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INTRODUZIONE AL: IL LIBRO DI GENESI
Prima parte
Storia, preistoria e meta-storia
I testi dell'Antico Testamento che noi leggiamo sono la fonte principale per la storia del popolo d'Israele. E' possibile leggere questi versi così come lo storico legge qualsiasi altro testo e cioè cercando i riscontri con altre fonti possibili.
Secondo tale criterio, dove possiamo veramente fissare l'inizio della storia del popolo di Israele (nel senso puramente storico e non nel senso teologico)? In Egitto. Infatti, se noi vogliamo ricostruire la storia del popolo d'Israele sul piano puramente storico noi oltre l'Egitto non possiamo andare perché le fonti egizie sono le uniche fonti in grado di interagire con le fonti contenute nell'Antico Testamento.
Per quanto riguarda la cosiddetta preistoria cioè i primi 10 capitoli della Genesi più o meno, dobbiamo dire che nella cultura dei popoli geograficamente e culturalmente vicini al
Nel popolo d'Israele ritroviamo narrazioni che sono simili, che usano elementi quasi identici, come il diluvio, oppure racconti come la creazione del mondo cioè racconti in cui è presente una divinità da cui trae origine ed esistenza tutto ciò che è creato. Dobbiamo però distinguere due tipi di approccio diversi; infatti sul piano storico si ha a disposizione una fonte che si chiama Bibbia ebraica o Antico Testamento cioè un corpus di libri. Una volta verificata l'affidabilità di tale corpus di libri in base alle altre fonti è possibile ricostruire il quadro generale dell'epoca. Su tale piano dobbiamo necessariamente partire dall'Egitto, quando di fatto comincia a formarsi un popolo. La preistoria indica comunque una serie di eventi storici per i quali noi non abbiamo particolari riscontri se non qualche indizio che può essere tratto dalle scoperte archeologiche, da alcuni studi di antropologia culturale.
Osserviamo che non è la stessa cosa avere un testo scritto in ebraico e poi paragonarlo con un testo geroglifico egizio e scoprire che sono due valide testimonianze; l'archeologia più che altro può fornire degli indizi ma un testo egizio serve a suggerire qualcosa che assomiglia ad una narrazione molto più ampia che poi troviamo nei testi dell'Antico Testamento. La preistoria in qualche modo rispecchia eventi, avvenimenti realmente accaduti. Sul piano storico possiamo fissare Mosè come figura di riferimento per la storia del popolo d'Israele. Non a caso la Torà è legata alla figura di Mosè, il grande legislatore, colui che in qualche modo rivela al popolo la Legge di Dio. La figura simbolica della preistoria invece potrebbe essere rappresentata da Abraamo. C'è ancora un altro campo che comincia con la creazione del mondo; si tratta del campo della meta-storia. È un qualcosa che precede la storia. In taleCampo non valgonominimamente i criteri che abbiamo indicato in precedenza perché la dimensione metastorica è una dimensione importante però non è valutabile con i comuni strumenti di ricerca storica. Si tratta infatti di narrazioni che precedono la storia e la preistoria e vanno anche oltre la pura dimensione cronologica. Ciò significa che, ad esempio, leggendo il racconto della creazione, la nostra preoccupazione principale, come lettori della Bibbia, non è quella di fissare l'anno in cui poteva verificarsi tale evento e neanche la sequenza dei fatti (infatti i due mondi della creazione non concordano) ma noi applichiamo qui un altro criterio. Da un lato è quasi una questione di convincimento (cioè cerchiamo di capire se il testo è convincente) e dall'altro si tratta di convinzione. Pertanto noi assumiamo questo racconto come presupposto per tutto il resto che poi andremo a leggere. C'è un paragone quasi diretto
