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Questa tecnica dà l’opportunità di raggiungere delle gamme cromatiche migliori, e
raggiungere un’ottima tecnica di sfumato.
Inoltre, i colori ad olio risultano molto più brillanti rispetto le tempere, l’unico
“inconveniente”, se così possiamo definirlo, è che usando una tecnica a velatura, la
pittura sarà molto più lenta e laboriosa –poiché gli oli non asciugano in fretta quanto la
tempera.
Altre tecniche
La pittura ad olio non fu l’unica innovazione, alla tecnica delle velature si è aggiunta la
precisione nel dettaglio e l’introduzione della luce.
In effetti per quanto riguarda la precisione nel dettaglio, si parla di un’usanza che già era
molto presente nella pittura tardo-gotica, ma come sappiamo l’arte fiamminga non è
altro che un’evoluzione di quest’ultima e infatti qui diventa sempre più laboriosa, grazie
anche l’uso delle velature che permettono di essere ancor più precisi.
La vera innovazione sta nell’uso della luce. E’ importante perché secondo questa ipotesi
i fiamminghi risultano già essere molto moderni, poiché anticipano percorsi analoghi
che troveremo durante la pittura veneziana del ‘600 e nella pittura francese
impressionista. E’ importante capire che prima di allora, i pittori utilizzavano la luce
come se fosse sparsa ovunque nello spazio, il che equivale a dire che era come se non ci
fosse: si limitavano a utilizzare zone di luce e di ombra per dare forma agli oggetti e
creare la sensazione del chiaroscuro. I fiamminghi furono quindi i primi ad introdurre la
luce nelle arti figurative, quest’analisi viene fuori dal fatto che erano soliti dipingere
pitture d’interni. Questo determinava che la fonte di luce provenisse da un punto ben
preciso, ossia da delle aperture come delle finestre, questo faceva si che vi erano delle
zone molto luminose e zone molto in ombra creando un forte contrasto. Grazie
all’utilizzo della luce i fiamminghi si avvicinano alla prospettiva, anche se non
comprendono le leggi geometriche.
Maestro di Flémalle
Considerato insieme a Jan Van Eyck, il padre della pittura fiamminga. Non abbiamo
molte notizie biografiche, poiché le opere a lui attribuite non sono né firmate, né datate.
Anche il suo luogo di nascita non è ben definito, sappiamo solo che si sono rilevate le
sue tracce a Tournai, una città belga, dove fondò presto una scuola di pittura. Sappiamo
anche, che in questa città trascorse la maggior parte della sua vita. In lui è ancora incerta, come
in Jan Van Eyck la costruzione prospettica dello spazio, ma al contrario le figure compaiono solide e
monumentali.
Una delle sue opere più note è il “Trittico dell’Annunciazione di Mérode”.
si tratta un’opera costituita di una tavola centrare e da due sportelli laterali. L’opera presenta
il tema dell’Annunciazione, lo notiamo subito nella tavola centrale, dove troviamo Maria che legge la Bibbia
mentre riceve la visita dell’arcangelo Gabriele. A sinistra vediamo i committenti dell’opera intenti ad osservare
Come tutte le
la scena sacra da una porta. Infine, a destra notiamo San Giuseppe intento a lavorare il legno.
opere fiamminghe del tempo, notiamo subito la precisione nel dettaglio. L’opera è
ambientata al tempo contemporaneo dell’artista, lo notiamo dal tipo di ambiente interno
e dalla finestra che affaccia ad una città con architetture del tempo. Notiamo subito le
difficoltà nella disposizione dello spazio, infatti come molti pittori fiamminghi Campin,
sbaglia posizionando il punto di vista in alto rispetto alla posizione dei personaggi che si
trovano più in basso. Così facendo ad esempio, il tavolo tra l’angelo e la Madonna
sembra in pendenza.
Ritratto Femminile
Uno dei più bei ritratti della pittura fiamminga del primo quattrocento. Il volto è dipinto
con estrema cura e ci fa capire a quale incredibile realismo possano arrivare i pittori
fiamminghi. Tra l’altro il viso presenta diverse sfumature rosee, le quali ci danno l'idea
delle diverse velature eseguite. Ovviamente la forza del dipinto è caratterizzata anche
dal contrasto che viene dato dallo sfondo assai scuro con il velo bianco, il quale
incornicia il volto della figura. Da qui, nasce quella tipologia famosa di ritratto che viene
definita appunto, “ritratto fiammingo”, caratterizzato dal soggetto posizionato a tre
quarti, con lo sguardo che non rivolge allo spettatore ma ben sì in diagonale. Mentre in quel
momento in Italia era famoso un tipo di ritratto che portò il Pisanello, ossia nettamente di profilo. Questo veniva
definito all’Italiana. Jan van Eyck
Jan van Eyck è il pittore fiammingo più noto del Quattrocento, poiché contribuì in
maniera notevole facendo si che questa pittura facesse scuola altrove. La sua attività
artistica si svolse a Tournai, lì ebbe modo di entrare in contatto con Robert Campin
(Maestro di Flémalle) e Rogier de la Pasture. Famoso per la pittura ad olio, è considerato
l’inventore di questa tecnica, non perché realmente lo fosse, probabilmente per il suo
modo di stendere i colori, parliamo della tecnica a velature. Ma ciò che più caratterizza
la pittura di Jan Van Eyck è l’attenzione alla luce e la capacità di rappresentarla nella
maniera più fedele possibile. Anche lui però, presenta diverse difficoltà nel
rappresentare la prospettiva in maniera vero simile.
