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TASSO DI ATTIVITÀ - [15 64]: età scelte per convenzione al di là di una certa fascia di età la voglia di lavorare diminuisce ed iniziano ad andare in pensione.
Tale indicatore ci dice quanta parte della popolazione è attiva, ossia sono intenzionati a stare nel mercato del lavoro.
TASSO DI OCCUPAZIONE
TASSO DI DISOCCUPAZIONE
Il tasso di disoccupazione ci deve raccontare quanta parte della popolazione non riesce a trovare lavoro, però non di tutta la popolazione ma solo di quella che io ho scelto, ossia di quelle che vorrebbero trovare lavoro.
Si potrebbe verificare che il tasso di disoccupazione e quello di occupazione crescono o diminuiscono insieme nello stesso trimestre, perché?
Perché i denominatori sono diversi.
L'ISTAT da un po' di tempo calcola il TASSO DI INATTIVITÀ, ossia coloro che non hanno voglia di lavorare.
Le somme del tasso di attività e di inattività è pari al 100%.
N.B. Dato
destagionalizzato: cioè dato depurato dalle stagionalità.
Variazione congiunturale: cioè variazione rispetto al trimestre precedente.
Variazione tendenziale: cioè variazione rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente.
Settimana di riferimento: cioè settimana a cui fanno riferimento le informazioni raccolte.
È possibile ridurre a zero la disoccupazione? È impossibile perché dal momento in cui io lascio il lavoro e ne cerco un altro passa del tempo. È anche possibile che sul territorio ci sia una domanda di lavoro che non è perfettamente coordinata con quella dell'offerta. Quindi esisterà sempre un tasso minimo di disoccupazione.
Mano a mano che il titolo di studio cresce il tasso di disoccupazione diminuisce.
Il tasso di disoccupazione maschile in Italia nel 2009 è del 6,8% mentre quello femminile il 9,3%.
L'Abruzzo ha un tasso di disoccupazione pari all'8,1% rispetto al 7,8%
nazionale.Il sistema informativo ExcelsiorInformazioni dal punto di vista dell'offertaSul sito dell'ISTAT troveremo una sezione lavoro:
- forze di lavoro media 2009: censimento effettuato nelle famiglie ogni 10 anni (rilevazionecontinua non campionaria);
- abbiamo informazioni a livello provinciale. Le informazioni sono ad un livello piùdisaggregato possibile (a basso livello territoriale).
Tante informazioni dal punto di vista della domandaUn ulteriore fonte disponibile sul versante della domanda di lavoro è il sistema informativopromosso e realizzato da UnionCamere, in accordo con il ministero del lavoro e l'UnioneExcelsior,Europea.Si colloca stabilmente, a partire dal 1997, tra le maggiori fonti informative disponibili in Italia suitemi del mercato del lavoro e della formazione ed è inserito tra le indagini con obbligo di rispostapreviste dal Programma Statistico Nazionale.Tale rilevazione vuole appunto guardare il mercato del lavoro dal punto
Il fulcro della rilevazione è costituito dalle imprese. Ogni anno vengono intervistate 100.000 imprese, tutte quelle con 100 addetti (indagine totale), mentre per le altre viene effettuata un'indagine campionaria in base ai settori. I dati raccolti, aggiornati annualmente, forniscono agli utenti una serie di informazioni sulla domanda di lavoro delle imprese in Italia e sulle principali caratteristiche (età, livello di istruzione, esperienza, difficoltà di reperimento, necessità di ulteriore formazione, ecc.) delle figure professionali richieste.
Attraverso il Sistema Informativo Excelsior è possibile quantificare in modo puntuale il fabbisogno occupazionale e di professionalità per il breve e medio periodo, distinto per le 105 province italiane (con l'inclusione, a partire dalla presente annualità, di Fermo) e disaggregato per classe dimensionale e per attività economica di impresa.
L'ampiezza e la ricchezza dei dati raccolti direttamente presso le imprese costituisce, in tal modo, un utile patrimonio informativo di supporto a coloro che devono orientare e facilitare l'incontro diretto tra l'offerta di lavoro e la domanda da parte delle imprese, ai decisori istituzionali in materia di politiche della formazione scolastica e professionale, nonché agli operatori della formazione a tutti i livelli.
Il disegno campionario
L'indagine Excelsior fa riferimento a un campione di imprese fino a 50 dipendenti e considera invece l'universo delle imprese con oltre 50 dipendenti.
Dualismo economico: divari di sviluppo sul mercato del lavoro
Le analisi fattoriali
Nel 2011 il PIL pro-capite del Mezzogiorno risulta pari al 56,4% di quello del Centro Nord (dato in ogni caso migliore rispetto a quello del 1995 pari a 54,6%, oggi circa il 58%).
