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IBM Innovation Jam: Un progetto di innovazione aziendale
Sui risultati della Jam Session l'azienda decise di servirsi della stessa idea per promuovere un progetto che coinvolgesse l'intera organizzazione: fu chiamato "Innovation Jam" e per la prima volta IBM si proponeva di creare tutti insieme, a partire da una base comune di conoscenza, soluzioni di business innovative. Era il 2001... nacque la "IBM Innovation Jam".
Furono invitati tutti i dipendenti, comprese le proprie famiglie, clienti, fornitori e partner. Il progetto si sviluppò in tre fasi:
Fase 1) Durata 72 ore: individuazione di 4 temi principali con 30.000 suggerimenti.
Fase 2) Si scelsero 31 idee di particolare importanza, si riaprì la discussione chiedendo delle valutazioni analitiche: arrivarono 9.000 contributi.
Fase 3) Comunicazione dei risultati e delle idee scelte, illustrate in una convention di oltre 6.000 dipendenti.
Roche Diagnostics - Roche: problemi ben definiti.
InnovationJam - IBM: problemi più generali con richiesta di
nuove idee o di perfezionamento di quelle già esistenti. Entrambe sono state pensate come modi per aggiungere valore attingendo al sapere collettivo. Risultati: 1) I partecipanti non sono molto bravi a collaborare tra loro nei forum online. Esempio: - IBM generò elevati livelli di partecipazione ma in molti casi si trattava di persone in cerca di visibilità per le proprie idee piuttosto che per costruire qualcosa collettivamente. - Roche non chiese nuove idee per cui ricevette risposte ben definite. 17 2) Nella maggior parte delle grandi organizzazioni esiste un enorme potenziale di innovazione inutilizzato. "Se soltanto Roche sapesse che cosa Roche sa." 3) Attingere al sapere collettivo esterno all'azienda offre enormi benefici. "Se avessi organizzato una sessione di brainstorming, con dieci persone chiuse in una stanza per due giornine avrei ottenuto al massimo qualche centinaio di post-it ad un costo non indifferente. Invece ad un costo inferiore..."mi sono ritrovato 113 proposte circoscritte e dettagliate.” (Tod Bedilion – Roche)Servirsi di input esterni per migliorare il processo decisionale
Permette alle aziende di attingere da fonti esterne le idee per migliorare i propri processi decisionali e per rafforzare la propria capacità di innovazione. È spesso definito “Open Innovation” e permette alle aziende di sperimentare meccanismi come reti di alleanze, partnership con le università, attività di scouting, Joint venture e altro... Si è maggiormente sviluppato con l’utilizzo del Web 2.0.
Esempi?
Rapporto con i clienti, ottenendo indicazioni di alta qualità attraverso:
- compilazione di questionari;
- interviste telefoniche;
- aperture di pagine web su siti di social networking (Facebook, Twitter, Google, Instagram...*);
- accedere alle buone idee di persone esterne alle aziende.
* Nel 2020 solo in Italia gli utenti dei principali social network sono
stati : Facebook 38,4 ML (+6,8%), Instagram 28,8 ML (+14,2%), Linkedin 21,2 ML (+19,5%) e Twitter 18,8 ML (+24,2%).Nota: Dire "mi piace" è semplice, basta un clic. Dire "non mi piace" è più complicato, bisogna applicarsi e scrivere qualcosa, non c'è un pollice verso sul quale cliccare. L'effetto è distorsivo sotto molti aspetti. Da un lato perché se un post viene visto da mille persone e riceve cento like, l'impressione è che meriti attenzione perché saranno i cento like quelli che si vedranno e non i novecento che non l'hanno apprezzato. Da un altro lato perché è sul numero dei like, e non sul rapporto tra i like e le visualizzazioni, che l'algoritmo privilegia i contenuti rendendoli più visibili. Da un altro lato ancora perché questo meccanismo sfavorisce il confronto tra le posizioni diverse, ciascuna delle quali tenderà a chiudersi nella cerchia dicoloro che le condividono. Il "dislike", il "non mi piace", d'altra parte è uno strumento pericoloso da maneggiare e molto scomodo per i social e per le aziende inserzioniste che li fanno ricchi. (Marco Panara "Affari & Finanza - la Repubblica") Per servirsi in modo efficace di questo processo occorre però fronteggiare numerose sfide di natura pratica: 1) Le dimensioni della comunità rappresentano un aspetto critico: costruirsi una propria comunità è un'impresa costosa e piena di rischi. 2) Deve esserci un approccio chiaro e coerente ai problemi della proprietà intellettuale, oggi ci sono due prospettive: - garantire il libero utilizzo dei contenuti con la possibilità di poterli modificare (Mozilla, Wikipedia); - assegnare la titolarità di un prodotto a un'azienda o a un singolo individuo utilizzando il copyright (modo usato da Apple, P&G, CISCO,....). Conclusioni Il mondo del
“sapere collettivo” è affascinante e può portare a un grande entusiasmo ma bisogna saper riconoscerne i pro e i contro, individuandone le condizioni più appropriate. Teniamo conto che:
- la gerarchia non è destinata a scomparire;
- il sapere collettivo a volte è sopravvalutato;
- attingere al sapere collettivo esige un importante cambio di mentalità da parte della maggioranza dei manager.
