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Interpretazione dell'organizzazione spaziale dei centri urbani secondo Christaller

Christaller propone un'interpretazione dell'organizzazione spaziale dei centri urbani, a partire dall'analisi degli spostamenti dei consumatori. Lo scopo dello studio è la localizzazione nello spazio delle attività terziarie rivolte alle famiglie, come uffici postali, scuole, biblioteche, università, ambulatori specializzati, tribunali, ecc.

Anche Christaller, come Von Thünen e Weber, impone alcuni postulati per semplificare la realtà al fine di studiare le dinamiche fondamentali: spazio isotropico (l'isotropia in questo modello si applica anche alla distribuzione della popolazione sul territorio, i consumatori sono infatti distribuiti in modo uniforme in termini di densità sullo spazio); il costo di trasferimento al luogo di offerta del servizio sarà a carico del consumatore; regime di concorrenza perfetta.

Date tali premesse, Christaller deriva due teoremi:

  1. Il costo di trasferimento del consumatore al centro di offerta
  2. è funzione lineare direCa dellapoichédistanza; inil prezzo effe2vo è la somma tra il prezzo di mercato del servizio e il costo di trasporto;regime di concorrenza perfeCa il prezzo è definito dal mercato e può quindi essere considerato unacostante che non dipende dalle variabili del modello (l’unica variabile presente in questo modello è ladistanza); allora il prezzo effe2vo di un servizio è funzione lineare della distanza (cioè cresce alcrescere della distanza).

    2. la quanKtà domandata di un servizio centrale è inversamente proporzionale al suo prezzoPoichéeffe1vo; il prezzo effe1vo, per il primo teorema, è funzione lineare direCa della distanza; allora laquan7tà domandata è funzione lineare inversa della distanza (cioè all’aumentare della distanza,diminuisce la quan7tà domandata).

    Questo modello all’apparenza così astraCo e teorico ha trovato una

    conferma estremamente coerente nell'area urbana della Germania meridionale, ma questo è dovuto principalmente al fatto che la Germania meridionale è - in buona approssimazione - una pianura uniforme.

    LEZIONE 41

    Le due fasi delle politiche per il Mezzogiorno: centralismo e regionalismo

    A partire dalla seconda metà del Novecento, diverse sono state le politiche messe in campo per affrontare la "questione meridionale". È possibile individuare due fasi principali che corrispondono a due approcci differenti alle politiche regionali:

    La prima fase ha rappresentato un approccio top-down: istituita nel 1950, il CasMez (Cassa del Mezzogiorno) era uno strumento, che andava sotto il nome di "Intervento straordinario", aveva lo scopo di individuare progetti e finanziamenti che rendessero possibile l'esecuzione di opere per il progresso economico e sociale del Sud, intrecciando fondi pubblici a finanziamenti privati. La misura aveva lo scopo di

    Per permettere al Sud di superare l'isolamento strutturale e la marginalità, precondizione per lo sviluppo. Uno degli obiettivi era la formazione di un apparato industriale, per il quale la Cassa Mezzogiorno avviò un meccanismo di incentivazione per la localizzazione che permise la nascita di un discreto numero di industrie nel Mezzogiorno. La debolezza della misura era da ricercare nell'approccio "spaziale", e gli incentivi non centralizzati indifferenti alle reali esigenze dei territori e al loro capitale potenziale: hanno prodotto un tessuto industriale forte, coeso e legato al territorio, ma un'economia imitativa di singole realtà di eccellenza in un contesto sfavorevole. Il risultato è una realtà quale formata dalle industrie di eccellenza distribuite "a macchia di leopardo" e incapaci di formare un sistema. La potenzialità coesiva dell'intervento è stata ridotta dal mancato coinvolgimento dei territori.

    Una visione sistemica, e sopraCuCo dall'assenza di valorizzazione del capitale territoriale. Con la regionalismo: dopo il 1992, fine dell'"intervento straordinario" (fine della CasMez), l'affermazione di una poliKca comunitaria per lo sviluppo regionale e il contestuale rafforzamento delle produssero una anche in risposta a una poli7che regionaliste frammentazione delle poli7che, tendenza L'approccio regionalista alle poliKche di sviluppo per il Mezzogiorno è dunque autonomista crescente. quello che si è imposto dalla fine della CasMez ed è un approccio che tende a delegare le funzioni alle Questo approccio è stato regioni, riducendo il potere dello Stato nelle poli7che di sviluppo regionale. favorito dalla prevista dalla riforma del Titolo V della CosKtuzione, approvata nel devoluzione dei poteri 2001, che riconosce ai Comuni, alle CiCà metropolitane, alle Province e alle Regioni il compito di farsi carico dei bisognidelle popolazioni. La fase regionalista si fonda sull'introduzione, in sede europea, del principio di sussidiarietà (Trattato di Maastricht, 1992). Questo principio ha portato le politiche di sviluppo a essere sempre più di competenza delle Regioni, che tra l'altro ricevono direttamente alcuni fondi dall'Unione Europea senza il passaggio dello Stato. Tale meccanismo, tuttavia, ha portato a una sostanziale "deresponsabilizzazione" dello Stato rispetto alle Regioni in ritardo di sviluppo. Cosa intendiamo per autonomia differenziata e quali sono le questioni da considerare nel dibattito sullo sviluppo del Mezzogiorno? Per via della differenza di sviluppo ancora grave tra Nord e Sud, e del ritardo del Meridione nel recupero di competitività, alcune regioni del Nord (Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna) hanno fatto richiesta di accesso a un maggiore livello di autonomia. "Autonomia differenziata", la questione, nota come pone, solleva diversi problemi di Formattazione del testo

