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Estratto del documento

La ripetizione dei “no” e di “sentinella” affermano il suo carattere scontroso e ottuso.

Nell’ARIA DEL CATALOGO, nella QUINTA SCENA (I), lo vediamo affascinato dai numeri,

fiero delle imprese del suo padrone ma anche invidioso.

Nella SCENA VENTESIMA (I) egli termina le frasi di Don Giovanni, indovina i suoi

pensieri, canta con lui per terze e lo imita con le altre ragazze.

Lungo tutta l’opera fa da intermediario tra Don Giovanni e Donna Elvira e il vecchio trucco

teatrale dello scambio di identità assume materialmente la simbiosi tra servo e padrone.

Nel sestetto della SCENA OTTAVA (II) il pathos del suo canto sfiora il grottesco a forza di

verità. Sempre nella stessa scena introduce il tema della vorticosa conclusione e diventa il

leader della situazione perché la sua voce da sola fronteggia la coalizione di tutte le altre

in rapidissime recitazione di scioglilingua. Sempre Leporello sblocca questa situazione di

stallo religioso.

La sua superstizione esce allo scoperto nella SCENA UNDICESIMA (II) ed è proprio

questa che gli permette di percepire i visibili segni del soprannaturale. Durante l’ARIA

dell’invito del Commendatore a cena, sfiora la solennità del sovrannaturale, ricascando

subito nel buffonesco quando vuole imitare con terze discendenti il movimento del capo

della statua.

Nel FINALE PRIMO (II) il suo canto si svolgerà tutto in terzine per distinguersi dalle altre

due voci. Con la morte di D.G. si completa il processo di separazione tra i due, operato

poco a poco nel corso della scena. Leporello è rimasto fedele e solidale fino all’ultimo con

il padrone finché questi era sicuro di sé e sembrava dominare la sua sorte. Ma egli non

può seguire fino in fondo il suo modello, non può seguirlo nella sventura e nella fine. Nella

SCENA ULTIMA (II) come una specie di rivincita, si trova superiore rispetto agli altri perché

testimone dell’accaduto, può fronteggiare così l’insieme degli atri e parla con loro con una

solennità quasi da oracolo.

Donna Anna

: dal tono nobile, quasi eroico, di intesta vibrazione drammatica, produce

un’impressione di fierezza, appartiene infatti all’alto mondo della tragedia.

Donna Anna è l’incarnazione del desiderio di vendetta, associabile all’immagine di una

lama di Toledo, è una natura aristocratica che risente fortemente le offese.

E’ il motore dell’azione, è lei che guida la caccia a Don Giovanni.

Sul suo amore sincero per Don Ottavio non ci sarebbero dubbi, non si basa su ragioni

sensuali ma morali, come tutto il suo essere (anche se nel finale chiederà un anno di

tregua al suo amato, non si sa se a causa del contatto con Don Giovanni). Forse

perseguitando il suo insidiatore vuole in un certo senso spegnere e castigare quell’attimo

di debolezza che stava per sopraffarla. E’ un personaggio isolato, tagliente e duro.

La durezza vendicativa e l’impeto aggressivo dell’ARIA della SCENA TREDICESIMA (I) è

dato dal suo dolore per la perdita del padre e la sua fierezza di nobildonna andalusa.

Nella SCENA DODICESIMA (II) l’ARIA di Donna Anna conduce a conclusione il suo

carattere. Viene anche chiamata aria dell’oratorio per la dolcezza della prima parte e per il

rapimento estatico dei vocalizzi della seconda parte che fanno balenare l’immagine di una

beatitudine celeste. Qualcosa si è spezzato nel personaggio che ora si mostra quasi

chiamato da una vocazione religiosa e che ha acquistato spessore psicologico. La libertà

ritrovata di Anna permette alla fatalità di mettere in moto i suoi fatali meccanismi.

Quest’aria pone anche le basi della rinuncia al matrimonio con Don Ottavio e la decisione

di prendere un anno di pausa per riflettere. Per la prima volta vengono associati a questo

personaggio i clarinetti.

Donna Elvira

: appare per la prima volta nella QUINTA SCENA (I), una abito da

viaggio perché viene da Burgos. Nel SESTETTO del SECONDO ATTO, proclama ad alta

voce che Don Giovanni è suo marito. “Dama” indica forse una persona che non sia più

una giovinetta. E’ un personaggio inventato da Molière (monaca fuggita da un convento).

E’ la donna-tenerezza, chiede amore, è umana. E’ un essere sociale, sempre coinvolta nel

giro degli altri personaggi, in particolare Leporello. Mozart ha personificato in lei la

devozione assoluta, l’amore che trionfa dell’abbandono e dell’oblio, che sopravvive agli

oltraggi, alle umiliazioni e alla speranza. Leporello afferma che “pare un libro stampato”

quando parla, questo perché tutto ciò che dice è mosso dalla ragione, è moralmente e

intellettualmente corretto. La sua tragedia è quella di aver ragione.

Donna Elvira non canta quasi mai melodie, canta accordi spezzati, come se ci fosse un

eccesso di energia. Nell’ARIA della QUINTA SCENA (I) appaiono per la prima volta i

clarinetti, strumenti della tenerezza e della malinconia ma canta pur sempre con una

stabilità tonale (tonica e dominante).

Nella DECIMA SCENA quando appare furibonda per salvare Zerlina, la vediamo con gli

occhi di D.G.. La sua aria, dettata da un duro ritmo puntato e senza l’accompagnamento

dei fiati, dà un’impressione di arcaico, dato dalla monolicità espressiva.

Quando viene ingannata con lo scambio di identità tra Leporello e Don Giovanni, nella

SECONDA SCENA (II) la musica lo dice mettendole in bocca la musica burlesca dalla

melodia circolare tipica di Leporello. Questa immagine musicale è simbolo della beffa di

cui lei è vittima.

