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ESEMPIO:
prodotto che come azienda propone e l’approvazione o meno da parte dei commensali è lo stesso responso che
hanno i clienti nei confronti di un prodotto/servizio.
→
Modelli di management e ricette È quello che fate ciò che conta.
In apparenza sembra esserci una relazione minima o nulla tra il lavoro dello chef e le attività quotidiane svolte dal
manager; il management è dopo tutto considerata una professione di concetto mentre gli chef non utilizzano solo la
loro testa, ma anche le mani. Per di più mentre i frutti della creatività di uno chef sono tangibili e immediati, la gran
parte dei manager deve in genere aspettare per un tempo decisamente più lungo. Tuttavia se confrontiamo il modo in
cui i manager utilizzano i modelli di management con il modo in cui gli chef utilizzano le ricette, le analogie emergono.
Per stabilire come gli chef e il modo in cui impiegano le ricette, potesse funzionare come esempio per i manager, in
relazione all’utilizzo dei modelli di management, siamo andati a trovare uno chef stellato Michelin. Questo chef è un
fenomeno sulla scena culinaria europea ed è grazie a lui che il suo ristorante ha meritato la 2° stella Michelin;
nonostante ciò, questo chef giunse alla conclusione che il suo desiderio di eccellere come chef, sarebbe stato esaudito
meglio aprendo un proprio ristorante. Cosa che poi fece insieme al suo socio.
La storia dello chef, rivela un uomo che persino dopo 30 anni, è pieno di passione per la sua vocazione.
Perché qualcuno sceglie di diventare uno chef?
Dovete voler lavorare con le vostre mani per creare qualcosa da cui gli altri trarranno piacere. Dovete essere
abbastanza vanitosi da voler dare veramente qualche cosa di voi stessi. Uno chef è infatti un intermediario che collega
i produttori che sono orgogliosi di quello che hanno da offrire, e i clienti. È inutile dire che uno chef deve anche
apprezzare veramente il buon cibo.
Può essere appresa una professione che offre così tanta soddisfazione e piacere?
Lo chef annuisce di si, ma la velocità di sviluppo dipende ovviamente dal grado di talento. I talenti naturali non hanno
paura ad assumersi rischi a cambiare per arrivare veramente da qualche parte; in questa professione si deve essere
preparati a dare il libero sfogo al proprio potenziale.
Sviluppare sé stessi significa in questo caso investire in una formazione culinaria, lavorare sotto diversi maestri, per
tipi diversi di clienti e in tipi differenti di ristoranti. La cosa meravigliosa di una formazione di questo tipo è che
dovendo acquisire dimestichezza con tutti i prodotti, metodi e tecniche disponibili, potete continuare all’infinito a fare
esperienza con le combinazioni.
Lo stesso discorso vale per quei manager che comprendono sul serio l’essenza dei modelli e hanno avuto la possibilità
di metterli in pratica in varie situazioni. Possono liberarsi dai vincoli senza perdere di vista la premessa fondamentale.
Sono in grado, i manager, di giudicare se un modello particolare è appropriato per una serie determinata di
circostanze e applicabile; senza rendere l’applicazione di per sé un obiettivo. Il manager utilizza il modello per arrivare
ad un fine; il suo lavoro non è quello di preparare e utilizzare un modello fine a sé stesso che non porta da nessuna
parte. Oppure come dice lo chef: “migliore è la tua istruzione e più si comprende qual è il proprio stile, tanto più a
lungo si può proseguire nello sviluppo di sé stessi”.
Sempre lo chef sostiene che non c’è molto altro da scoprire, tutto è già stato inventato, si tratta di combinare le cose,
dare il proprio stile personale in questo caso ad un piatto e sviluppare nuove combinazioni basate su quanto si è
appreso. Dovete essere in grado di tradurre quello che vogliono i vostri clienti e avere voi stessi un senso eccellente
del gusto che deve essere continuamente sviluppato e sperimentato. Tuttavia questo non significa seguire
semplicemente le tendenze di quel determinato periodo storico, questo discorso vale soprattutto per i manager, non
ci si aspetta che elaborino nuovi modelli, ma che capiscano le conseguenze dell’applicazione di quelli già esistenti;
ovvero devono prevedere che gusto avranno i loro risultati aziendali. Proprio come succede ad uno chef, la
combinazione delle esperienze precedenti e il talento, possono aiutare il manager ad apportare piccole modifiche ai
livelli standard, creando in questo modo una soluzione personalizzata per tutta l’organizzazione. Per uno chef
sviluppare le proprie doti significa un’autovalutazione quotidiana, valutazione sulla base del feedback del cliente,
come pure dai colleghi o dai maestri. Questo comporta sempre essere un passo avanti rispetto ai propri colleghi, ma
anche essere aperti sui propri metodi. Per sviluppare un nuovo piatto possono essere necessari alle volte 3 mesi;
tenace com’è questo chef persevera finché il piatto non è assolutamente perfetto. Ammette che nonostante la sua
esperienza e le sue capacità tecniche, rimane talvolta sorpreso dai risultati.
Ciò che è essenziale è sapere dove e quando intervenire.
Dovete comprendere quali sono le componenti base come pure l’effetto potenziale della combinazione di vari
elementi. Anche in questo caso si può vedere una similarità con il funzionamento delle organizzazioni aziendali, il fatto
che un modello sia tecnicamente appropriato non significa che porti il risultato desiderato quando viene applicato
all’interno di un’organizzazione specifica.
