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quell’aria.
12.1 Anidride carbonica e il ciclo di Urey 21
L’ordine di grandezza del carbonio presente nell’idrosfera e atmosfera terrestre è 3.6x10 moli; il
carbonio presente nell’atmosfera corrisponde a circa 30 Bar di CO . Questo valore ci rimette in
2
corsa riguardo alla teoria ipotizzata prima che è stata scartata in quanto l’atmosfera terrestre
conteneva troppa poca CO ; è vero che nell’atmosfera attuale vi è poca anidride carbonica, ma se
2
si fa il bilancio atmosfera gassosa + sedimenti carbonatici allora si ritorna a dei valori di CO che
2
fanno “quadrare i conti”.
Come ha fatto però la Terra a sfuggire allo stesso destino di Venere? Se la Terra presentasse le
stesse condizioni di Venere sulla superficie terrestre vi sarebbero un paio di centinaia di gradi in
più. A questo punto entra in gioco il ciclo di Urey.
Questo ciclo necessita della presenza di acqua, di CO e di silicati (di qualsiasi tipo). Il ciclo risulta
2
essere: ➝
4H O + 2CO + CaSiO 2H CO + 2H O + CaSiO
2 2 3 2 3 2 3
➝ + 3-
2H CO + 2H O + CaSiO 2H + 2(HCO ) + 2H O + CaSiO
2 3 2 3 2 3
➝
+ 3-
2H + 2(HCO ) + 2H O + CaSiO Ca(HCO ) + H SiO + 2H O
2 3 3 2 4 4 2
A questo punto il CaCO precipita e si forma:
3
CaCO (↓) + CO + H O + acido silicico
3 2 2
La precipitazione del carbonato è molto importante perché togliendo un prodotto dalla reazione
essa procede verso destra, e la CO prodotta viene rimessa nel ciclo.
2
Ciò che è davvero importante in questo ciclo è che all’inizio erano presenti due molecole di CO ,
2
mentre alla fine se si ha una sola: ho quindi convertito CO gassosa in carbonato solido. Questo
2
processo avviene sempre e solo in ambiente acquoso (è necessario che si formi acido carbonico,
altrimenti non avviene il ciclo di Urey); questo ciclo spiega quindi dove viene stoccata la CO
2
terrestre (risposta: nei carbonati solidi) e anche perché Venere e Marte non presentino la stessa
composizione atmosferica terrestre (risposta: su questi due pianeti non è presente acqua allo stato
liquido).
Essendo l’atmosfera terrestre di tipo primario, abbiamo osservato che vi è un paradosso dettato
dal fatto che nell’atmosfera attuale terrestre non è presente la stessa quantità di CO che è
2
presente nei pianeti fratelli (Venere e Marte). La spiegazione a questi fenomeni è data
parzialmente dal ciclo di Urey che una volta graficato da origine ad uno schema come quello (fig.2,
pag.32, cap.1). Questo modello è stato proposto da Kasting e ci offre una visione completa su
quella che è stata la concentrazione di anidride carbonica durante tutto il corso della storia
terrestre.
Sull’asse delle x è presente il passare del tempo mentre sull’asse delle y è presente la pressione in
bar di CO (a sinistra assoluta, mentre a destra le concentrazioni relative rispetto alle
2
concentrazioni attuali); l’evidente decrescita di concentrazione di anidride carbonica è qua
evidenziata dal ciclo di Urey che richiede acqua liquida: tutto questo ragionamento di Kasting
funziona per la Terra (perchè c’è acqua liquida) ma non per gli altri due.
Le due curve verdi sono quelle che rappresentano la stima dei valori più probabili di concentrazioni
di CO ; la prima osservazione è data dal fatto che l’anidride carbonica totale (quindi atmosferica +
2
carbonati) porta ad una pressione parziale di circa 30 bar: è una pressione notevole e a questo
dato va accoppiato un altro ragionamento. Il Sole presente attualmente sempre la stessa
luminosità (fig.2, pag.29, cap.1), ma gli astrofisici hanno dimostrato che il Sole moderno presenta
un’intensità molto maggiore rispetto a quella del passato (il Sole si sta riscaldando, sta
aumentando di efficienza i processi di combustione); tutto ciò si traduce nel fatto che è possibile
calcolare l’intensità luminosa del Sole al momento della formazione della Terra (l’intensità era 7/10
rispetto all’intensità attuale).
Naturalmente tutto ciò ha ricadute sulla temperatura superficiale, e il diagramma (che presenta in
ascissa la pressione parziale di CO ) ci mostra come al variare dell’assorbanza dell’anidride
2
carbonica vari anche la temperatura terrestre: all’aumentare della P aumenta anche la T; essendo
la T terrestre media di 15°C, possiamo andare a verificare che, sulla curva della paleo-luminosità,
affinché vi fosse una temperatura di 15 gradi (quindi acqua liquida) la pressione parziale di CO
2
doveva essere molto maggiore.
Per avere quindi acqua liquida sulla Terra primitiva era necessaria una pressione parziale di CO
2
compresa tra 1 bar e 100 bar; a queste pressioni parziali l’acqua bolle a temperature molto
maggiori e quindi è possibile ritrovarla in forma liquida in questi frangenti.
Il ciclo di Urey è un modello, che prova abbiamo che la Terra avesse nell’Archeano acqua liquida?
I ciottoli fluviali e le lave a cuscino (pillow lava) ne sono una prova.