La frase “l’amato Don Giovanni al suo dovere e all’amor mio ritorna?” tradisce la sua

natura sgradevole di amante possessiva. Donna Elvira è legittimista, crede che l’amore si

possa comandare tramite leggi, contratti e carabinieri.

E’ lei che dà inizio nella SCENA SETTIMA (II) al sestetto che si estenderà per due scene.

E’ un personaggio patetico e oscuro, che nella SCENA DECIMA (II) ci viene presentato in

un momento di crisi definitiva e di conversione. Ella si rende conto che non riavrà più Don

Giovanni e così il suo amore si tramuta in carità. D’ora innanzi la sua figura si spoglia di

quell’amore possessivo che era sua spiacevole prerogativa e prende coscienza dell’abisso

di perdizione in cui D.G. sta precipitando.

Don Ottavio : nella TERZA SCENA del PRIMO ATTO, durante il giuramento, bada di

più “agli occhi tuoi” e al “nostro amor” che alla missione sanguinosa della vendetta (Abert).

Il suo carattere è quello di un uomo inetto all’azione, in contrasto con l’uomo d’azione che

è Don Giovanni, e finisce per apparire quasi derisorio. Come dice l’Abert, sta a guardare

ma non agisce. Il suo unico talento è quello di amare (Hocquard). Nella SCENA

QUATTORDICESIMA (I) canta un’aria di stile antico, di gusto italiano, senza falso

sentimentalismo.

Nella SCENA DECIMA (II) tocca il fondo della melensaggine e dell’inettitudine, con il

recitativo e con l’aria. Il suo carattere accettabile nel corso del primo atto poiché nobile e

devoto, si affloscia nel secondo atto e si sgretola fino a toccare il ridicolo. Ci sono studiosi

che però d difendono la sua gentilezza civile e costumata. Anche l’Abert sostiene che

Mozart gli abbia attribuito le più nobili e calde cantilene dell’opera. La sua musica non ha

tracce di odio, né di alcun sentimento violento.

Anche nella SCENA ULTIMA (II) non si smentisce e canta come se nulla fosse accaduto.

Zerlina : appare nella SCENA SETTIMA (I) per la prima volta, cantando una melodia

popolare e apparendo spensierata, inneggiante al piacere. Nella SCENA NONA (I)

assistiamo al duetto della sua seduzione da parte di D.G. e i lievi vocalizzi della contadina

sono l’immagine del suo turbamento, del suo sdoppiamento interiore, del suo tentennare

tra la virtù e la tentazione. Svolazza con la sua inquieta melodia come un uccello preso

nella rete (Abert). Ella completa ogni mezza frase di D.G. finché non si unisce a lui nella

frase “Andiam”. Zerlina è una contadina schietta, di vivace temperamento, di grazia

naturale e di forte impulsività (Abert). Il suo è un naturale impulso di sensi, è l’immagine

della natura umana che dall’originaria innocenza emigra verso uno stato di corrotta

civilizzazione. In lei potrebbe esistere sia un reale affetto che un calcolo astuto. Per Mozart

lei è l’innocenza, la semplicità dei campi, il contatto con la natura. L’ARIA della SCENA

SEDICESIMA (I) completa la nostra conoscenza del personaggio.

Nell’ARIA dello speziale nella SCENA SESTA (II) i due aspetti contraddittori dell’essere di

Zerlina sembrano simboleggiati nelle due parti dell’aria: la prima è di tono popolaresco, la

seconda è una derivazione colta di tradizionali luoghi comuni operistici.

Masetto : appare anche lui per la prima volta nella SCENA SETTIMA (I), cantando

insieme a Zerlina e a un coro una melodia popolare. Appare fin da subito cocciuto,

moralista. Il suo carattere emerge anche dalla musica, che gli attribuisce intervalli di

seconda, di terza e di quinta, facendolo apparire pesante. Canta nella SCENA OTTAVA (I)

un’aria, che nella sua struttura di aria semplice in tre riprese è un ritratto psicologico della

sua protesta, della sua cocciutaggine e della sua sottomissione forzata al volere di Don

Giovanni. Egli insiste su un’idea fissa dalla quale non vuole più uscire.

Don Giovanni

: nell’opera ci appare come un seduttore sfortunato. E’ azione,

movimento. Ha poche arie, e perfino quelle poche (Aria dello champagne nella SCENA, la

serenata alla serva di Donna Elvira nella SCENA e l’aria dei comandi militari nella

SCENA), sono momenti d’azione e non espressione di sentimenti. L’aria dello champagne

può avere un significato ambivalente, ossia come un travolgente evito alla festa ma anche

come un canto di disperazione che rappresenta il vuoto interiore del personaggio.

Durante l’opera è quasi un leitmotiv del personaggio fare il vuoto attorno a sé, è sempre

occupato ad allontanare qualcuno. Nell’ARIA dei comandi militari, della SCENA QUARTA

(II), l’accento del finto Leporello mentre impartisce i comandi non è quello di un servo ma

di un cavaliere che ha esperienza di guerra e comando. Qui spunta la sua natura di forza

demoniaca.

La sua assenza nelle SCENE SETTIMA, OTTAVA, DECIMA (II) produce un vortice che fa

girare i personaggi attorno a un buco vuoto.

Nella SCENA UNDICESIMA (II), del cimitero, egli trasforma le sue colpe da terrene a

spirituali, oltraggiando la morte. Egli è un uomo

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A.A. 2014-2015
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SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ART/07 Musicologia e storia della musica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher FrancyMZ di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia della musica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Torino o del prof Gallarati Paolo.