I servizi del Corpo di Polizia penitenziaria
I servizi essenziali del Corpo di Polizia penitenziaria sono indicati all'art 34 del dpr 82/1999, e a seconda dell'entità di ogni singolo contesto, possono essere "accorpati" o "distinti".
Il personale del Corpo di polizia penitenziaria svolge, principalmente, i seguenti servizi:
- Vigilanza armata degli istituti penitenziari
- Vigilanza ed osservazione dei detenuti ed internati addetti alle lavorazioni esterne
- Portineria
- Vigilanza ed osservazione nelle sezioni degli istituti penitenziari
- Vigilanza ed osservazione sulle attività lavorative e scolastiche dei detenuti o internati all'interno degli istituti penitenziari
- Matricola dei detenuti ed internati
- Vigilanza sui colloqui dei detenuti e internati
- Vigilanza sulla corrispondenza epistolare, telegrafica e telefonica dei detenuti e internati
controllo dei pacchi dei detenuti e internati;
traduzione e piantonamento dei detenuti e internati;
vigilanza sui beni dell'Amministrazione;
ordine e sicurezza pubblica e pubblico soccorso;
servizio navale;
Gran parte di questi, come si evince, sono svolti in ambito detentivo, sopratutto a causa dello scarso organico dell'Amministrazione che non consente di espletare taluni servizi esterni come ordine pubblico o polizia stradale.
I trasferimenti dei detenuti
L'espressione "traduzioni" è molto antica e nel Regolamento del 1931 era usata promiscuamente con l'espressione "trasferimenti". Nel contesto dell'ordinamento vigente, l'espressione trasferimento è usata per indicare l'allontanamento del detenuto o dell'internato da un istituto e la sua destinazione ad altra sede. Per traduzioni, invece, si intendono tutte le attività di accompagnamento coattivo, da un luogo ad un altro, di soggetti detenuti, internati.
fermati, arrestatio comunque in condizione di restrizione della libertà personale. Il legislatore ha ritenuto opportuno regolamentare questa delicata materia con norme di legge (art. 42 bis O.P.). Ai sensi dell'art 42 bis O.P. le traduzioni dei detenuti e degli internati adulti devono essere eseguite, nel tempo più breve possibile, dal Corpo di polizia penitenziaria, con le modalità stabilite dalle leggi e dai regolamenti e, se trattasi di donne, con l'assistenza di personale femminile. Le traduzioni di soggetti che rientrano nella competenza dei servizi dei Centri per la giustizia minorile possono essere richieste ad altre forze di polizia, nelle sedi in cui non siano disponibili contingenti del Corpo di polizia penitenziaria assegnati al settore minorile. Nelle traduzioni devono essere adottate le opportune cautele per proteggere i soggetti tradotti dalla curiosità del pubblico e da ogni specie di pubblicità, nonché per evitare ad essi.In particolare, per quanto attiene all'uso delle manette, il comma 5 dell'art. 42 bis O.P. distingue le traduzioni individuali da quelle collettive specificando le ragioni di sicurezza e le autorità competenti a valutarle.
La disciplina dei trasferimenti vuole, anzitutto, evitare che i trasferimenti dei detenuti e degli internati siano usati come mezzi disciplinari o, comunque, come strumenti di governo della popolazione penitenziaria. Nella prospettiva della legge, infatti, il trasferimento è anzitutto il mezzo per assegnare i condannati e gli internati agli istituti più appropriati a rispondere alle loro esigenze di trattamento secondo i criteri indicati dall'art. 14 O.P. Tuttavia, il legislatore ha previsto delle esigenze ulteriori che possono imporre il trasferimento. L'art. 42, comma 1, O.P. stabilisce, infatti, che i trasferimenti possono essere disposti per gravi e comprovati motivi di sicurezza, per esigenze dell'istituto.
per motivi di giustizia, di salute, di studio e familiari. Nel disporre i trasferimenti deve essere, comunque, favorito il criterio di destinare i soggetti in istituti prossimi alla residenza delle famiglie. Tale criterio non è da intendersi autonomo rispetto a quelli contenuti nel primo comma dell'art. 42 O.P. nel senso che, anche quando deve provvedersi ad un trasferimento per taluno dei motivi ivi indicati, deve essere assicurata nei limiti del possibile la prossimità alla residenza della famiglia. Per quanto attiene, invece, alle esigenze di istituto queste appaiono essere collegate a problemi di carattere organizzativo, come ad esempio un eccesso di presenze rispetto alla capienza tollerabile. Per quanto attiene, infine, ai gravi e comprovati motivi di sicurezza, questi possono riguardare situazioni di pericolo determinate dalla presenza di particolari individui o gruppi di individui. Il "buon andamento" nella Costituzione L'imparzialità èUn valore fondamentale della pubblica amministrazione; come stabilisce esplicitamente l'art.97 della Costituzione. Il principio di uguaglianza di cui all'articolo 3 della Costituzione presuppone necessariamente l'imparzialità dell'attività amministrativa. In particolare, il secondo comma del medesimo articolo introduce un vero e proprio obbligo dello Stato, secondo cui si deve realizzare politiche tese a rimuovere ogni situazione che possa essere fonte di discriminazioni. Per quanto concerne la pubblica amministrazione il principio di uguaglianza implica l'imparzialità dell'azione pubblica. Il buon andamento è un principio applicabile da un lato all'organizzazione, dall'altro all'attività amministrativa ed è un canone regolativo che orienta l'amministrazione al raggiungimento del suo fine primario, ossia l'interesse pubblico perseguito. L'ordinamento ha riconosciuto nel tempo una
molteplicità di contenuti al principio di buon andamento. In particolare, il buon andamento è stato oggetto di una interpretazione volta ad enfatizzarne la sua valenza di strumento destinato a migliorare l'efficienza e l'economicità dell'operato della pubblica amministrazione. Non solo quindi efficacia, intesa come la capacità del soggetto pubblico di realizzare i fini ad esso assegnati dall'ordinamento, ma anche efficienza ed economicità dell'azione. Il buon andamento prevede sostanzialmente tre principi: ragionevolezza, imparzialità e legalità.