    legi1mità e di senso.Le ragioni dei sostenitori del regionalismo si fondano innanzituCo sulla presenza, al Nord Est e al NordOvest, di 3 regioni a statuto speciale (Friuli Venezia Giulia, TrenKno Alto Adige e Valle d’Aosta). In questeregioni vige uno Statuto differente dalle altre regioni, che garanKsce loro una maggiore autonomia rispeCoallo Stato. La presenza di queste regioni rende la situazione dell’autonomia più aCra1va rispeCo alloStatuto ordinario: diversi comuni del Veneto, per esempio, stanno facendo domanda di passaggio da unaregione all’altra, per poter usufruire dei vantaggi fiscali derivanK dall’autonomia. Il riconoscimentodell’autonomia per le citate regioni a statuto speciale ha moKvazioni culturali e storiche molto forK; larichiesta di autonomia asimmetrica da parte delle tre regioni più ricche del Paese, invece, non ha precedenKstorici, e che le regioni più riccherischia di privare le regioni più

    Povere di un contributo fondamentale forniscono al Meridione. Risolvere la quesKone con un «ognuno usi i propri soldi» sarebbe ingiustamente spicciaKvo. In uno Statounitario vige il principio fondamentale della cioè dell’eliminazione Non«perequazione», delle ingius7zie. Bisogna dimenKcare che e il loro sviluppole Regioni del Nord sono quelle geograficamente più fortunate, dipende storicamente anche dalla collocazione nello spazio, oltre che da un’indubbia eKca del lavoro e da una notevole capacità. TuCavia, nascere in Lombardia o nascere a Lampedusa o in Sardegna significa avere possibilità molto differenK in termini di sviluppo del territorio. L’esistenza di così macroscopiche differenze geografiche fra territori spiega dunque perché sia così importante il principio di perequazione territoriale, che prevede che le Regioni più ricche contribuiscano a permeCere alle Regioni più povere.

    di raggiungere maggiori livelli di sviluppo. L'altra questione di importanza principale risiede nel Capitale Umano: lo sviluppo del SeOentrione è stato possibile anche grazie al contributo importan7ssimo di cen7naia di migliaia di lavoratori che hannoSono sopraCuCo i laureaK, ambiziosi di oCenerelasciato il Mezzogiorno per andare a lavorare a Nord.impieghi di responsabilità, costre1 a lasciare la propria terra per cercare lavoro al Centro-Nord o all'estero. Questo rappresenta un problema per due ordini di moKvi:
    1. Perché in questo modo il Mezzogiorno perde la propria classe dirigente, quella parte di Capitale Umano che sarebbe in grado di gesKre e organizzare al meglio la cosa pubblica;
    2. Perché questo rappresenta una spesa insostenibile per le Regioni del Sud: la formazione di questecenKnaia di migliaia di persone è infa1 un invesKmento per le Regioni di appartenenza, che dovrebberopoi beneficiare delle competenze acquisite da queste persone.
    Invece,

    Una volta formate, queste persone portano le proprie competenze al Centro-Nord, che si trova quindi ad avere forza lavoro preparata gratuitamente. Il subito dal Sud è una delle cause principali dell'appauperamento demografico e di classe dirigente difficoltà del Meridione di recuperare la propria competenza. Finchè la parte più dinamica della popolazione del Sud si dovrà trasferire a Nord per cercare lavoro, sarà molto difficile pensare a uno sviluppo endogeno delle Regioni del Mezzogiorno. Per questo nessuna politica di sviluppo può avere successo se non si pone l'obiettivo di creare le condizioni affinché gli abitanti delle Regioni meridionali non debbano emigrare in massa, fermando così il depopolamento del Sud Italia. Il dibattito sull'autonomia regionale, quindi, non può risolversi con slogan o dichiarazioni di principio ma deve tenere conto di una e di una serie di fattori che fanno della realtà.

    Complessa e multiforme, "Questione meridionale" è un il tuo senza negare problema nazionale. L'inadeguatezza storica di parte elemento che forse deve far riflettere della classe politica meridionale nell'affrontare i temi di sviluppo, sulla come necessità di adottare misure di sussidiarietà verticale, il diritto di sostituzione da parte dello Stato nel caso di inadempienze gravi. che non si può eludere con egoismi territoriali, ma Lo sviluppo del Mezzogiorno è una priorità nazionale, richiede una strategia complessiva nazionale in grado di imporsi ai troppi interessi locali in nome dell'interesse nazionale.

    Cos'è l'approccio "place-based"? La fase del regionalismo può considerarsi conclusa con l'istituzione, nel 2011, del Ministero per la Coesione Territoriale (MCT). Il MCT rappresenta l'avvio della terza fase, nella storia delle politiche di sviluppo, fondata su un approccio

    "place-based" che ha portato alla riorganizzazione dei meccanismi di spesa e di controllo.

Dettagli
A.A. 2020-2021
22 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-GGR/01 Geografia

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher spezialemarco0 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Geografia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università telematica "e-Campus" di Novedrate (CO) o del prof Pigliucci Michele.