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come un fatto naturale, Lucrezio afferma “non mi voglio occupare dell’origine della

peste, ma mi voglio limitare a descriverla”.

La peste è la malattia più ricorrente nella letteratura, perché la peste è stata per molti

secoli una malattia di cui non si conoscevano le cause, quindi era vista come una

malattia della punizione divina, particolarmente dura. Ma anche perché la peste si

presta a particolari interpretazioni simboliche (come anche la lebbra e la

tisi=tubercolosi) perché alterano l’aspetto fisico della persona, quindi sono più

esposte alla metaforizzazione letteraria.

Con l’ebraismo e il cristianesimo, permane la concezione della malattia come

castigo divino, ma il quadro morale si complica e si approfondisce; la divinità diventa

lontana e assoluta che elargisce il bene e il male, anche attraverso le malattie (es:

sodoma e gomorra, le piaghe d’Egitto). Nel vecchio testamento ad esempio si ha il

caso di Giobbe, un uomo devoto che non ha mai fatto male a nessuno, che viene

perseguitato dalla divinità, uccide la moglie i figli, gli distrugge la casa, lo fa

ammalare. Gli amici pensano che sia una punizione per qualche comportamento

sbagliato di Giobbe, questo concetto della punizione divina è rassicurante perché ci

da un modello di comportamento positivo da seguire. giobbe però è solo un uomo

innocente che viene punito senza ragione, quindi il modello della punizione divina

viene a mancare, quindi diventa ancora più difficile accettare il male. Quindi il male

viene visto come un metodo per testare la fede. Giobbe quindi crede, ha fede

indipendentemente dal male (Contrariamente ai personaggio di Kafka, come nel

processo in cui il protagonista chiede sempre perché sia stato arrestato, che è stato

interpretato come un Giobbe alla rovescia, che si affida alla logica e non alla fede).

La modernità è un’epoca di crisi perché affronta il mondo in maniera laica, e non più

religiosa; la modernità perde Dio, infatti la frase che rappresenta di più il mondo

moderno è quella di Nietsche “Dio è morto”, e quindi perde l’approccio trascendente

al mondo. Ma anche se s perde la fede, non si smette di chiedersi perché avvengano

alcune cose, come la morte o la malattia, e se la scienza riesce a dare risposte a livello

fisico, a livello dell’anima è la letteratura che prende il posto della religione e cerca di

dare delle risposte. Di filosofi che si sono occupati del problema della malattia nella

modernità ce ne sono molti, tra cui i più importanti: Nietsche (il quale non si è

occupato di malattie particolari, ma la malattia nella sua filosofia è un concetto

centrale, e la usa come metafora per indicare la decadenza dell’uomo moderno,

materialista, senza valori, che corre verso il nulla -> nichilismo, che potrebbe essere

visto come lo stadio finale della malattia. Nietsche la chiama die Krankheit der

Moderne. Ma in Nietsche la malattia ha anche un aspetto positivo, e cioè che la

malattia può essere anche una possibilità d rinascita, superando la malattia, l’uomo

potrebbe anche essere in grado di vivere senza certezze -> il superuomo= der

Ubermensch). Un altro filosofo che si è occupato del tema della malattia è Michel

Foucault, nel 1966 pubblica “le parole e le cose. Un’archeologia delle scienze

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Publisher
A.A. 2017-2018
3 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-LIN/13 Letteratura tedesca

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher puntino92 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Letteratura tedesca III e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Salerno o del prof Gheri Paola.