveglianza, in generale, riporta i dati delle persone con una nuova diagnosi di AIDS. Ad oggi sono stati segnalati 70 000 casi di AIDS e oltre 44 000 deceduti entro il 2015. Nel 2017 sono stati diagnosticati 690 nuovi casi di AIDS con un'incidenza di 1,1 nuovi casi per 100 000 residenti. L'incidenza di AIDS, e non quindi di infezione HIV, è in lieve costante diminuzione negli ultimi quattro anni.
grazie anche alle malattie antiretrovirali che rallentano la conclamazione della malattia. Se prima si osservava che le persone morivano per complicanze indotte da infezioni (es. polmoniti), adesso invece la morte in seguito a contrazione di HIV è dovuta principalmente a tumori o a infezioni virali. Nel mondo, il virus HIV ha infettato circa 50-60 milioni di persone con una mortalità pari a 34 milioni tra adulti e bambini (principalmente zona sub sahariana). Oggi circa 37 milioni di persone sono infette da HIV o ammalate di AIDS (essere sieropositivo non vuol dire avere l'AIDS, ma significa avere il virus, siccome l'HIV è un lentivirus a decorso lento e quindi la malattia ha una finestra temporale molto lunga). Di questi la metà sono donne e 3,3 milioni bambini di età inferiore ai 15 anni. Meno di un quarto, quindi circa 8 milioni, ha accesso ai farmaci salvavita; questo è vero soprattutto nei paesi del terzo mondo e porta a unacontinuaresanitarie statunitensi hanno coniato il termine "AIDS" (Acquired Immune Deficiency Syndrome) per descrivere questa nuova malattia. Nel corso degli anni successivi, sono state fatte numerose ricerche per identificare l'agente causale dell'AIDS e comprendere meglio come si diffonde. Nel 1983, i ricercatori hanno isolato il virus responsabile dell'AIDS, chiamato HIV (Human Immunodeficiency Virus). Si è scoperto che il virus attacca il sistema immunitario, indebolendolo e rendendo il corpo più suscettibile a infezioni e malattie opportunistiche. Negli anni '80 e '90, l'HIV ha raggiunto proporzioni epidemiche in molte parti del mondo, causando milioni di morti. La malattia si è diffusa principalmente attraverso rapporti sessuali non protetti, l'uso di siringhe infette e la trasmissione da madre a figlio durante la gravidanza, il parto o l'allattamento al seno. Negli ultimi decenni, grazie a una migliore comprensione dell'HIV e ai progressi nella terapia antiretrovirale, la situazione è migliorata. Tuttavia, l'HIV rimane ancora una grave minaccia per la salute pubblica, specialmente nelle regioni più povere del mondo dove l'accesso alle cure e alla prevenzione è limitato. È fondamentale continuare a investire nella ricerca scientifica, nella prevenzione e nella cura dell'HIV per ridurre la diffusione del virus e migliorare la qualità della vita delle persone colpite. Solo attraverso un impegno globale possiamo sperare di porre fine all'epidemia di HIV/AIDS.sanitarie americane coniarono il termine di AIDS (Acquired Immuno Deficiency Syndrome) per questa nuova patologia. Nel 1983, il gruppo di Luc Montagnier dell'Istituto Pasteur di Parigi identificò un retrovirus da un paziente che aveva una forte linfadenopatia e che poteva essere il responsabile dell'AIDS e che fu denominato LAV (Virus Associato a Linfoadenopatia). La conferma che questo agente fosse direttamente legato allo sviluppo dell'AIDS avvenne nel 1984 dal gruppo Robert Gallo del National Cancer Institute di Bethesda, che isolò il virus dal sangue di alcuni malati di AIDS. Questo virus inizialmente venne denominato HTLV-III (Human T-Lymphocytotropic Virus di tipo 3), data la sua somiglianza con l'HTLV-I, un retrovirus responsabile di alcune forme di leucemia, isolato dallo stesso Gallo nel 1981. In seguito, il virus fu denominato HIV (Human Immunnodeficiency Virus). Emerse una disputa.premio Nobel per la medicina, mentre Gallo non fu incluso nella premiazione. Questa decisione ha alimentato ulteriori controversie e dibattiti sulla questione.