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“LO STRESS NEGLI SPORTIVI”

Giuseppe e Carmine Abbagnale e Giuseppe Di Capua, oro olimpico Seul ‘88

1. Introduzione

Lo stress è una reazione messa in atto nei confronti di particolari eventi (“stressor”) percepiti dalla

persona come potenzialmente minacciosi e quindi capaci di generare preoccupazione e malessere.

E’ un processo che rappresenta un tentativo di adattamento nei confronti di particolari circostanze

ambientali, nelle quali vi è un mancato equilibrio tra le richieste esterne e le risorse che la persona

possiede per fronteggiarle.

Da un punto di vista fisiologico, lo stress porta ad un aumento della frequenza cardiaca e della

pressione sanguigna, la respirazione diventa più profonda e più veloce, ci sono livelli più elevati di

zuccheri nel sangue, inoltre aumenta il rilascio di adrenalina, noradrenalina e cortisolo. Tutto questo

avviene perché l’organismo si prepara all’azione (lotta o fuga) ed è quindi un processo funzionale

all’adattamento. Se questa risposta fisiologica è eccessivamente prolungata, però, a lungo termine si

possono generare effetti dannosi come ad esempio problemi di pressione, danneggiamento dei

tessuti muscolari, sterilità, blocco della crescita, diabete, inibizione delle risposte infiammatorie,

depressione del sistema immunitario, disturbi cardiaci, ulcere, problemi gastrointestinali, disturbi

del sonno.

2. Lo stress in ambito sportivo

Lo stress può riguardare qualsiasi ambito della vita delle persone e quindi può essere presente anche

in relazione allo svolgimento di un’attività sportiva.

Lo sport nella nostra società riveste una notevole importanza. Le persone possono decidere di

intraprendere un’attività sportiva per vari motivi: per divertimento, per semplice passatempo, per

ottenere o mantenere una buona forma fisica, per socializzare e confrontarsi con gli altri, per

mettersi alla prova, per esprimere la propria aggressività in forme socialmente accettabili. Lo sport

quindi, quando viene considerato come un divertimento o come una sorta di “valvola di sfogo”, può

consentire di contrastare lo stress che può derivare dal lavoro, dallo studio o dai problemi della vita

quotidiana.

In alcuni casi, però, lo sport può diventare fonte di stress. Probabilmente questo avviene soprattutto

per i professionisti, per i quali lo sport diventa un lavoro e quindi, anche se continua ad essere

percepito come attività piacevole e soddisfacente, automaticamente diventa anche un vero e proprio

compito che deve essere svolto tutti i giorni per un certo numero di ore e deve comportare anche il

raggiungimento di determinati risultati. L’atleta può subire delle notevoli pressioni esterne derivanti

dalla famiglia, dagli amici, dagli allenatori, dagli sponsor e si può sentire obbligato ad effettuare

delle prestazioni di un certo livello.

Lo sport può essere stressante per vari motivi ed in vari modi.

L’overtraining

Uno dei possibili stressor in ambito sportivo è rappresentato dall’ “overtraining”, che riguarda tutte

quelle situazioni nelle quali l’atleta deve effettuare un numero eccessivo di allenamenti intervallati

da un arco temporale troppo breve oppure deve svolgere allenamenti particolarmente estenuanti (ad

esempio troppo lunghi o con un ritmo molto intenso). L’overtaining corrisponde un po’ a quello che

nei vari modelli che analizzano lo stress in ambito lavorativo viene definito “sovraccarico” e può

avere effetti negativi sull’umore e sulla prestazione che peggiora, probabilmente anche a causa della

stanchezza accumulata.

Il bilanciamento sport-vita privata

Altri possibili stressor (connessi anche all’overtraining) riguardano il fatto che l’attività sportiva

svolta a livello agonistico può interferire con la qualità della vita sociale e con gli altri impegni della

vita quotidiana. Fare sport a livello professionale può significare il dover ridurre o comunque

organizzare le interazioni sociali ed anche il tempo dedicato ad altre attività. A volte, infatti, la

pratica sportiva deve essere svolta contemporaneamente ad altre attività ugualmente importanti ed

impegnative: è il caso degli atleti più giovani che devono necessariamente tenere in considerazione i

loro impegni scolastici ed anche di alcuni adulti che devono svolgere anche un’attività lavorativa. In

queste circostanze può diventare complesso riuscire a trovare il tempo per tutto ed il modo di

organizzarsi per creare un giusto equilibrio che non provochi stress ed altri tipi di malessere fisico e

psicologico.

In alcuni casi, lo sportivo può essere “costretto” a trasferirsi in altre città per avere l’opportunità di

allenarsi in centri specializzati con impianti adeguati. In questo caso deve lasciare la propria città e

la propria famiglia e riorganizzare totalmente la propria vita.

