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L’INGLESE OLTRE L’INGLESE
Maria Luisa Maggioni
INTRODUZIONE
La lingua inglese ha attraversato una storia di ricorrenti espansione frammentazioni, contatti, sovrapposizioni fra
eventi esterni i fattori interni che l’hanno portata ad essere oggi la lingua di scambio più parlata ed insegnato nel
mondo.
Una vasta e ben nota letteratura ricostruisce ormai da tempo i percorsi che hanno condotto l’inglese a essere
L’attuale lingua globale della comunicazione planetaria. Ampi studi sono stati condotti anche su come l’uso
dell’inglese da parte di chi lo parla come lingua seconda o straniera e gli stessi canali e tecnologie utilizzate per la
comunicazione ne abbiano influenzato la fisionomia anche per quanto concerne i parlanti nativi.
Questo volume intende descrivere come l’inglese sia penetrato e stia costantemente entrando in realtà il cui
orizzonte culturale spesso non e stato ancora studiato in modo analitico, soprattutto per quanto riguarda aspetti
come il suo insegnamento e il suo status.
L’inglese si pone all’incrocio di varie istanze in cui è facile rilevare alcuni filoni che possono essere di aiuto nella
lettura “trasversale” dei capitoli che seguono:
in molte delle situazioni prese in esame, la presenza dell’inglese è il portato delle dominazioni coloniali o
- politico militari degli ultimi secoli;
il contatto costante con lingue “altre” ha contribuito enormemente all’arricchimento del lessico della lingua
- inglese, oltre che al suo adattamento a realtà geografiche, naturalistiche, umane ben lontane dal modello
eurocentrico-occidentale che questa lingua tende a veicolare. La diffusione dell’inglese a livello globale ha
poi favorito la diffusione di questi prestiti o calchi in un gran numero di lingue che con l’inglese vengono a
loro volta in contatto;
in altre situazioni, il rifiuto storico dell’inglese come lingua “capitalista” ha oggi lasciato spazio a un
- atteggiamento di apertura e di desiderio profondo di appartenenza al mondo “occidentale”, si sono
effettivamente a facciate a un processo di modernizzazione che ha, nell’inglese, uno dei suoi strumenti
principali;
l’inglese, Anche nel suo utilizzo come lingua globale, veicola comunque un modello socio culturale che può
- risultare nuovo, diverso o a volte persino in accettabile in situazioni in cui alla lingua viene comunque
riconosciuto un valore strumentale ormai imprescindibile per lo sviluppo di una nazione;
nella maggior parte delle situazioni l’insegnamento dell’inglese è una forte esigenza sviluppata nei sistemi
- scolastici dei vari paesi che si sono trovati comunque nella necessità di creare politiche scolastiche il più
possibile efficaci e realistiche;
in alcuni casi, poi al problema dell’apprendimento/insegnamento dell’inglese si affianca un elemento
- oggettivo e pratico: sistemi di scrittura diversi dall’alfabeto latino utilizzato dall’inglese. Questo pone
1
l’esigenza di individuare sistemi che permettano una più facile trasmissione delle competenze relative al
lettura e scrittura;
l’inglese ormai ha assunto un ruolo di lingua “ombrello” in contesti linguistici spesso incredibilmente
- variegati e frammentati in cui e comunque è diventato “lingue del mondo”, fattore unificante che può essere
condiviso da tutti coloro che in esso possono in qualche modo conoscersi e riconoscersi.
1 – L’INGLESE IN SUDAFRICA: UNA LINGUA PER LA NAZIONE ARCOBALENO
Introduzione
La questione linguistica in Sudafrica ha accompagnato la storia della nazione a partire dalle prime colonizzazioni
da parte degli europei fino alla transizione democratica degli anni Novante del XX secolo. Il panorama linguistico
sudafricano è particolare, poiché questa nazione si avvale di 11 lingue ufficiali, il cui status è riconosciuto dalla
Costituzione del 1996. Nove di esse sono originarie del continente africano, una è di origine europea, l’inglese, e
una, l’afrikaans, è una lingua creola sviluppatasi dall’incontro delle popolazione autoctone con i coloni olandesi.
L’avventura coloniale in Sudafrica ebbe in effetti conseguenze non solo demografiche e politiche, ma anche
1
linguistiche. Gli olandesi sbarcati al Capo nel XVII secolo parlavano un dialetto dell’Olanda meridionale.
L’incontro tra questi colonizzatori europei e gli indigeni diede vita inizialmente a un pidgin (idioma derivante dalla
mescolanza di lingue di popolazioni differente, venute a contatto di migrazioni, colonizzazione e relazioni
commerciali) e in seguito al creolo che prese il nome di afrikaans. Esso rimase la lingua del focolare degli europei
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anche durante il processo di “anglicizzazione” che prese l’avvio con lo sbarco degli inglesi sulle coste sudfricane ,
processo che rese l’inglese la lingua del governo, dell’istruzione e del sistema giudiziario. Nel 1822 l’inglese
ottenne lo status di lingua ufficiale, riconoscimento che fu assegnato all’afrikaans solo nel 1926.
Le scuole missionari fondate dai coloni inglesi costituirono la rima possibilità di contatto tra gli autoctoni e lo
Standard British English e, di conseguenza, permisero la formazione e la diffusione del South African English (SAE).