In un caso di questo tipo il modello non deve essere necessariamente scartato, ma deve il manager capire la
situazione, apportare le rettifiche necessarie per riportare l’organizzazione in carreggiata e conseguire
successivamente lo scopo desiderato. Proprio come lo chef deve lavorare ad un piatto finché questo non è perfetto,
allo stesso modo un manager deve lavorare con costanza nella propria organizzazione. Se si ha il coraggio di agire in
base alle proprie condizioni, sarebbe insensato cambiare rotta al primo segnale che le cose non vanno nel modo
previsto.
Un manager se è convinto delle proprie azioni deve perseverare, deve guardare la luna non guardare il dito, deve
mettere in preventivo che ci possono essere degli sbagli come il più delle volte, soprattutto in campo scientifico, si
raggiungono degli obiettivi partendo da un altro presupposto.
Un manager deve dunque essere sicuro di sé stesso, delle implicazioni e delle direttive da dare ai propri collaboratori,
mettendo in chiaro il fatto che ci possa essere più tempo rispetto a quello previsto per raggiungere un certo obiettivo.
Un eventuale insuccesso iniziale non deve andare ad eliminare il processo, ma dare la possibilità di arrivare alla fine
del processo in atto modificando gli eventuali errori. Proprio come uno chef deve lavorare ad un piatto finché questo
non è perfetto, nello stesso modo un manager deve lavorare sulla propria organizzazione con costanza. Se si ha il
coraggio di agire sulla base delle proprie convinzioni, sarebbe insensato cambiare rotta al primo segnale.
Proprio come la cucina si tratta di una combinazione di ispirazione e traspirazione, ispirazione significa fare una scelta
e rimanere concentrati su di essa, traspirazione vuol dire lavorare in modo coerente e assicurarsi che la valutazione sia
stata convincente. Lo chef continuando a sottolineare l’importanza della propria istruzione, fa notare che certe ricette
sono obsolete, alcuni piatti classici sono troppo pesanti per i gusti odierni, ma utilizzano sempre le tecniche apprese,
integrate con quelle nuove personali.
I periodi sono ciclici, però se dobbiamo adattare, si prende quello già esistente, lo si integra con il nostro e si fa in
modo che un modello già esistente magari obsoleto, lo si possa aggiornare e rendere efficace per l’organizzazione.
Il talento dello chef è ovviamente importante, ma alla fine è il team che nel suo complesso determina la qualità che
esce dalla cucina. Il concetto nella sua interezza deve funzionare come dice lo chef, è molto orientato ai risultati e da
grande importanza allo sviluppo dei singoli nel suo team.
Questo metodo esige a sua volta la performance dei singoli; “voglio vedere come lavorano le persone per capire se
hanno la sensibilità e la finezza necessaria”. Voglio sapere le competenze dei miei collaboratori per dare a loro il
compito migliore, per far si che trovino le motivazioni intrinseche, per sviluppare ciò che hanno al servizio del gruppo.
Un team carino non vi porterà molto lontano, lo chef ritiene che il temperamento vada di pari passo con il talento che
bisogna essere in grado di gestire.
Come l’allenatore trae grande soddisfazione dal seguire lo sviluppo delle sue mansioni, essere capace di lasciare
andare, non voler fare tutto da soli, è una delle cose più difficili. Uno dei problemi più grandi per un manager è quello
di delegare.
Sia i colleghi che i piatti devono essere all’altezza, i colleghi sanno o meno di essere all’altezza. Lo chef dice che non ha
mai dovuto licenziare nessuno, o sei adatto oppure non lo sei. Questo non significa che qualcuno a cui è stata
assegnata su sua richiesta una posizione per la quale non era ancora pronto sia un fallito.
Sarebbe da arroganti non offrire loro qualche cosa, tutti hanno bisogno di tempo per crescere. In un’organizzazione
professionale bisogna essere in grado di fare un passo indietro e provare un nuovo approccio. Questo è qualcosa che
lo chef esplicita al suo team e lui e i suoi colleghi sono piacevolmente sorpresi da quello che le persone che si
comportano proprio così, sono in grado di raggiungere alla fine.
Alla domanda finale sul fatto che le ricette possono essere buone o cattive, lo chef risponde: “non esiste una cattiva
ricetta, non ci sono criteri per stabilire cosa costituisce una buona ricetta, anche se tanti chef hanno il diritto di
ritenere che determinate combinazioni non sono adatte; la cosa più importante è sperimentare ed essere originali e
cucinare nel modo più adatto a voi. Gli ospiti devono sempre poter criticare le combinazioni che presentate dato che
riguardano il vostro stile, ma non devono mai giudicare la conoscenza dei prodotti, tecniche e metodi. Voglio poter
guardare ogni ospite dritto negli occhi, lo scopo dello chef è dare il meglio alla propria clientele, pur continuando a
seguire i livelli più alti di perfezione”.
Non tutti devono avere una fede cieca per un modello, ma se lavorano per manager o organizzazioni allora sono
strumenti utili, tuttavia come dice lo chef: “non siamo performer da circo”.
In altri termini i modelli non devono essere utilizzati solo per il piacere di farlo, un modello rimane sempre uno
strumento che quando è