conle altre scienze cosiddette teoretiche; in altre parole ciò che è metastoria fissa senza nessunriscontro materiale o storico alcuni assiomi, alcuni punti fermi dai quali noi non possiamoprescindere poi nella lettura della preistoria e della storia del popolo d'Israele. I presuppostifondamentali sono rappresentati soprattutto dall'esistenza di un unico Dio creatore di tuttociò che esiste.Nel percorso di formazione delle narrazioni c'erano eventi la cui memoria si perdeva nellanotte dei tempi (è questo il caso, ad esempio del racconto del diluvio); ciò ha dato luogo adinterpretazioni che poi vanno oltre il particolare evento fisico o atmosferico che è rimastoimpresso nella memoria collettiva.Quindi la dimensione metastorica precede qualunque narrazione di tipo storico ma al tempostesso oltrepassa qualunque barriera temporale.L'Antico Testamento o, più correttamente, la Bibbia ebraica è un manuale o, meglio,Un insieme di fonti che ci permettono di ricostruire anche la storia del popolo d'Israele. Noi possiamo fissare tale storia proprio con l'esodo. Dal punto di vista storico noi possiamo individuare le seguenti epoche della storia d'Israele:
- L'uscita dall'Egitto;
- Il deserto (più tecnicamente possiamo individuare tale fase con: "una vita nomade" oppure "un popolo senza Terra");
- La conquista della Terra;
- L'organizzazione delle strutture politiche e culturali;
- La fondazione del Regno;
- Il Regno unito sotto Salomone;
- Il Regno diviso;
- La distruzione del Regno del Nord;
- Il Regno del Sud (quindi Israele diventa semplicemente Giuda);
- La deportazione;
- L'esilio;
- Il ritorno;
- La ricostruzione.
Su queste fasi troviamo tutte le informazioni proprio nei testi dell'Antico Testamento. Quello che viene dopo non è contenuto nella Bibbia anche se abbiamo altre fonti extrabibliche per carpire tutto.
ciò che è successo fino al 70 dopo Cristo quando si è verificata la totale distruzione del tempio della città di Gerusalemme. Queste sono le epoche storiche che noi fissiamo in base ai testi biblici. In questa stessa dimensione storica che noi abbiamo fissato si realizza la rivelazione in un primo momento attraverso le narrazioni e poi con la scrittura in un secondo momento. Tale rivelazione è una rivelazione progressiva; sul piano teologico ciò che Dio rivela di se stesso non è un lampo cioè non riguarda un determinato punto ma la rivelazione è progressiva perché ha a che fare con la coscienza storica del popolo. Possiamo dire che Dio si rivela nella storia. Non accade come nel Corano dove in un determinato momento Dio ha già detto tutto; Dio ha dettato il contenuto del Corano che esisteva già in cielo nella sua forma definitiva attraverso un angelo e nel giro di pochi giorni. Di conseguenza qualunque versionedelCorano è esattamente una copia di quella che è conservata nei cieli. Tale pensiero ha rappresentato una mossa geniale perché escludeva ogni possibilità di discussione. Studiosi non mussulmani ovviamente hanno scoperto e documentato tutto il percorso di formazione del Corano lungo quasi un secolo ma un mussulmano credente non può prendere in seria considerazione queste cose. Noi, pensando alla figura di Mosè, non possiamo immaginarla nello stesso senso di quanto si verifica nel Corano. La storia di Mosè che ci viene narrata è una storia che ha come evento centrale il Monte Sinai, il Patto, la rivelazione della Legge. Ma già il narratore stesso ci dice che quella storia prosegue, che ci sarà poi un secondo patto. Mosè rompe le tavole della legge e poi viene tutto ricostruito. Nell'Islam nessuno avrebbe mai immaginato che qualcuno strappa il Corano e dopo pochi giorni lo ricostruisce. Esiste però anche unaltro piano: è il piano filologico; le testimonianze, inizialmente orali e poi scritte, in qualche modo corrispondono a questo processo della rivelazione con un' unica differenza: mentre sul piano teologico tale processo è un processo continuo e progressivo, sul piano filologico cambia qualcosa perché spesso si ritorna indietro. Pertanto mentre sul piano teologico la rivelazione procede in maniera indipendente dalla collaborazione umana (perché Dio continua a rivelarsi), noi sul piano filologico cioè sul piano della trasmissione dei contenuti della rivelazione abbiamo un movimento molto strano in quanto compiamo passi in avanti e poi indietro e viceversa in modo non regolare. Questo accade quando c'è una narrazione orale che va trasmessa (e ciò è in accordo con un movimento continuo nel frattempo questa stessa narrazione viene un po' modificata e quindi dà progressivo) però luogo a due o tre narrazioni diverse.