Il modello Adriano Olivetti«Adriano? Adriano è tecnicamente matto». Così lo psicanalista Cesare Musatti descriveva – con l’ironia immaginifica e paradossale del comune ceppo ebraico – Adriano Olivetti. (…) con quella frase Musatti coglieva la natura anomala di Olivetti: l’irriducibilità rispetto allo standard dell’imprenditore italiano ed europeo del Novecento che costituisce ancora oggi l’elemento della sua maggiore novità. (…) Prima di tutto Adriano è
È stato un imprenditore. Un imprenditore lungimirante e duro, visionario e pragmatico. È su questa struttura che si regge l'intero "edificio adrianeo": senza questa, tutti gli altri mattoni non avrebbero avuto su che appoggiarsi. E, in questo caso, la struttura è preliminare, sia logicamente sia materialmente, ai mattoni: viene resa unica e assume uno stile – viene da dire con un pizzico di retorica – "inimitabile" da quei mattoni, ma senza di essa appunto i mattoni non esisterebbero.
(Paolo Bricco – Il Sole 24 Ore, 27 febbraio 2020)
Adriano Olivetti
(Ivrea 11 aprile 1901 – Milano 27 febbraio 1960)
È il figlio di Camillo Olivetti che, nel 1908, fondò la "Olivetti prodotti per l'ufficio": può essere definito come un imprenditore e un manager a cui si deve una parte importante della storia industriale italiana del secondo dopoguerra. Dopo aver conseguito la laurea in "ingegneria
chimica" presso il Politecnico di Torino(1924) e dopo un soggiorno di studio negli USA entrò nel 1926 nella fabbrica paterna dove, per volere del padre Camillo, fece le prime esperienze come operaio. Divenne prima direttore della Società e poi presidente (1938). Fu oppositore al regime fascista, incarcerato a Roma, e dopo un esilio in Svizzera riprese le redini dell'azienda.
Nel 1948 fondò a Torino il "Movimento delle Comunità" impegnandosi affinché si realizzasse il suo ideale nella propria terra d'origine. Nel 1952 apre a Canaan (USA) un laboratorio di ricerche sui calcolatori elettronici. Nel 1953 costituisce il Laboratorio di ricerche elettroniche" a Pisa. Nel 1956 fu eletto sindaco di Ivrea mentre nel 1958 venne eletto deputato. Nel 1959 introduce sul mercato l'Elea 9003, il primo calcolatore elettronico al mondo costituito totalmente da transistor.
Studioso di urbanistica diresse il "Piano regolatore della
Valle d'Aosta" e fu anche presidente dell'Istituto Nazionale di Urbanistica. La visione di Adriano Olivetti: - Capire - Valutare - Immaginare - Sperimentare Nel periodo tra la fine degli anni 40 e 50 i suoi nuovi prodotti Olivetti diventano veri oggetti di culto per la loro bellezza del design, per la loro qualità tecnologica ed eccellenza funzionale: tra questi le macchine da scrivere "Lexicon 80" e "Lettera 22" (portatile), la calcolatrice "Divisumma 24", che porteranno pochi anni dopo alla realizzazione della "Programma 101", oggi considerata il primo personal computer mai realizzato. La "Lettera 22" nel 1959 venne indicata da una giuria di designer a livello internazionale come il primo tra i cento migliori prodotti degli ultimi 100 anni. "Tecnico, ingegnere, direttore generale e, molti anni dopo, presidente, percorsi rapidamente, in virtù del privilegio di essere il primo figlio del principale.una carriera che altri, sebbene più dotati di me, non avrebbero mai percorso. Ma imparai il valore della gerarchia, i pericoli degli avanzamenti troppo rapidi, l'assurdo delle posizioni provenienti dall'alto. Capii che solo dopo dieci, quindici anni potevo dire di conoscere i veri problemi, la vera natura del mio compito"
- Adriano Olivetti
La sua filosofia
Dal punto di vista della considerazione del lavoro Adriano Olivetti non concepì mai una contrapposizione tra capitale e lavoro, quanto invece si pose il problema di come queste due dimensioni potessero convivere insieme per far progredire la società. La struttura tradizionale, improntata alla conflittualità sindacale, veniva contraddetta da una serie di provvedimenti che tendevano a erodere la base della conflittualità stessa. Non vi furono mai episodi di scontro frontale con i sindacati come avvenne in altri contesti (vedi la FIAT). Per Olivetti il lavoratore è un uomo e un