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Comunità di Pratiche (CoP) che si distinguono da semplici aggregazioni di
persone, perché condividono significati comuni ed hanno una propria
cultura, formatasi mediante un processo sociale di apprendimento reciproco.
Una CoP è tale se i membri si impegnano reciprocamente nello svolgimento
di un’impresa comune, utilizzando un repertorio condiviso. Il modo in cui
vengono interpretati gli eventi conferisce ai membri un forte senso di
appartenenza e coesione. La dinamicità, frutto di negoziazione di significati
e cambiamento dello stile di partecipazione, è una delle caratteristiche
fondamentali che connota queste comunità. L’entrata in una CoP prevede
inizialmente uno stile partecipativo periferico, attraverso il quale il neofita
apprende le pratiche che gli permettono di diventare membro centrale, con
conseguente negoziazione e ristrutturazione dell’identità. Quest’ultima,
infatti, non ha un nucleo stabile, ma è fluida e dinamica.
Un membro in una CoP definisce la propria identità come:
esperienza negoziata: l’individuo definisce la sua identità attraverso la
partecipazione e relazione con gli altri;
membership nella comunità: l’individuo si identifica come appartenente
all’ingroup mentre discrimina l’outgroup;
traiettoria di apprendimento: l’individuo struttura la propria identità
attraverso le conoscenze del passato e le aspettative future;
Multimembership: l’individuo confronta le sue esperienze con gli altri
gruppi da lui frequentati e le integra in un’unica identità;
relazione tra locale e globale: l’individuo si struttura attraverso il
rapporto con i contesti in cui vive ed agisce.
Tutti questi aspetti fanno parte di un progetto identitario il cui fine è la
creazione di un’identità forte e robusta. Si parla infatti di estensione globale
nel momento in cui le esperienze sono vissute dall’individuo in più contesti
sociali e di efficacia sociale quando queste portano ad un arricchimento
della sua vita relazionale. La partecipazione attiva o meno dell’individuo, e
la sua accettazione dal gruppo, definisce la sua coerenza localizzata
all’interno della comunità.
Quanto finora presentato è stato riscontrato durante l’attività pratica,
successiva alle lezioni teoriche inerenti le Comunità di Pratiche, che ha
avuto lo scopo di elaborare in maniera riflessiva una relazione in cui fossero
affrontati tutti gli aspetti tipici dell’Identità all’interno della Comunità
stessa.
Il progetto ha avuto inizio con la formalizzazione di un gruppo amicale
preesistente, avvenuta tramite la scelta di stare insieme, per il
conseguimento di un obiettivo comune e la scelta del nome
“MonoLuiMultiLei”, che rispecchia la composizione di genere del gruppo
stesso (un ragazzo e tredici ragazze).
Durante il primo incontro, i componenti del gruppo hanno focalizzato la
loro attenzione sull’organizzazione del lavoro da svolgere, ovvero la stesura
di una relazione. Sebbene all’inizio i partecipanti fossero molto interessati
all’attività, sono state riscontrate alcune difficoltà, dovute ad una
disposizione spaziale caotica, ad una parziale assimilazione dei concetti
teorici e alla disconferma delle aspettative riguardo la lezione, poichè ci si
aspettava una lezione interattiva con la docente e gli altri gruppi. Infatti, gli
osservatori, nominati internamente al gruppo, hanno rilevato la frequente
espressione di dubbi e perplessità. La manifestazione del disaccordo e di
opinioni divergenti è stata moderata, in quanto, nonostante i partecipanti si
conoscessero al di fuori del contesto universitario, per la prima volta le
dinamiche intragruppo si sono spostate da un livello affettivo ad un livello
strumentale. Per questo motivo il comportamento della maggior parte dei
membri è stato accondiscendente, rispetto ad una minoranza che ha espresso
apertamente il proprio disaccordo. Sulla base di queste evidenze, alla fine
del primo incontro i componenti non hanno sviluppato un’appartenenza alla
Comunità, tale da poter parlare di identità comune consolidata. Infatti, la
distinzione tra ingroup e outgroup è emersa solo a livello superficiale, nel
momento in cui è stata sottolineata la diversità della quantità di materiale
riguardo l’argomento da trattare (“Noi abbiamo pochi appunti sull’identità,
mentre ne abbiamo tanti sul loro argomento”); non si è verificata una
negoziazione delle risorse individuali, così come non si è parlato di quello
che la Comunità sarebbe diventata alla fine dell’attività. Questa fase si
connota, dunque, come di orientamento e osservazione del comportamento
intragruppale.
Diverse sono le dinamiche emerse nel secondo incontro, durante il quale
essendo più consapevoli del lavoro da svolgere e più organizzati dal punto
di vista logistico-spaziale (prenotazione dell’aula, uso del proiettore), si è
creato un clima più favorevole sia dal punto di vista relazionale (un membro
del gruppo ha spontaneamente preparato caffè e ciambellone per tutti), che
dal punto di vista produttivo. L’interesse della Comunità è rimasto molto
alto e, contrariamente a quanto accaduto precedentemente, ogni partecipante
ha approfondito la propria conoscenza dell’argomento scelto. Malgrado ciò,
le opinioni del gruppo hanno presentato una forte eterogeneità, che in più di
un’occasione ha portato a dinamiche conflittuali, che hanno minato
l’equilibrio creatosi, mettendo in dubbio il senso di appartenenza alla
Comunità. Attraverso il confronto, il conflitto è stato superato, generando
una negoziazione delle risorse e delle proprie esperienze passate (“mi
ricordo che al liceo…”) con conseguente ristrutturazione dell’ identità. Ciò
ha determinato nella maggioranza più responsabilità e più impegno al fine di
raggiungere nel miglior modo possibile gli obiettivi prefissati dalla
Comunità (“noi dobbiamo prendere il massimo, noi dobbiamo essere i
migliori, noi dobbiamo essere originali”). Infine, l’interazione è stata
favorita dall’adozione, da parte di ogni membro, di un repertorio condiviso,
costituito da parole, modi di fare, gesti e storie. In particolare, tutti i membri
hanno utilizzato il lessico specifico della disciplina per riferirsi a determinati
concetti (newcomer, neofita, negoziazione, ingroup/outgroup,
ristrutturazione, …); nei momenti critici della discussione, la maggior parte
dei partecipanti ha riscontrato l’esigenza di alzare la mano per prendere
parola; talvolta questa modalità di comunicazione non è stata rispettata con