Ritratto dei coniugi Arnolfini
L’opera rappresenta due coniugi italiani. Le fiandre era una delle aree più ricche
d’Europa, Giovanni Arnolfini, un ricco mercante di Lucca, vi si trasferì insieme alla
moglie. Arnolfini essendo molto facoltoso, poteva permettersi tranquillamente un’opera
così costosa. L’opera divenne assai famosa. La caratteristica del quadro sta proprio nel
modo di rappresentare lo spazio e la collocazione dei personaggi, infatti notiamo
immediatamente uno specchio dalla forma convessa posto sul fondo. Quest’ultimo
riflette la parte anteriore dei personaggi, e così facendo ci da la sensazione di una vista a
360°, grazie ad esso siamo in grado di vedere l’intera scena, e non solo, nello specchio è
rappresentato il pittore stesso, dunque siamo in grado di vedere al di fuori dell’opera.
Abbiamo dunque due punti di vista differenti, questo modo di fare completamente moderno ci
.
potrebbe far pensare a personaggi che in seguito, si rappresentano nel quadro come Velàzquez e Vermeer
L’artista infine, si firma in maniera insolita, nello specchio, scrivendo “Jan van Eyck è
stato qui”. Troviamo inoltre, nella cornice dello specchio diversi medaglioni che
incorniciano degli episodi della passione di Cristo.
Ovviamente il quadro è famoso anche per l’uso della luce di cui egli era noto, la luce
infatti proviene da alcune finestre poste sulla sinistra. L’unica “pecca” del quadro è
sempre legato alla prospettiva, che non avendo delle basi, empiricamente l’artista
colloca il punto di vista ancora un po’ in alto rispetto ai personaggi.
Hyeronymus Bosch
Stiamo parlando di una personalità assai ben diversa da quelle citate fino adesso, pur
facendo parte delle Fiandre nel periodo del quattrocento inoltrato. Nasce nei paesi bassi
durante la metà del ‘400 e una volta conosciuto Jan van Eyck, Robert Campin e il suo
allievo, Rogier de la Pasture, decide di fare uso di uno stile assai differente da questi
ultimi che prediligevano il volume e il dettaglio raffinato. Bosch usa uno stile assai
grafico, caratterizzato da una pittura piatta molto simile all’illustrazione delle miniature.
Sono scarse le sue notizie biografiche, ma sappiamo per certo che è figlio d’arte, il
nonno e il padre erano pittori. Bosch è famoso per i suoi dipinti enigmatici e inquietanti,
che ci riportano al surrealismo novecentesco. Le tematiche sono spesso religiose
arricchite da trasfigurazioni che superano la fantasia. A volte i suoi personaggi possono
essere considerati molto satirici, spesso raffigurati in maniera grottesca o talvolta
indecente.
Un esempio potrebbe essere “L’estrazione della pietra della follia”.
dove è presente un chirurgo il quale è rappresentato con un copricapo a forma di imbuto
– dovrebbe rappresentare la stupidità – si tratta appunto di una critica a coloro che
credono di sapere ma che in realtà si rivelano più ignoranti dei folli.
Intorno al 1500 la sua pittura inizia a mutare, influenzata in parte dal Rinascimento,
inizia ad inserire paesaggi con scenari più complessi e figure monumentali.
Un esempio può essere il “Trittico del Giardino delle delizie”
Pittura ad olio, considerato uno dei lavori più ambiziosi e dunque capolavoro dell’artista.
Qui mostra tutta la sua immaginazione, che vedremo in altri quadri, arricchita da figure
sempre simboliche. Sicuramente l’opera è un modo per descrivere l’umanità, utilizzando
la dottrina cristiana medievale.
La pittura veneziana del ‘500
Come ben sappiamo Firenze non sarà più l’unico centro artistico, ma l’arte si andrà
diffondendo in altre città italiane, in particolare Roma, la città eterna, la quale prende la
maggior eredità artistica che nasce a Firenze. L’altra città è Venezia, la quale però nel
corso del 16esimo secolo prenderà una via stilistica più originale e propria.
L’arte rinascimentale a Venezia arriva più tardi rispetto le altre località italiane,
all’inizio del quattrocento ancora in questa città, si respirava l’arte bizantina, insieme ad
alcune novità di stile gotico derivanti dall’arte tedesca. L’arte rinascimentale a Venezia,
inizia ad arrivare verso la seconda metà del quattrocento, con la presenza di Antonello
da Messina, - il quale visita Venezia e porta delle novità pittoriche – insieme a
Mantegna, che come sappiamo, sposa la sorella di Giovanni Bellini, anch’egli pittore.
Quest’ultimo infatti, venne influenzato parecchio da Mantegna dal punto di vista
pittorico rinascimentale. Fu proprio Giovanni Bellini a sintetizzare le innovazioni
portate da Antonello da Messina e Mantegna, per creare uno stile del tutto unico. Questo
nuovo stile, che definiamo pittura veneziana, si basa in particolare su un nuovo uso del
colore, che verrà chiamato pittura tonale. I maggiori interpreti di questa pittura a seguire
dal Bellini, saranno Giorgione e Tiziano. Tiziano viene considerato il maggior
interprete, poiché ebbe una vita