Le aspettative irrealistiche

Un altro possibile problema che potrebbe generare malessere è rappresentato dall’avere delle

aspettative irrealistiche relative ai risultati da raggiungere. Tali aspettative inevitabilmente verranno

deluse e ciò provocherà malcontento, frustrazione ed anche stress. Infatti, se la persona decide di

ridefinire i propri obiettivi, deve operare una rinuncia alle proprie aspirazioni e questo può

comportare anche una ridefinizione dell’immagine di sé che rappresenta un cambiamento e quindi

come tale può essere stressante. Se invece la persona continua a non riconoscere l’inadeguatezza

delle proprie attese, potrebbe essere portata ad impegnarsi sempre di più per cercare di raggiungere

qualcosa di inaccessibile e quindi investe le proprie energie in modo del tutto sbagliato. In realtà

non sempre è facile comprendere quando un’aspettativa è irrealistica perché in alcuni casi

l’obiettivo può essere considerato impegnativo, ma comunque raggiungibile, e quindi assume una

valenza positiva. Secondo gli studi sul goal setting di Locke e Latham, infatti, porsi delle mete

ardue e specifiche produce un miglioramento della prestazione, della sensazione di benessere, della

soddisfazione e del livello di affettività positiva. Differentemente dall’obiettivo irrealistico,

l’obiettivo difficile viene stabilito tenendo in considerazione le proprie capacità e le variabili

situazionali e quindi rappresenta un traguardo realizzabile, anche se richiede un notevole impegno e

tanta perseveranza.

Esempi di aspettative irrealistiche, invece, possono essere rappresentati dal voler vincere ad ogni

costo, dal voler recuperare un infortunio in tempi rapidi o dal voler raggiungere per forza un nuovo

record. Per alcuni atleti queste possono rappresentare delle cose di fondamentale importanza per

dimostrare a se stessi e agli altri di essere i migliori, di sapersi confrontare con sfide sempre più

elevate. In questi casi l’idea di un’eventuale sconfitta e la paura di deludere gli altri risulta talmente

tanto inaccettabile che non viene neanche presa in considerazione. Si è disposti a fare qualsiasi cosa

pur di evitare questa circostanza considerata nefasta: concentrazione esclusiva sull’attività sportiva

ed allenamenti costanti ed estenuanti. Quando la meta è irrealistica, però, ciò spesso non basta e può

capitare che lo sportivo decida di ricorrere al doping per aumentare la propria forza muscolare,

sviluppare la capacità di resistenza, attenuare la percezione della stanchezza, accrescere la propria

attenzione. Oltre a violare i regolamenti, in questo caso l’atleta mette in pericolo la propria salute e

spesso non ne è neanche molto consapevole perché può essere anche incoraggiato dai propri

allenatori e può sottostimare gli effetti negativi derivati dall’abuso di determinate sostanze.

Gli stressor sociali

Altri possibili stressor in ambito sportivo sono legati alle relazioni sociali ed in particolar modo al

rapporto che l’atleta instaura con l’allenatore e, nel caso di sport di squadra, con i propri compagni.

L’allenatore sicuramente costituisce una figura di riferimento fondamentale per l’atleta in quanto

cura la sua preparazione tecnica e fornisce consigli utili. L’allenatore, però, deve essere anche in

grado di esercitare un certo grado di influenza sulla condotta dello sportivo e quindi deve possedere

non soltanto delle buone capacità tecniche, ma anche abilità relazionali e di leadership. Il rapporto

con l’allenatore può diventare fonte di stress se, per vari motivi, non si riesce a sviluppare una

relazione basata sulla comunicazione efficace, sulla fiducia e sul confronto. Come testimoniato da

alcune ricerche (Vanni, 1994), infatti, spesso l’allenatore ha dei problemi nel comunicare in modo

adeguato con gli atleti, fornisce soprattutto indicazioni tecniche e trascura il sostegno psicologico.

Inoltre, spesso prende le decisioni in modo autoritario, tenendo in scarsa considerazione l’opinione

degli atleti. Ovviamente tutto questo può compromettere la salute dell’atleta e la sua prestazione,

soprattutto quando non comprende le indicazioni fornite dall’allenatore che possono essere poco

chiare o ambigue o quando non è d’accordo e non ha la possibilità di esprimere i suoi dubbi.

Per quanto riguarda gli sport di squadra, inoltre, altri possibili stressor di natura sociale riguardano

il rapporto con i propri compagni. In uno sport di squadra è importante che ci sia coesione e

coordinamento e questo è possibile soltanto se si riesce a sviluppare un clima sereno di fiducia e di

supporto reciproco. Anche in questo caso è importante la comunicazione costruttiva che è

l’elemento fondamentale per la comprensione delle prospettive altrui e facilità l’orientamento della

propria prestazione in direzione del raggiungimento dell’obiettivo del gruppo.

Nel gruppo, inoltre, possono nascere dei problemi legati alla leadership. Spesso, infatti vi è un

leader (capitano) che solitamente viene designato dall’allenatore, ma che deve necessariamente

ottenere anche il riconoscimento della propria squadra altrimenti le sue direttive probabilmente non

verranno seguite. Potrebbero esserci più persone che contemporaneamente vorrebbero assumere il

ruolo di capo e coordinare l’attività, con conseguente sviluppo di conflitti e insoddisfazione. Alcuni

atleti, all’interno del gruppo, potrebbero avere delle difficoltà ad esporsi e questo li può portare a

non esprimere il proprio punto di vista ed accettare passivamente le indicazioni altrui, tenendo per

sé le proprie perplessità ed anche eventuali idee che, se proposte agli altri, potrebbero venire

Dettagli
Publisher
A.A. 2013-2014
10 pagine
SSD Scienze mediche MED/44 Medicina del lavoro

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher sararossi4 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Salute e benessere e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Rosati Maria Valeria.