I pillow lava si generano in condizioni subacquee a causa della fuoriuscita di materiale
incandescente dal fondale oceanico; hanno una caratteristica struttura arrotondata più o meno
schiacciata (a seconda della P di formazione) e sono quindi la prova evidente che si siano dovuti
formare in bacini d’acqua. Anche i ciottoli fluviali con la loro caratteristica forma arrotondata con
bordi smussati evidenziano la presenza di acqua liquida sul pianeta.
In qualche modo si è innescata una curva di riduzione della CO (la tendenza delle due curve verdi
2
di pagina 32 è quella di abbassarsi e scendere alle concentrazioni odierne) e questa riduzione si
basa sul fatto che ad un certo punto, verso la fine dell’Archeano si trovano delle glaciazioni.
Come si riconoscono delle glaciazioni? La prova che vi sono state delle glaciazioni è la presenza
di quarziti (fig.4, pag.31, cap.1) in posti “sbagliati” (tendenzialmente sono rintracciabili in argilliti):
Quarzite per rotolamento: si ha un detrito in un bacino sedimentario che si accumula in modo
1. indisturbato e ordinato. Se nell’argillite ci rotola dentro una quarzite si hanno evidenti tracce di
➝
rotolamento quando mancano le tracce significa che è una quarzite di deposito glaciale
Quarzite di glaciazione: al largo della Groenlandia vi sono depositi di argilla indisturbati che
2. non presentano quarziti al loro interno. Preso un iceberg che arriva dalle alte latitudini quando
esso fonde rilascia il detrito che si trova sulla superficie facendolo precipitare al suolo
andandosi ad impostare sul sedimento come in figura.
Sapendo che questo è un potenziale elemento che indica una glaciazione, ciò che si cerca
abbinato è la presenza di tilliti, ossia strutture di “farina glaciale” che indicano rocce molto
sminuzzate che non possono essere prodotte dalla semplice erosione meteorica.
Inoltre, affinché vi sia glaciazione, è necessaria una temperatura relativamente bassa (circa quella
media attuale 20°C); se la temperatura fosse 10 gradi maggiore - come lo è stata nell’Eocene -
∼
non vi sarebbe stata glaciazione (glaciazioni che raggiungono il mare, nell’Eocene era presente
l’Antartide). Affinché vi fosse un range di temperature comprese tra 0°C e 20°C era necessario che
fosse scesa la concentrazione di CO nell’aria.
2
La barra blu denominata “snowball Earth” è un fenomeno molto interessante che è stato studiato
negli ultimi 20 anni. E’ la cosiddetta Terra “a palla di neve” e prima della sua scoperta i grafici che
mostravano le differenti glaciazioni erano come quelli (fig.1, pag.32, cap.1). Si sa che ci sono state
delle glaciazioni alla fine dell’Archeano, ma poi alla fine del Precambriano sono visibili altre
glaciazioni con molti punti interrogativi (?, Late Precambrian) perché non si era compreso se si
trattasse di un unico evento o molti.
La cosa che ha sorpreso la comunità scientifica è stata che si sono state trovate evidenze di
glaciazioni a basse latitudini all’altezza dell’Equatore (le glaciazioni a basse latitudini si riescono ad
individuare grazie alle indagini paleomagnetiche); D. Schrag e D. Hoffmann furono in grado di
rintracciare elementi (in zone di presunta glaciazione a basse latitudini come Brasile, Sudafrica…)
che presentavano tilliti (o diamectite) + carbonati a strutture tea pea (le tende degli indiani
d’America, strutture a cocuzzolo ). Quando al giorno d’oggi i carbonati si depositano, essi lo
fanno in strutture simili a linee parallele tra loro(==, sedimentazione ordinata); ma se costringiamo
tali carbonati a precipitare in modo frettoloso essi producono le tipiche strutture a tea pea.
Dati di queste strutture alla mano, è stato proposto un modello che necessitava della presenza di
una Terra che presentava sulla sua superficie acqua allo stato liquido e continenti disposti a cintura
nella zona equatoriale. I continenti nel Proterozoico erano di colore chiaro perché non era presente
vegetazione sulla superficie (l’avvento delle piante è avvenuto dopo il Siluriano, prima le terre
erano desertiche); la situazione tettonica a grande scala faceva si che si avesse all’Equatore una
grande riflettività: la chimica dell’atmosfera era non più tanto ricca in CO (ormai era 1
2
decimillesimo della concentrazione originaria) quindi la luce solare che arrivava sulla Terra veniva
poco assorbita dall’atmosfera, così come quella poca che raggiungeva i continenti veniva riflessa
quasi totalmente (essi si trovano tutti all’Equatore e l’irraggiamento massimo lo si ha proprio in
questa zona a causa dell’alto angolo dei raggi solari). Queste condizioni sfavorevoli per
l’assorbimento di calore fecero si che si innescò un meccanismo per il quale ai Poli si formarono
ghiacciai di alta latitudine così come all’Equatore. La crescita di ghiacciai non fece altro che
innescare una maggiore riflettività con conseguente auto-alimentazione del processo e glaciazione
➝
quasi totale del pianeta (la terra si ghiaccia così come il mare fondendosi insieme) “Snowball
Earth”.
Siccome la CO era bassa il processo ha potuto innescarsi e si pensa che la situazione della
2 ➝
distribuzione dei continenti fosse molto simile a quella proposta dal modello Rodinia, vedi
immagine; a questo punto il ciclo di Urey si interruppe a causa del mancato ciclo idrogeologico
superficiale
➝ non c’è più deposizione di carbonati
➝ ciclo di Urey fermo
➝ interrotto il processo che fa diminuire la concentrazione di