Durante l’apartheid, il Bantu Education Act del 1953 impose l’afrikaans come lingua veicolare nell’insegnamento
accanto all’inglese, provvedimento che le valse la nome di “lingua degli oppressori”. Nel 1976 gli studenti di
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Soweto manifestarono nelle strade della township contro il Bantu Education Act e, quindi, contro l’insegnamento
obbligatorio dell’afrikaans. La manifestazione fu repressa violentemente, tuttavia essa ebbe alcune conseguenze
positive. In seguito al “Soweto uprising”, infatti, la lingua inglese rientrò a far parte del programma scolastico
delle scuole bantu.
La questione linguistica è stata fondamentale anche durante il processo di riconciliazione della popolazione
suafricana. Nel 1995 Mandela, ormai eletto presidente, utilizzò la lingua afrikaner per dialogare con la squadra di
rugby nazione e, soprattutto, per far capire ai giocatori che il potere coesivo dello sport da loro praticato avrebbe
assunto un ruolo fondamentale nella riconciliazione delle popolazione di diversa etnia all’interno del Paese
adottando lo slogan “One Team, One Country”. Gli Spingbrooks vinsero i Mondiali e i colori della squadra
divennero uno dei simboli del nuovo Sudafrica.
1 La fondazione della Colonia del Capo da parte della Compagnia olandese delle Indie orientali risale al 1652.
2 L’occupazione britannica ebbe inizio nel 1795 e fu definitivamente sancita dal Congresso di Vienna del 1815.
3 Soweto è la più nota delle aeree urbane (townships) che, durante l’apartheid, erano abitate da cittadini “non bianchi”.
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Nel 1996 fu approvata la Costituzione definitiva, evento che pose fine alla seconda fase della transizione
democratica. Il documento sancì il passaggio da uno Stato fondato sulla politica della separazione razziale a uno
stato democratico e egualitario. La sua versione inglese utilizza un linguaggio che si ispira alla raccomandazione
del “Plain Language Movemnet”, nato agli inizi degli anni Settanta del XX secolo con l’obbiettivo di semplificare il
linguaggio utilizzato dalle pubbliche amministrazioni e in particolare il linguaggio dei documenti legislativi. Il
processo di semplificazione del linguaggio legale interessa soprattutto alcune caratteristiche tipiche dei
documenti costituzionali.
In base a tale Costituzione, la lingua inglese nel Sudafrica di oggi è giuridicamente considerata pari alle altre dieci
lingue ufficiali. La English Academy of Southern Africa promuove fra l’altro la diffusione dello Standard British
English nel sistema scolastico sudafricano. Un’ottima conoscenza della lingua inglese amplia infatti gli orizzonti dei
giovani, i quali grazie a essa possono aspirare a cercare impieghi anche al di fuori dei confini nazionali.
Dal Censimento dell’ottobre 2011 risulta che la popolazione del Sudafrica sfiora i 52 milioni di abitanti, di cui gli
individui di origine africana costituiscono il 79,2%, i bianchi e i coloured (di origine mista) l’8,9% ciascuno, gli
indiani o asiatici il 2,5%, mentre il restante 0,5% è costituito da altre etnie. La popolazione africana è formata da
quattro gruppi principali: Nguni, Soto-Tswana, Tsonga e Venda. La popolazione bianca è composta dagli
Afrikaners, discendenti degli ugonotti olandesi, tedeschi e francesi che arrivarono nel Paese nel XVII secolo in
avanti, dagli anglofoni discendenti dei coloni provenienti dalle isole britanniche, che arrivarono qui a partire dal
XVIII secolo, e dagli immigrati proveniente dal resto d’Europa. I coloured costituiscono una categoria creata dai
legislatori dell’apartheid per raccogliere e classificare coloro che non potevano essere considerati bianchi, neri o
indiani. Essi sono un gruppo assai variegato, costituito in grande maggioranza da meticci; la maggioranza di loro
parla afrikaans. La popolazione asiatica del Sudafrica è infine soprattutto di origine indiana. Sono in gran parte
anglofono, anche se molti mantengono vive anche le loro lingue originarie.
Il multilinguismo sudafricano è parte dell’identità nazione: è imprescindibile ed evidente che il futuro della
nazione sarà inevitabilmente legato allo sviluppo della lingua inglese. In anni recenti il Sudafrica è entrato a far
parte di quel gruppo di nazioni considerate emergenti (BRICS - Brasile, Russia, India, Cina).
Inglese e afrikaans in Sudafrica: fra rivalità e convivenza
Afrikaans
L’afrikaans è una lingua del basso francone, affine al neerlandese e appartenente al ramo delle lingue germaniche
occidentali. Discende dall’olandese ed è presente principalmente in Namibia e Sudafrica. Qui circa 10 milioni di
persone lo parlano come prima o seconda lingua, mentre alcuni milioni ne hanno una conoscenza di base.
Si è solito chiamare l’afrikaans del primo periodo coloniale, privo di una forma scritta e stabile, Cape Dutch o
Kitchen Dutch. L’arrivo degli ugonotti francesi nel 1688 ebbe naturalmente un impatto notevole, anche a livello
linguistico. Già dalla fine del XVII secolo i viaggiatori in transito dal Capo notavano che la lingue parlata qui non
suonava come l’olandese parlato in Europa, anche se quest’ultimo veniva utilizzato nei documenti scritti.
Fu nell’Ottocento, con l’espansione degli afrikaner e il riconoscimento delle “repubbliche boere” che emersero i
tre dialetti afrikaans principali: il Cape Afrikaans, parlato dagli ex-schiavi e ricco di espressione derivata dalla loro
cultura principalmente di stampo musulmano, l’Orange River Afrikaner e l’Eastern Bor