fino al punto in cui questo processo si ferma perché qualcuno prende in mano il materiale e uno strumento di scrittura e cerca di fissare per iscritto tale narrazione. Però una volta fissata per iscritto non viene diffusa velocemente in maniera scritta (perché non si stampano subito tantissime copie di tale narrazione) ma da qualche parte tale narrazione continua ad andare avanti in forma orale, da qualche altra parte qualcun altro comincia a trascriverla. Tale processo continua fino al punto in cui qualcuno comincia a rendersi conto dell'esistenza di molteplici versioni scritte un po' diverse tra loro; nel frattempo sono passati decenni se non secoli. Allora, com'è successo al tempo dell'esilio ci si ferma, si riprendono in mano tutte le versioni scritte (e quindi in qualche modo si ritorna indietro) e le si rimette insieme. Si tratta quindi di un processo lungo e complesso. Tale processo, per quanto riguarda la Toràh, si chiude in.maniera definitiva soltanto dopo il ritorno dall'esilio cioè ai tempi di Esdra e Nehemia. In tale momento viene fissato il testo della Toràh sul piano dei contenuti ma non ancora sul piano puramente filologico. Dal discorso fatto risulta evidente la coerenza e la fedeltà di Dio e l'incapacità umana di comprendere ciò che Dio ci rivela. La considerazione dei due piani, quello filologico e quello teologico, è di fondamentale importanza. Il piano filologico è quello materiale e quindi è più soggetto ad errori e a verifiche continue; ciò non vale per il piano teologico perché esso viene dall'alto e rappresenta l'unico strumento che abbiamo a disposizione per afferrare i contenuti della rivelazione.
Teorie di redazione del Pentateuco
1. Nella scienza biblica classica una delle ipotesi più diffuse (non è l'unica ipotesi; sicuramente però è la più complicata) è
o, noto anche come ipotesi documentaria o ipotesi delle fonti o ipotesi delle tradizioni, è una teoria che sostiene che i testi storici siano basati su fonti scritte o tradizioni orali. Secondo questa ipotesi, gli eventi storici vengono trasmessi attraverso documenti scritti o tramite la tradizione orale da una generazione all'altra. L'ipotesi documentaria è ampiamente accettata dagli storici come uno strumento fondamentale per comprendere il passato. Attraverso l'analisi critica dei documenti storici, gli storici possono ricostruire gli eventi passati e ottenere una visione più accurata della storia. L'ipotesi delle fonti si basa sull'idea che i documenti storici siano prodotti da autori che hanno vissuto in un determinato periodo storico e che abbiano avuto accesso a informazioni pertinenti. Gli storici analizzano attentamente i documenti per determinare la loro affidabilità e per identificare eventuali bias o distorsioni. L'ipotesi delle tradizioni si riferisce alla trasmissione orale delle informazioni storiche da una generazione all'altra. Questa forma di tradizione orale può essere soggetta a modifiche e adattamenti nel corso del tempo, ma può comunque fornire preziose informazioni sulla storia. In conclusione, l'ipotesi documentaria o delle fonti o delle tradizioni è uno strumento essenziale per gli storici nel loro lavoro di ricostruzione del passato. Attraverso l'analisi critica dei documenti e delle tradizioni orali, gli storici possono ottenere una visione più completa e accurata della storia.