L'importanza dei principio di imparzialità è specificamente espresso dagli art. 1 e 3 della Legge n. 354/1975.
Il carcere come formazione sociale (stessa risposta per entrambe)
Il carcere come formazione sociale: diritti dei detenuti
Con la locuzione "formazione sociale" ci si riferisce genericamente ad ogni tipo di organizzazione odi
comunità che si frapponga tra l'individuo e lo Stato; il carcere è dunque una formazione sociale, ed in quanto tale, luogo nel quale la persona svolge la sua personalità, quindi durante l'esecuzione della pena il detenuto conserva quell'insieme di diritti fondamentali, sebbene con i limiti derivanti dalle finalità proprie della restrizione della libertà personale. Lo status di detenuto non può portare, dunque, all'annullamento dei diritti inalienabili, ma deve preservare il diritto all'identità e all'integrità psicofisica, il diritto alla salute, il diritto allo studio e il diritto a svolgere un'attività lavorativa e, per quanto compatibile con lo stato di reclusione, il diritto alla riservatezza, alle relazioni personali e affettive. La protezione dei diritti inviolabili della persona, anche se reclusa, oltre ad essere manifestazione del principio di umanizzazione della pena e della pariLa dignità costituisce il mezzo più idoneo per tendere al reinserimento sociale del detenuto. Il nostro Ordinamento penitenziario, nel rispetto dei principi e dei diritti costituzionalmente garantiti, assegna ad esempio grande rilevanza al mantenimento delle relazioni familiari. La famiglia è presente nell'ordinamento penitenziario come "soggetto verso cui il detenuto ha diritto di rapportarsi". Essa è considerata come risorsa nel percorso di reinserimento sociale del reo ed inserita tra gli elementi del trattamento individuale. Durante il periodo detentivo i rapporti con la famiglia svolgono un importante supporto al percorso rieducativo del reo, e influiscono in modo incisivo sull'eventuale esito del reinserimento nella società. Infatti, l'incontro frequente con i familiari, il ricevere da loro lettere o altra comunicazione, è un elemento rassicurante per il detenuto, che riduce il senso di abbandono e lo induce a ritenere
Transitoria la sua situazione, tenendo vive le sue aspettative di vita futura. Peraltro, la negazione del diritto al mantenimento delle relazioni familiari si porrebbe in contrasto con il senso d'umanità che deve presidiare l'esecuzione delle pene detentive (art.27 Cost.). In altri termini, il trattamento carcerario deve rispettare i connotati costituzionalmente inderogabili dell'esecuzione penale e non può comprimere quel minimo di libertà del detenuto perché la tutela della dignità umana si può ottenere solo attraverso il pieno riconoscimento dei diritti fondamentali, intesi come insieme di libertà e di diritti.
Il carcere nella costituzione
La detenzione priva o riduce le libertà della persona reclusa che tuttavia conserva la titolarità di alcuni diritti. Il tema è dibattuto in dottrina anche se il riferimento comune alle diverse posizioni sono i principi della Costituzione ed in particolare l'art.
2 che riconosce e garantisce "i diritti inviolabili dell'uomo sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove svolge la sua personalità". Il rilievo costituzionale della dignità della persona umana impedisce, infatti, di considerare il carcere come luogo in cui vige un regime di extraterritorialità rispetto alle garanzie fondamentali assicurate dallo Stato. Altro articolo cardine è sicuramente il noto art.27 il quale dispone che "l'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva" e che "le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato". Tali garanzie riguardanti aspetti fondamentali della detenzione sono oggetto anche in numerose risoluzioni e raccomandazioni approvate dal Consiglio d'Europa ed in particolare nelle Regole penitenziarie europee. I principi contenuti in tali documenti non sono perògiuridicamente vincolanti per gli Stati e, nella sostanza, sono le leggi nazionali e le sentenze della Corte europea dei diritti dell'uomo a dettare le norme per gli Stati membri
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Operazioni di Polizia Penitenziaria - Domande chiuse
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