Le caratteristiche strutturali del mercato del lavoro italiano sembrano ormai essere consolidate: il modello
riscontrabile appare decisamente frammentato, con una disoccupazione che colpisce soprattutto precise categorie di persone, quali i giovani, le donne e la popolazione residente nelle regioni del Mezzogiorno. Esistono alcuni fenomeni complessi che difficilmente si riescono a spiegare con una sola informazione (esempio, il benessere non può essere solo spiegato con il PIL). Aggiungendo più indicatori l'analisi diventa più complessa, ma così abbiamo bisogno di metodi che ci permettono di sintetizzare, ad esempio, mi date alcuni indicatori che ci aiutano a capire il benessere della popolazione? PIL pro-capite, livello di istruzione, quantità di servizi sanitari, reddito medio, livello dei consumi, tutti questi indicatori ci permettono di analizzare il benessere, però non è che aggiungendo più dati otteniamo informazioni diverse e accurate, perché può accadere che diverse informazioni raccontino la stessa cosa. Quando abbiamo a cheFare con fenomeni complessi e li vogliamo analizzare abbiamo a che fare con tanti indicatori e esiste il fenomeno della correlazione delle variabili. Abbiamo quindi bisogno di metodologie che ci permettono di sintetizzare le informazioni e di estrarre quelle più significative dal punto di vista statistico.
L'analisi multidimensionale permette l'investigazione di fenomeni complessi, caratterizzati dall'interazione congiunta di numerose variabili. Tra le metodologie multidimensionali, un posto di rilievo viene occupato dai metodi fattoriali, che si identificano come delle tecniche di riduzione dei dati.
L'analisi fattoriale, a partire da un certo fenomeno descritto da un certo numero p di variabili, si propone di estrarne le dimensioni significative costruendo delle nuove misure globali (e non più elementari) che, rappresentabili in un sottospazio di dimensioni ridotte rispetto allo spazio originale, "leggibili" consentono di sintetizzare il numero.
il Sud. Queste differenze si riflettono anche nel divario di sviluppo e nel mercato del lavoro. Nel Nord Italia, le regioni sono generalmente più sviluppate economicamente e presentano un mercato del lavoro più dinamico. Qui si concentrano le principali attività industriali e commerciali del Paese. Le opportunità di lavoro sono maggiori e i salari tendono ad essere più alti rispetto al Sud. Al contrario, nel Sud Italia le regioni sono caratterizzate da un'economia più debole e da un mercato del lavoro meno dinamico. La disoccupazione è più alta e i salari sono generalmente più bassi. Le opportunità di lavoro sono limitate, soprattutto per i giovani, che spesso sono costretti a emigrare verso il Nord o all'estero per trovare occupazione. Il dualismo territoriale e le differenze strutturali tra Nord e Sud rappresentano una sfida per l'economia italiana. Il governo e le istituzioni stanno cercando di promuovere politiche di sviluppo e di riduzione delle disuguaglianze tra le regioni, al fine di favorire una maggiore coesione economica e sociale nel Paese. Le analisi fattoriali possono essere utili per comprendere meglio queste differenze e identificare le principali variabili che influenzano il divario di sviluppo e il mercato del lavoro.ilmostrato gli evidenti segni Sud, non solo, evidentemente,dal punto di vista geografico ma anche, e soprattutto, da quello sociale, economico e produttivo.La "questione meridionale", dunque, è da sempre stata (almeno nominalmente) uno dei problemiall'ordine del giorno di tutti i governi che si sono succeduti nella nostra Repubblica, i quali, conmodalità differenti, hanno impostato politiche di sviluppo territoriale mirate alla contrazione deidivari tra le regioni più ricche e quelle più povere del nostro Paese.Circa trenta anni di intervento straordinario nel Mezzogiorno non sono, dunque, riusciti a ridurre inmodo significativo i divari strutturali che, nel tempo, si sono accumulati, addirittura aumentando, intaluni casi, la differenza tra la realtà produttiva del Nord e quella del Sud.L'obiettivo della politica industriale nel Mezzogiorno era quello di crescita di tutta l'economialocale, attraverso la creazione di ungruppo di piccole e medie imprese che, opportunamente sostenute, sarebbero state capaci di avviare un processo di sviluppo auto-propulsivo. La difficoltà di avviare processi di sviluppo auto-propulsivi, inoltre, ha accentuato (e, in taluni casi, favorito) il ricorso ad un utilizzo della spesa pubblica per fini assistenziali, che, oltre ad avere un impatto estremamente negativo sui conti pubblici, ha alterato in modo inefficiente la naturale allocazione delle risorse, contribuendo a creare ulteriori fratture tra la struttura produttiva meridionale e quella, più efficiente, del Nord e allargando il divario in termini di produttività del lavoro tra le imprese operanti nelle due macro aree. La politica industriale ed economica italiana ha attivato un sistema di incentivazione mirato e indirizzato, in modo particolare, verso le aree depresse del Paese (soprattutto quelle definite come l'attività delle Obiettivo 1 della politica Comunitaria), ha, da una parte,contribuito a stimolareimprese, le quali, volendo ottenere l'incentivo, si vedono stimolate a costruire un progetto dipresentato dai "concorrenti" (e questo, almeno ininvestimento che sia competitivo rispetto a quellocontribuire ad elevare la qualità media degli investimenti realizzati); dall'altra,teoria, dovrebbe hastimolato l'attività della Pubblica Amministrazione, la quale si è dedicata con maggiore attenzionemonitoraggio e di valutazione dell'efficacia (everso la predisposizione di politiche didell'efficienza) dell'azione di sostegno, in modo da verificare la congruenza tra i risultati ottenuti egli obiettivi fissati.
Differenze occupazionali e relazione con la struttura economico produttivaI differenziali riscontrabili dal punto di vista economico si riflettono, come è lecito aspettarsi, sulmercato del lavoro, generando un gap strutturale che, partendo dalla disuguaglianza in terminiproduttivi, sfocia in
una accentuazione delle disparità in termini socio-economici.